L’INTERVISTA: Corrado Barazzutti fa il punto sul tennis italiano, ma evita di sbilanciarsi. “A Ostrava avremo tutte le migliori. La Oprandi? Rispetto la sua scelta”.
Corrado Barazzutti con Andreas Seppi. L'altoatesino ha sempre riconosciuto la correttezza del capitano

Di Riccardo Bisti – 23 febbraio 2012

 
Da giocatore è stato un grande campione. Numero 7 ATP, ultimo italiano a giocare il Masters e semifinalista in uno Slam, nonché unico a classificarsi tra i primi quattro allo Us Open (era il 1977, perse da Connors). Dopo il ritiro, Corrado Barazzutti è uscito di scena per un po’. Ma con l’avvento di Angelo Binaghi alla presidenza FIT è rientrato dalla porta principale. L'ingegnere sardo gli ha affidato la nazionale maschile, poi anche quella femminile. 11 anni dopo, “Barazza” ha vinto tre titoli con le ragazze e riportato gli uomini in Serie A dopo una lunga e affannosa rincorsa. Talvolta viene criticato per le scelte, i modi di fare, un atteggiamento tanto conservatore da risultare prevedibile. Ma alla fine è sempre lì. Barazzutti non è uno che ispira simpatia a prima vista, ma piano piano sa farsi apprezzare. Ed è sinceramente convinto quando dice di aver sempre operato nell’interesse della nazionale. E’ consapevole di aver commesso degli errori, anche se non gli va di parlarne. Non ha l’inventiva e il carisma di Panatta né l’umanità di Bertolucci, ma è uno che non tradisce. Barazzutti non si nasconde, ci mette sempre la faccia e si assume le responsabilità delle sue decisioni, forse pure troppo. Di certo non ama le pubbliche relazioni: se gli fai una domanda che non gradisce sa come sviare, ti lascia sempre la sensazione di non averti detto tutto. Ed è un peccato: parlare con lui in un contesto rilassato è interessante, istruttivo, a tratti piacevole. Ma d’altra parte non si può andare contro il proprio carattere: Barazzutti è fatto così.
 
Dopo i match di Davis e Fed Cup, come valuta l’attuale stato di salute del tennis italiano?
Le ragazze continuano ad essere una delle squadre più forti del mondo. Contro l’Ucraina abbiamo vinto, confermando che siamo uno squadrone anche nei momenti di difficoltà. Il tennis femminile procede, poi adesso c’è la crescita di Karin Knapp che sta giocando bene e sta cogliendo ottimi risultati. Penso che Karin possa aggiungersi al gruppo che aveva abbandonato per colpe non sue. Per quanto riguarda gli uomini, in Repubblica Ceca abbiamo ben figurato soprattutto in singolare. Seppi poteva anche vincere con Stepanek, e anche Bolelli ha lottato fino all’ultima palla contro Berdych. Simone ha un grande potenziale che non sempre riesce ad esprimere, ma speriamo che adesso possa tirarlo fuori definitivamente. Poi ci sono i buoni risultati di Volandri, finalista a San Paolo. Anche Cipolla sta andando bene. In attesa del pieno recupero di Fognini, direi che il tennis italiano sta andando bene.
 
Tornando al match con l’Ucraina: la scelta di giocare sulla terra battuta si è rivelata una buona intuizione del Barazzutti capitano. Sapeva che la superficie avrebbe dato una mano oppure non si aspettava tutte queste difficoltà?
Per quanto mi riguarda, la scelta della terra battuta è stata molto facile. Fino a prova contraria, la Schiavone è forse la numero 1 del mondo sulla terra battuta. Sinceramente non so quali tipo di critiche avrei potuto ricevere. Detto questo, non mi aspettavo un match così duro. C’è stata la rivelazione della Tsurenko, capace di giocare sopra il suo livello. Non so se siamo stati noi a metterla nelle sue migliori condizioni, ma va riconosciuto che ha giocato alla grande. Ha battuto la Schiavone, stava battendo la Errani…insomma, ci ha reso l’incontro più difficile del previsto. Per fortuna abbiamo alcune tra le coppie più forti del mondo. Quasi sempre portiamo a casa il doppio, poi Roberta Vinci che è imbattuta nella specialità. Di certo è stato un incontro molto difficile. Si possono giocare partite difficili, ma la forza delle giocatrici e della nostra squadra sta proprio nel vincere partite come questa.
 
Ad aprile giocheremo in Repubblica Ceca, nel mezzo della stagione sulla terra battuta. Lo scorso anno, in condizioni simili, in Russia non andarono né Schiavone né Pennetta. Ha già parlato con loro? Verranno ad Ostrava?
La Pennetta ha già detto di desiderare che la Fed Cup torni dove deve stare, e cioè a casa nostra. La Schiavone lo stesso, così come Vinci ed Errani. Ci saranno tutte, c’è grande voglia di giocare e vincere questa Fed Cup.
 
Parlando della Schiavone, lei dove la vede a fine anno? Per quanto tempo potrà giocare ancora? E la Pennetta?
Credo che Francesca possa dare ancora moltissimo. Deve un po’….equilibrarsi, perché non riesce ancora a trovare il suo miglior tennis. Ha qualche difficoltà, ma nel momento in cui tutto funzionerà, beh, saprà ancora dare grandi soddisfazioni. Flavia è in netta ripresa. Entrambe hanno giocato bene a inizio anno. Flavia era addirittura in finale ad Auckland, poi si è fatta male. Ha continuato a giocare allenandosi poco, curandosi non troppo bene. Adesso finalmente si è fermata prima di ripartire, e credo che non ci saranno più problemi. Credo che avremo ottimi risultati da entrambe, ma anche dalla Vinci e dalla Errani.
 
Dove può arrivare Sara Errani?
Sembra che possa arrivare in alto. Numeri non ne dico, non ho questo dono. Mi auguro che possa arrivare il più in alto possibile o comunque esprimersi al meglio. Non so quale sarà il suo best ranking, ma ha troppa grinta e la determinazione; sono convinto che riuscirà ad esprimersi al 100%. Mi auguro che possa arrivare il più in alto possibile.
 
Come ha vissuto il cambio di nazionalità di Romina Oprandi? Che progetti aveva la federtennis su Romina?
Io sono rimasto molto sorpreso. Non ce lo aspettavamo. Sia io che la federazione ci siamo sempre comportati bene con la Oprandi, esattamente come con tutte le altre. Mi spiace che si siano dette delle cose non vere, ma rispettiamo la sua scelta. Con lei ci siamo chiariti e rispetto tranquillamente i suoi punti di vista. Naturalmente mi dispiace, ma se questa è la soluzione che lei ha ritenuto migliore…va bene così.
 
In 11 anni di capitanato, qual è stata la cosa migliore che ha fatto e l’errore che non rifarebbe?
Senza entrare nello specifico, di certo si fanno degli errori. Non sono infallibile. Mi auguro di aver fatto più cose buone e meno errori possibili. Poi è inevitabile che 10 anni alla guida di due nazionali possano essere piene di situazioni difficili, in cui devono essere fare delle scelte. A volte le scelte possono essere sbagliate. In un bilancio di 10 anni credo di essere riuscito ad aver fatto un buon lavoro nell’interesse della squadra e dei giocatori. Io mi sento con la coscienza a posto.
 
L’anno prossimo Corrado Barazzutti compirà 60 anni. Fino a quando avrà voglia di fare il parafulmine di questo ambiente?
Perché mi vede come un parafulmine?
 
Perché quando le cose non vanno bene, spesso si dice che è colpa di Barazzutti.
E’ vero, ma lo dice soprattutto chi non mi ama. Ci sono persone alle quali non piace il mio modo di fare, le mie scelte. Quello che succede, secondo loro, è sempre colpa mia. Può anche essere che in qualche caso io abbia fatto da parafulmine, ma prima di tutto mi auguro di essere un capitano e fare le cose nel migliore dei modi, aiutando i giocatori a vivere Davis e la Fed Cup nelle condizioni migliori. E’ quello che conta ed è il mio compito. Devo gestire la squadra e aiutare tutti a rendere al 100%.
 
C’è mai stato un momento in cui ha pensato: “Basta, mando tutti al diavolo e me ne vado”.
Ci sono tanti momenti in cui mi sento stanco e stressato, e magari penso di non farcela. Mi succedeva quando ero da giocatore, e mi accade quando ancora oggi. Ma sono momenti che passano, in fondo li abbiamo tutti. Guardo avanti e proseguo. Detto questo, credo che anche per me arriverà il giorno in cui non farò più il capitano. Quando smetterò, smetterò….vedremo.