ESCLUSIVO! Il Presidente FIT dice la sua su argomenti su cui non si era mai espresso pubblicamente.l
Angelo Binaghi durante l’Assemblea del 9 settembre. A sinistra il Presidente dell’Assemblea Michele Brunetti, a destra il Segretario Generale Massimo Verdina
(Foto Costantini – FIT / la foto in home page è di Monique Filippella)
Di Riccardo Bisti
Angelo Binaghi è un personaggio che si può amare o non amare. Chi lo conosce, sostiene che non abbia il carattere più facile del mondo. Poco importa. Il mondo del tennis lo deve valutare per il suo operato come Presidente FIT. In 12 anni di presidenza ha dedicato moltissimo tempo alla Federazione e preso decisioni forti, in linea con un carattere poco incline al compromesso. Ha fatto cose buone e meno buone. Ci sarà tempo per ricordarle tutte, senza alcuna omissione. Questa intervista è molto importante. Parlare con TennisBest – sempre attento e critico verso l’operato della Federazione – è stato un gesto apprezzabile, dal grande significato. Ne è venuta fuori una lunga chiacchierata, in cui il Presidente ha condotto la discussione verso territori a lui più familiari, ma non si è sottratto ad alcuna osservazione, dando risposte importanti su argomenti sui quali non si era mai espresso pubblicamente. Non concordiamo su tutto ciò che ha detto (nei prossimi giorni esporremo le nostre osservazioni). Forti del potere della penna, gli abbiamo lasciato quello del microfono. Come è giusto che sia. Buona lettura.
Presidente, ha raccolto il 95% dei voti su un’affluenza del 59%. Rispetto a Verona, la partecipazione si è ridotta di 7 punti percentuali. C’è dunque un 40% di circoli che in un modo o nell’altro non hanno garantito il loro consenso. Ci sono progetti per migliorare il consenso anche presso chi non l’ha votata?
Non è esattamente così. Lei è un attento studioso di queste cose, quindi capirà che non è vero che il 40% non ha dato il consenso, perché molti – moltissimi – avevano manifestato il proprio consenso delegando chi poi non è riuscito a venire. Purtroppo viviamo in un momento di grande crisi economica. L’Assemblea si presentava poco movimentata e poco divertente, per cui mi aspettavo un’affluenza ancora più bassa. Avremo la riprova di quello che dico quando ci saranno le elezioni di altre federazioni con un candidato unico e un sistema di votazione come il nostro. Partecipare all'Assemblea, con i costi che comporta, sapendo che c'è un candidato unico e dodici candidati per altre dodici cariche, è abbastanza difficoltoso. Per questo sono soddisfatto del quorum raggiunto. E poi ci vuole l’onestà intellettuale di fare un'altra considerazione: in ogni caso, il restante 40% non avrebbe votato contro. Sarebbero ragionamenti semplicistici. Devo dirle che – al di là di qualche residuo della vecchia Lombardia che continua a venire, sia pure ridimensionando la carica di aggressività, (l’allusione è a Stefano Ottolini, ndr) – i risultati sono ottimi. Come fare a motivare la gente? Con i risultati, certo, ma fare risultati ancora migliori non è facile. Dobbiamo modificare il meccanismo in modo che buona parte del 40% possa esprimere, sia pure per delega, il proprio consenso. Sapendolo, nei mesi precedenti abbiamo proposto (sotto il controllo del CONI) l’aumento delle deleghe. Siamo passati da 3 a 4, aumentando del 20% il potere del singolo delegato. Mi sembra una cosa assolutamente adeguata, anche tenendo conto che (data la grandezza della Federazione) potremmo avere 7 o 9 deleghe secondo lo Statuto CONI. Oggi ne abbiamo solo tre, mentre la vecchia FIT ne aveva addirittura cinque. In questi anni il numero dei circoli è aumentato, nel solo 2012 ce ne sono 90 nuovi e aumenteranno ancora. Per questo, aumentare di una delega ci sembrava una risposta giusta e sana per cercare di far partecipare più gente senza creare distorsioni. E lei che ne pensa?
Lo leggerà. Naturalmente avrà la possibilità e la facoltà di controbattere. Parliamo in modo scientifico e non populistico della “famosa” regola delle 300 sottoscrizioni per candidarsi a presidente, oggetto di alcune critiche.
Non è stata criticata da giornalisti, ma da cialtroni. Di giornalisti veri che l’hanno criticata io non ne conosco. Cialtroni che hanno interesse si. Mi dica un giornalista serio che l'ha criticata.
"Un candidato serio deve avere un minimo di consenso. Uno sbarramento del 10% mi sembra ragionevole. E comunque l'ha deciso l'Assemblea"
Non so se mi ritiene un giornalista serio, ma le dico perché critico questa norma. Lei dice che 300 club sono circa il 10% del totale: l’idea è di presentare candidati che abbiano un buon seguito, onde evitare perdite di tempo o Assemblee farsa. Questo può andar bene…
Le completo il ragionamento. Partiamo dalla storia della Federazione. La storia è fatta di personaggi che si sono presentati alle cariche elettive dicendo che non avrebbero mai vinto, che avrebbero preso l’1% ma che avrebbero parlato e discusso per 20 minuti in più. Trovo che siano scelte dovute a una sorta di narcisismo, alla necessità di mettersi in primo piano e farsi un po’ di pubblicità gratuita. (i candidati a Presidente non hanno limiti di durata al loro discorso, mentre tutti gli altri devono restare nei 5 minuti previsti dai regolamenti, ndr). Stiamo parlando di candidature con fini “patologici”, differenti dalle ragioni di una giusta candidatura. Quindi dobbiamo trovare il miglior sistema possibile, rispettando i tanti vincoli imposti dal CONI. Il miglior sistema possibile è quello che garantisce a chi vuole fare il Presidente, e che quindi si candida per quello e non per puro esibizionismo, di potersi candidare. Se uno si candida davvero per ottenere il 51% dei consensi può pensare che la dinamica assembleare, e quindi un discorso convincente, possa fargli ottenere un certo consenso. Ma quanto può raccogliere? Il 20%? Il 30%? Tra l'altro oggi ci sono strumenti come internet che permettono di superare un problema esistente anni fa, quando era difficile dialogare con i circoli. Ma se non ha nemmeno una base del 10%, di cosa stiamo parlando? Anche perché, mi scusi, non mi pare che ci siano demiurghi in grado di dare chissà quale svolta. Se noi abbiamo dato una svolta è perché c’è stata una condivisione con la base, ancor prima che con la dirigenza. In un modo o nell’altro devi essere obbligato a relazionarti con la base e capire le esigenze delle società per sintetizzarle in un programma. Insomma, devi essere portato a confrontarti con la base e acquisire il consenso di un numero minimo di club. Questa secondo me è democrazia, è un sistema virtuoso. Lo dico in altri termini: lei pensa che, cambiando criteri e adottando qualsiasi altro sistema in vigore in ambito CONI, l’esito della votazione cambierebbe?
No.
Questa è onesta intellettuale.
Condivido la ratio di quello che dice. Devo però dirle che la storia della FIT da lei menzionata, almeno negli ultimi 35 anni, dice che non ci sono mai stati più di 2-3 candidati (3 candidati nel 1998, quando vinse Ricci Bitti su Gaudenzi e Rossi). Torniamo allo sbarramento: in risposta a Ottolini, lei ha detto che diverse federazioni applicano una cosa del genere. Io ho controllato la pallacanestro e la pallavolo, che chiedono sottoscrizioni rispettivamente dello 0,54% e dello 0,82% sul totale degli affiliati. Perché nel tennis è 20 volte tanto?
Lei naturalmente ha preso le federazioni che fanno più comodo a questo ragionamento. Su due piedi, le posso citare la federazione delle bocce, la federazione dell’atletica. Le forniremo questo dato.
Binaghi è stato di parola. Il giorno dopo ci sono arrivati tutti i dati. Riportiamo gli “sbarramenti” elettorali delle varie federazioni.
ATLETICA – 10% degli affiliati
BOCCE – 10% degli affiliati
CRONOMETRISTI – 15 affiliati
GOLF – 10 affiliati
SQUASH – 20% degli affiliati
HOCKEY – 10% degli affiliati
HOCKEY E PATTINAGGIO – 10% degli affiliati
JUDO KARATE LOTTA – 30 affiliati
MOTONAUTICA – 20 affiliati
BASKET – 20 affiliati + 40 atleti/tecnici
PALLAVOLO – 40 affiliati
PESISTICA – 25 affiliati
RUGBY – 10 affiliati + 10 tesserati atleti + 5 tecnici
SCHERMA – 20 affiliati
TAEKWONDO – 30 affiliati
TENNISTAVOLO – 70 affiliati
Morale: 29 federazioni su 45 non applicano alcuna limitazione per eventuali candidature alla presidenza. Delle 16 che adottano questi sistemi, soltanto lo squash adotta barriere più restrittive della FIT. Insieme al tennis, stanno sullo sbarramento del 10% atletica, bocce, hockey e e hockey e pattinaggio. Riprendiamo l’intervista.
Possiamo parlare dell’entità dello sbarramento, ma il principio è sacrosanto. Questo principio avviene anche a livello periferico, perché i Comitati Regionali devono avere un certo numero di appoggi nelle candidature. Avviene anche a livello politico, perché né io né lei potremmo candidarci a Presidente del Consiglio e nemmeno a presentare una lista nella nostra città, e credo che sia giusto così. Magari ci divertiremmo a fare "uno contro uno" su Sky contro Berlusconi solo per il fatto di esserci candidati. Sul principio siamo d’accordo. Sull’entità io credo che il 10% non sia una cosa irragionevole per il percorso logico assembleare. E poi siamo ampiamente dentro i paletti imposti dal CONI. Un’ultima cosa: stiamo facendo filosofia astratta, perché queste cose non le decido io ma sono stabilite dalle Assemblee. Questa norma è stata decisa all’unanimità. Se ci fosse stato un dissenso ragionevole, anche solo una persona o un gruppo di persone, l’Assemblea ne avrebbe tenuto conto. Magari lo sbarramento sarebbe stato abbassato. La realtà è che i proprietari della FIT – le società – hanno scelto questo sistema di autoregolamentazione, anche in virtù del passato. Io credo che questa sia democrazia.
Lei è mai stato messo in minoranza dal Consiglio?
Assolutamente, e lo ricordo spesso. E’ accaduto sia quando ero consigliere di Ricci Bitti, e le dico anche il perché. La riforma dei Campionati e delle Classifiche fu un terreno di duro scontro tra i “vecchi” e i “nuovi”, che erano in minoranza ma che poi sarebbero andati a governare. Quella riforma passò perché la vecchia generazione capì che altrimenti ce ne saremmo andati, ma evidentemente avevano bisogno di noi. Su 10 articoli che furono votati, andai in minoranza almeno 4 volte. Ad esempio, non fui d’accordo con i nomi delle classifiche che ci sono oggi (i vari 4.1, 4.2 e 4.3): li ritengo poco utili. In quell’occasione fui sconfitto. Quando sono stato presidente ho perso altre volte: ad esempio ho sempre pensato che nei campionati a squadre dovessero essere favorite le società “vere”, quelle che formano i giocatori, ancor prima di quelle che li comprano. Sono andato in minoranza praticamente sempre. In questo settore abbiamo ottenuto un risultato buono ma non definitivo: fosse stato per me, lo avremmo raggiunto anni prima e oggi saremmo un gradino avanti. Questo è il risultato tra la mediazione delle mie idee, quelle del Consiglio e anche dei dirigenti sparsi sul territorio. Ho sempre avuto la fortuna di avere colleghi leali, con cui abbiamo discusso tranquillamente. Non siamo andati spesso alle votazioni, ma chi ha perso si è sempre adeguato al volere della maggioranza. Ne ho perse altre, naturalmente qualcun’altra ne ho vinta. Tuttavia quella della Serie A è sempre stata la mia sconfitta più grossa.
Parliamo del Progetto PIA, nato ormai 10 anni fa. Come lo valuta in termini di costi-benefici?
Il successo del PIA sta nella continuità. Se i PIA fossero stati un fallimento, sicuramente li avremmo cambiati o ci avrebbero cacciato. La verità è che sono uno strumento cardine della nostra programmazione. Il successo è dato da circa 400 società che sono motivate da quello che proponiamo: un programma di sviluppo comune per le scuole e i nostri migliori giovani. In un paese dove c’è stata l’anarchia del Settore Tecnico, quando si seguivano solo cinque persone, credo che sia un notevole passo in avanti. Un altro successo dei PIA è che non sono stati cancellati con il rinnovamento del Settore Tecnico. Semplicemente, si sono adeguati al nuovo indirizzo. L’ultimo caso riguarda i Centri d’Allenamento Periferici. Tutto è avvenuto con un’evoluzione del programma PIA. Poi possiamo chiamarlo come vogliamo, ma che si aiutino i migliori circoli e si mandino i migliori tecnici a casa loro…credo che sia una cosa sacrosanta. Se non l’avessimo chiamata “PIA” (Piani Integrati d’Area), sarebbe stata una semplice – e in parte innovativa – operazione di buon governo di una federazione sportiva.
Quinzi non è mai stato fisso a Tirrenia, ma Infantino è determinante nella sua crescita. E Infantino "è" Tirrenia, "è" il Settore Tecnico"
Restiamo sul Settore Tecnico e facciamo il punto della situazione su Tirrenia. Lei ritiene che si sia sbagliato qualcosa? A parte Giannessi, non sono ancora stati creati giocatori. E poi, perché non esiste un Centro Tecnico Femminile? Qualche anno fa, lei parlò della creazione di un Centro a Formia, poi non se ne è più fatto nulla.
Impostiamo il problema nei termini corretti. Tirrenia non è mai stato impostato come il “Centro Tecnico Unico” della FIT (per verificarlo, può rileggere le mie dichiarazioni dell’epoca). Tirrenia è nato come “Centro di Servizi”. Per definizione, non doveva essere l’unico riferimento per i migliori giocatori e coach, ma doveva servire per sviluppare il territorio, per aiutare chi sta in periferia a crescere meglio e più velocemente, e per tutti i giocatori di vertice bisognosi di un punto di riferimento. Mentre io e lei parliamo, Francesca Schiavone è a Tirrenia. Ma soprattutto era a Tirrenia quando ha preparato il Roland Garros 2010. Solo per questo, di Centri di Tirrenia ne avremmo fatti dieci se ci avrebbero garantito che con Francesca Schiavone avremmo vinto il Roland Garros. Vedo che lei sorride, ma se dieci anni fa ci avrebbero detto che avremmo vinto il Roland Garros, che ragionamenti avremmo fatto? Altri giocatori e giocatrici sono transitati da Tirrenia, ma forse non c'è ancora stata la piena utilizzazione. La frequentazione potrebbe essere più alta. Ma direi che ha svolto la sua funzione. Pensiamo a 15 anni fa: non credo che Andrea Gaudenzi e Rita Grande potessero preparare gli Slam nel Centro Federale. Questo è il punto 1. Punto 2: Tirrenia non svolge la sua funzione su 10 ragazzi, ma spende tempo ed energie per ospitare periodicamente i migliori giocatori con i loro coach. In questo senso, deve essere responsabile (nel bene e nel male) dei risultati del tennis italiano. Voglio dire: Quinzi non è mai stato fisso a Tirrenia, però Eduardo Infantino, che “è” Tirrenia, “è” il Settore Tecnico Nazionale, è stato determinante nella crescita del ragazzo. In questi anni, Quinzi è stato assistito non solo dal nostro sistema, ma ha anche concordato la programmazione partecipando al nostro sistema. Ho menzionato lui, ma potrei fare altri esempi, sia nel bene che nel male. Il punto 3 è quello che lei ha messo come centrale, ma spero di averla convinta che non è così: la produttività diretta di Tirrenia. In questo momento, per gli obiettivi che abbiamo è chiaramente insufficiente. Ma attenzione: va misurata con gli scopi e i principi per cui Tirrenia è nata. Il Direttore Tecnico, insomma, potrebbe dire che se fosse stato l’unico riferimento tecnico in Italia, potendo convocare a piacimento, avrebbe ottenuto altri risultati. Avrebbe ragione, ma il nostro obiettivo non era fare di Tirrenia l’unico centro. Anzi, l’esatto contrario: volevamo crearne tanti altri.
E il Centro femminile a Formia?
Prima di tutto c’erano i dubbi da parte del Consiglio sull’opportunità di fare un Centro femminile distaccato dal maschile, poi c’era una problematica CONI, perché l’Atletica voleva altri impianti e preferivano spostarci su Tirrenia anche col settore femminile. Altro problema: bisognava individuare un Direttore Tecnico all’altezza, che fosse collaudato non solo dal punto di vista tecnico, ma anche da quello umano. In fondo avrebbe dovuto rimanere laggiù da solo, staccato da Tirrenia, con un gruppo di ragazze di 14-15 anni di età. Per chiudere, c’era anche un problema di impiantistica. A Formia ci sono solo due campi in terra battuta, quindi si pensò di lasciar perdere e potenziare Tirrenia.
Parliamo dei “famosi” 400.000 euro elargiti alla Schiavone per la sua vittoria a Parigi. Quest’anno la Errani ha ottenuto risultati analoghi, sia pure senza ottenere la vittoria. Il Consiglio ha pensato di fare una cosa analoga anche per lei?
Abbiamo già pensato a questo argomento, ma come tutti gli anni tireremo le somme a fine anno (per la Schiavone, veramente, si decise subito, ndr). E poi non c’è solo la Errani da premiare. C’è anche qualche giovane per il quale abbiamo già investito, senza dimenticare Roberta Vinci. E speriamo che nel frattempo ci siano altri successi. Andremo a giocare il Masters, sicuramente in doppio ma speriamo anche in singolare. Le somme le tireremo a fine anno. I 400.000 alla Schiavone: in quel periodo ero talmente esaltato che, sulla scia dell’entusiasmo, continuavo a proporre premi ancora più sostanziosi. Per fortuna sono rimasto a contatto con consiglieri più saggi che mi hanno tenuto “a bada”. (la leggenda narra che Binaghi volesse dare 100.000 euro in più per ogni posizione scalata all’interno della top 10: 100.000 per la nona, 200.000 per l’ottava ecc…pare che a “contenerne” gli entusiasmi fu il Segretario Generale Massimo Verdina. Ndr). Non sono assolutamente pentito di quella decisione, anche perché se ce lo avessero detto tempo prima avremmo pensato di investire ancora di più. Quel premio deve essere inquadrato nella straordinarietà dell’evento. Due anni fa lo era ancora di più, perché nel settore femminile non avevamo mai ottenuto un risultato del genere. Capivamo che c’era ebollizione, ma per far saltare il tappo e avere questa serie infinita di successi ci voleva un risultato eclatante. Come lei sa, i 400.000 non sono stati dati a posteriori alla Schiavone: quando due italiane sono arrivate negli ottavi, con il Consiglio abbiamo deciso di dire all’una e all’altra che in caso di semifinale, finale e vittoria, ci sarebbero stati 100, 200 e 400 mila euro non sommabili tra di loro. (Federico Ceppellini, allora consigliere FIT, ricorda diversamente. Secondo lui c'era qualcuno che non ne sapeva nulla e il premio venne ratificato la mattina della finale, con qualche Consigliere che si lamentò per la mancanza di informazione. Leggerete il suo pensiero su questo e molto altro nel numero di TennisBest Magazine in edicola tra pochi giorni. Ndr). Va poi ricordato che – oltre alla Schiavone – abbiamo premiato gli altri successi significativi, come la Fed Cup. Nel decidere i premi, teniamo conto di quattro aspetti. Il primo è la “straordinarietà”, il secondo è il “risultato sportivo”, il terzo è “l’immagine” offerta dal tennis italiano tramite il giocatore. La pensa così anche il presidente CONI Petrucci: gli iper-professionisti del tennis, oltre ai diritti, hanno il dovere di trasferire concetti positivi. Noi, attraverso loro, dobbiamo svolgere questa funzione. Credo che la Schiavone e le altre giocatrici siano state, in questi anni, esempi perfetti di quelli che devono essere lealtà, entusiasmo e valori veri. Il quarto è che i tennisti, quando possono, si impegnino a valorizzare gli asset federali come i Centri Estivi o il nostro canale SuperTennis (che è nostro, ma soprattutto loro). Quest’ultimo aspetto, naturalmente in termini residuali, è stato considerato. E le giocatrici lo sanno. La Schiavone ha vinto il Roland Garros indossando il “patch” di SuperTennis sulla maglietta, e questo naturalmente è un valore. Tenga presente che in un torneo così importante ci sono aziende pronte a darti 20-30.000 euro solo per indossarlo in una partita. Sa cosa le dico? Per la federazione fu anche una sorta di dovere. Con i giocatori, per rispettare i princìpi, siamo stati molto duri. A volte abbiamo anche esagerato, e voi conoscete solo alcuni episodi ma ce ne sono stati anche altri. Come buoni padri di famiglia dobbiamo essere duri sui princìpi ma anche generosi quando le cose vengono fatte e vengono fatte bene. E’ stato un investimento nel senso che ha mostrato a tutti che, anche sbagliando in qualche occasione, siamo animati da giuste motivazioni. Va poi detto che, in quegli anni, il sistema di contributi del CONI (che oggi è cambiato e io ho contribuito in questo senso) erano direttamente legati alle Olimpiadi e – negli anni non olimpici – ai Campionati del Mondo. Per il tennis, i Campionati del Mondo erano i tornei del Grande Slam. Il successo della Schiavone e quelli in Fed Cup hanno permesso di aumentare le risorse, e ho ritenuto doveroso che parte di queste fossero destinate a chi ha permesso questi risultati.
Il Collegio dei Revisori dei Conti è l’ente che controlla la gestione economica della Federtennis…
Non è esattamente così. L’ente che controlla la Federtennis è il CONI. Tutti i nostri bilanci vanno al CONI e vengono approvati dal CONI. Sia quelli preventivi, sia quelli consuntivi, sia quelli delle società controllate che noi siamo obbligati a inviare al CONI (questo da maggio 2012, quando è stata inserita una postilla nello Statuto. Ndr). Il CONI fa periodici controlli alle federazioni sportive, come stabilito dalla legge italiana. Essendo noi una società privata, abbiamo un Collegio dei Revisori misto, in cui i componenti di nomina CONI e Ministero del Tesoro sono in maggioranza rispetto all’unico eletto dall’Assemblea, che peraltro svolge il ruolo di Presidente. Ma non ci basta: siccome stiamo diventando ricchi e forti, e la gente vorrebbe essere coinvolta (ma mica possiamo assumere tutti i tecnici e i professionisti di questo mondo, magari anche qualche suo collega che si è proposto in passato), veniamo attaccati sistematicamente sulla cosa in cui siamo più forti. Per questo, dopo aver chiesto l’autorizzazione al CONI, siamo stati i primi nel mondo dello sport a farci certificare il bilancio dalla Ernst&Young. E se lei si inventa qualcos’altro…faremo anche quello. Va anche detto che in Assemblea, oltre al bilancio preventivo del quadriennio 2013-2016, in cartellina c'era anche il bilancio del 2011 in modo che i delegati potessero fare domande. Ma chiudiamo i bilanci in utile da 10 anni, quest’anno di due milioni di euro. Francamente, i problemi andrei a cercarli da altre parti.
"Le Interrogazioni Parlamentari? Abbiamo risposto con relazioni più che esaustive"
Questa affermazione ci fornisce l’assist per parlare delle due Interrogazioni Parlamentari riguardanti la FIT. A due giorni dall’Assemblea, la promotrice della prima Interrogazione, Giuseppina Castiello, ha promesso di andare alla Corte dei Conti. Lei oggi è stato molto chiaro, tra certificazioni e approvazioni. Gliela dico come me l’hanno venduta: il Ministro Gnudi avrebbe detto di non aver ancora risposto perché CONI e FIT, a loro volta, non hanno dato riscontri.
Questa è una balla. Una grossa balla. Ogni volta che è stata fatta l’Interrogazione, il CONI ci ha regolarmente scritto per chiedere delucidazioni. La Federazione, per due volte (perché le Interrogazioni sono state due), ha risposto con relazioni più che esaustive che sono state – come ci ha comunicato il CONI – regolarmente trasmesse al Ministro Gnudi. Mi permetta di dire che tutto questo fa un po’ ridere. Possibile che oggi, in Italia, anziché pensare ai loro bilanci, i partiti politici vengano a controllare la Federtennis? Io mi inchino al Parlamento perché bisogna essere rispettosi, però francamente hanno scelto il momento sbagliato, sia per loro che per noi. Detto questo, che vengano pure. Noi siamo a disposizione. E’ evidente che dietro c’è una grande…”coincidenza”. Perché una deputata napoletana fa firmare l’Interrogazione a una decina di persone che poi fuggono quando capiscono esattamente cosa hanno firmato? Perchè lo fa senza sapere niente del tennis italiano (secondo me non sa neanche come si gioca…), a poche settimane dal commissariamento della sua Regione dovuto a una mancanza di fondi superiore ai 100.000 euro, che naturalmente ha causato non solo il commissariamento ma anche una doverosa denuncia alla Procura della Repubblica di Napoli? E che poi si rivolga alla Corte dei Conti…ma ben venga: abbiamo avuto due volte la Procura della Repubblica, la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate. Ci hanno fatto i complimenti. Noi siamo prontissimi per la Conte dei Conti. Ma secondo lei non c’è nulla di strumentale? E’ un caso?
Queste sono risposte importanti. Quindi conferma che la FIT ha risposto?
Ma certo! Per ben due volte.
Non lo sapeva nessuno, siamo lieti di averlo saputo da lei.
Certa gente andrà valutata dai risultati o dai danni che ha fatto al nostro paese. Sono un po’ come quelli che si candidavano alle Elezioni FIT con il 2% per fare chiasso. Non credo che a queste persone sia giusto dare risposte e visibilità ulteriori a quelle che dobbiamo dare ai nostri Affiliati, all’ente di vigilanza e naturalmente al Ministero dello Sport. E’ gente che cerca visibilità a buon mercato…e noi li lasciamo fare.
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