L’argentino si ferma a tempo indeterminato. “Non ne potevo più: partite, allenamenti, viaggi. Spero d prendere una decisione in fretta”. Poi smentisce via Twitter. Non dovrebbe essere la versione maschile di Rebecca Marino.

Di Riccardo Bisti – 18 giugno 2014

 
Lui è un grande sostenitore di Steve Jobs. “Prendeva decisioni estreme, mi piaceva la sua filosofia. Ha cambiato tante cose nella nostra vita di tutti i giorni. Ho letto il suo libro e mi ha impressionato”. Forse Guido Pella si è ispirato al fondatore di Apple quando ha deciso di interrompere ls sua carriera, di punto in bianco. Da un giorno all’altro. Ha giocato l'ultimo match proprio in Italia, al challenger di Vicenza, perdendo contro Gerard Granollers (fratello minore di Marcel), poi è andato in Olanda a seguire la fidanzata impegnata nei mondiali di hockey su prato (le argentine, soprannominate “Las Leonas”, hanno vinto il bronzo). Dall’Aja a ‘s-Hertogenbosch il passo sarebbe stato breve, almeno per giocare le qualificazioni, invece no. Guido è tornato a casa e ha deciso di fermarsi, a tempo indeterminato, e riflettere sul futuro. Non è un ritiro definitivo, come si è affrettato a scrivere su Twitter, rettificando i contenuti dell’articolo su “La Nueva”, giornale di Bahia Blanca, sua città natale. “Non ho smesso di giocare – ha scritto – è stato un malinteso, mi fermo soltanto per sistemare alcune cose nella mia carriera. Mi scuso se non si è capito quello che volevo dire”. In realtà, nell'articolo si scrive che il ritiro è definitivo, ma “per ora”. “Ho bisogno di uno stop per pianificare nuovi obiettivi – aveva detto l’argentino – era evidente che qualcosa non funzionasse. A parte i risultati, non mi piaceva più niente: giocare, allenarmi, viaggiare…allora ho sentito il bisogno di tornare a Bahia per prendere una decisione. E la scelta è chiara: per ora non torno”.
 
NESSUN FATTORE ESTERNO
I più attenti avranno accostato il suo caso a quello di Rebecca Marino, giovane canadese che si è ritirata lo scorso anno perchè non ne poteva più. Prima annunciò una pausa, provò a tornare ma poi optò per il ritiro definitivo. Motivo? Cyber-bullismo. La sua bacheca Twitter era piena di insulti, soprattutto di scommettitori che avevano perso soldi a causa di una sua sconfitta. La vicenda insegnò che il tennista, oltre alle doti tecnico-fisiche, deve avere degli anticorpi niente male. Lei, evidentemente, ne era sprovvista. Pella allontana questa tesi: “No no, nessun fattore esterno. Io ho sempre avuto un temperamento abbastanza forte. Quando ero sicuro di quello che facevo, le sconfitte non mi pesavano più di tanto. Se torno a giocare, lo voglio fare bene. Non voglio fare le cose a metà. Non voglio perdere tempo, energie e denaro e non voglio che succeda altrettanto a chi viaggia con me”, a partire da coach Fabian Blengino, ex allenatore, tra gli altri, di Guillermo Coria. All’improvviso, gli è passata la voglia di fare la carriera da professionista, ma non è detto che non gli ritorni. “Davo più importanza del dovuto alle sconfitte, e sono arrivato a un punto in cui non avevo più voglia e ho preso la decisione. La testa non reggeva più, mi ero ridotto a combattere con tutti: me stesso, il team, la famiglia…è stata la scelta più saggia”.
 
UN CARATTERE ANSIOSO
Il fatto stupisce, ma non troppo. Chi lo conosce sa che Pella ha una personalità piuttosto complessa, resa ancor più sensibile dalle difficoltà incontrate nel circuito. Da junior era considerato un fenomeno, un crack. Colse la semifinale al Roland Garros junior, quando battè Tomic prima di perdere da Janowicz. “Ma mi è mancata l’umiltà. Mi hanno riempito di elogi e questo mi ha confuso, non mi sono concentrato a dovere e ho preso le decisioni sbagliate. Ho sottovalutato il circuito, pensavo fosse più semplice entrare nel circuito. E poi io sono molto ansioso…”. L’ansia delle sconfitte lo aveva già avvicinato al burrone. Il problema si risolse nel 2012 grazie all’aiuto di uno psicologo, il dottor Fernando Vazquez. “Appena ho iniziato a lavorare sul serio ho trovato la strada giusta” disse dopo il bel successo alle ATP Challenger Finals. Aveva iniziato l’anno al numero 346 ATP, lo chiuse tra i top-100. Lo scorso anno ha raggiunto la prima semifinale ATP a Dusseldorf, restando sempre intorno alla 100esima posizione. A costo di fare psicologia da bar, ipotizziamo che proprio questo gli abbia fatto male. Lavorando bene, facendo le cose giuste, non riusciva a schiodarsi dal suo livello, certamente inferiore rispetto a quello che si aspettava. In fondo, nel 2008 vinceva il Bonfiglio e sembrava davvero il possibile erede di Nalbandian. Forse si era illuso. “Spero che le idee si chiariscano in fretta – ha detto – perchè più passa il tempo e più perdo fisico, tennis, motivazioni e tutto il resto. Per ora sono tranquillo, vedremo nelle prossime settimane”. Attendiamoci una decisione a sorpresa, non necessariamente un ritiro, ma comunque forte. Perchè Guido, l’ex grande promessa argentina, prende decisioni forti proprio come Steve Jobs. Magari deciderà di allenarsi 12 ore al giorno in un'accademia del nord Europa.