Aveva chiesto di scendere in campo per congratularsi, nel caso avessimo vinto, e così è stato. Nicola Pietrangeli ha alzato ancora una volta la Coppa Davis ed espresso il suo pensiero su Sinner
MALAGA – «Oggi spero solo una cosa: che se le partite vanno come devono andare, mi sia consentito di scendere in campo. Non per premiare i giocatori ma per congratularmi con loro. Dopo 47 anni torniamo a vincere una Coppa Davis, competizione nella quale io detengo tutti i record, ci terrei ad esserci». Come è finita lo sapete tutti e quindi, sul campo del “Palacio de Deportes Martìn Carpena” è sceso anche il grande Nicola Pietrangeli, 90 anni compiuti l’11 settembre, un bastone ad accompagnare la sua camminata ma sempre lucido nei suoi giudizi. «Sinner? E’ un fenomeno, un carrarmato – le sue parole prima della finale – è un ragazzo gagliardo che può solo migliorare. Vedrete, tra due anni dominerà il circuito. E poi fatemi dire una cosa, Sinner non si guarda, si ascolta. Fate caso al rumore che fanno i suoi colpi, all’impatto sulla palla. Il suo pregio migliore? Che non sembra mai in difficoltà. Chi mi ricorda dei miei tempi? Per come Jannik tira forte, potrei dire Lew Hoad (campione australiano degli anni Cinquanta, 4 tornei dello Slam vinti, ndr) ma non è giusto fare confronti tra epoche diverse. Certo, ai miei tempi era importante saper giocare a tennis…».
I grandi campioni del nostro tennis hanno sempre giocato anche il doppio, Pietrangeli con Sirola, Panatta con Bertolucci, in Spagna è stato determinante Sinner con Sonego. «Calma, io di doppi ne ho vinti 31 di fila – e qui ritroviamo il Pietrangeli tagliente – però una volta accantonata la coppia Bolelli-Fognini era impensabile fare a meno di Sinner in doppio. E comunque Sonego è stato bravissimo contro la Serbia, in doppio non vince mai uno solo». L’Italia di Davis ha davanti un futuro roseo. «E’ una squadra giovane, può durare ad alti livelli per tanti anni. E il nostro presidente, Angelo Binaghi, è uno straordinario dirigente, e come i grandi dirigenti non può piacere a tutti».
La squadra di Volandri riceverà in Italia un’accoglienza sicuramente differente rispetto agli eroi che vinsero la prima Coppa Davis in Cile, nel 1976. «Quella fu una vergogna tutta italiana, ad aspettarci all’aeroporto c’erano solo i carabinieri. Siamo tornati quasi di nascosto, come ladri. Però mi ricordo ancora l’emozione fortissima provata nell’alzare la Coppa sul campo di Santiago del Cile. Dopo la mia lunga battaglia per farci partire (parte del mondo politico non voleva che una squadra italiana scendesse in campo contro il Cile di Pinochet, ndr) quella vittoria mi ha tolto 50.000 tonnellate dalla schiena. Ma non mi parlate di magliette rosse, per favore…».
Chiusura nel nome dell’orgoglio: «Nella mia carriera ho stabilito tanti record e finora ne ho perso solo uno: Berrettini ha fatto meglio di me a Wimbledon, con la finale del 2021, io mi sono fermato un turno prima. Posso essere soddisfatto».