Dopo 20 anni di carriera, l'indiano ha tagliato il traguardo delle 600 vittorie in doppio in carriera. Con il suo tennis old-style è diventato uno dei più forti doppisti di sempre. E non ha intenzione di smettere.
Leander Paes esulta per la vittoria all'Australian Open in coppia con Radek Stepanek
Di Lorenzo Baletti – 12 marzo 2012
Si dice 38 anni e non sentirli affatto. Leander Paes, tennista indiano diventato professionista nell’ormai lontano 1991, è in questo senso l’esempio più lampante di longevità. L’altro ieri ha vinto la 600esima partita di doppio della sua brillante carriera, quando in coppia con Radek Stepanek ha battuto il duo Ferrer / Ramos ad Indian Wells. Quante cose sono cambiate in questi 20 anni, quante vittorie e quante sofferenze, quante emozioni nel passare dai campetti di Mumbai al Centre Court di Wimbledon. Eppure non deve essere stato facile nascere a Calcutta nel 1973, una delle più popolate quanto povere città del mondo. Ma se è vero che buon sangue non mente, i genitori devono avergli sin da subito trasmesso il DNA dello sportivo: papà medaglia di bronzo nell’hockey su prato alle Olimpiadi di Monaco ’72, mamma capitano della squadra olimpica di basket. Insomma, un ragazzo geneticamente predestinato e che di certo non ha disatteso le aspettative. Nel 1990, a 17 anni, vince Wimbledon Junior in singolo e diventa n.1 del ranking giovanile. Considerati gli inizi ci si aspettava sfondasse di più in singolare, ma Paes decide invece di dedicarsi al doppio.
Il fisico leggero e il gioco basato più sul tocco che sulla potenza lo portano ad accantonare la carriera da singolarista, pur con un best ranking da 73 Atp nel ‘98 e un titolo conquistato sull’erba di Newport sempre nel 1998. Ma il polso fatato e le volèe d’altri tempi non bastano ad arginare le bordate dei colleghi, ed ecco che si accorge di potersi togliere ben più soddisfazioni in altre discipline. E che soddisfazioni: nel doppio maschile, dal 95’ ad oggi, Leander Paes ha conquistato la bellezza di 49 tornei Atp, oltre a 34 finali perse, raggiungendo la prima posizione della classifica mondiale. In particolare, sono 7 i titoli del Grande Slam (1 Australian Open, 1 Wimbledon, 2 Us Open e 3 Roland Garros). Niente male, considerando anche il lato economico della faccenda con 6.7 milioni di dollari portati a casa, sponsor esclusi. A questi trionfi, si aggiungano i successi a livello olimpico che gli hanno permesso di diventare un vero e proprio simbolo per l’India. Nel 1996, 24 anni dopo il padre, si aggiudica la medaglia di bronzo in singolo alle Olimpiadi di Atlanta. L’edizione successiva, a Sydney 2000, un emozionatissimo Leander Paes porta la bandiera dell’India alla cerimonia di apertura dei giochi olimpici, per poi ricevere un anno dopo il Padma Shri, la più alta onorificenza che l’India possa conferire a un suo cittadino. Una vera e propria leggenda, un esempio dentro e fuori dal campo per tutti gli indiani. E non è un caso che l’India abbia scelto di puntare ancora su di lui, e non sul giovane Bhupathi, per l’imminente sfida di Coppa Davis contro l’Uzbeskistan.
In carriera ha giocato con 87 partners diversi, dal connazionale Bhupathi con cui ha condiviso la maggior parte delle gioie, all’esperto Stepanek con cui ha vinto gli ultimi Australian Open, passando per tennisti del calibro di Zimonjic e Bjorkman solo per citarne alcuni. Per non parlare della sua esperienza in doppio misto con la mitica Martina Navratilova, con cui ha vinto sia Wimbledon che Us Open nel 2003, le ultime vittorie di Martina in carriera. Non c’è da chiedersi perchè la più grande giocatrice di sempre avesse scelto proprio Paes per chiudere in bellezza la propria vita tennistica.
“Sto giocando per i libri di storia e per conquistare nuovi record” ha dichiarato Paes dopo la vittoria dell’altro giorno che gli è valsa il 600esimo sigillo in carriera in doppio, prima di lui ci erano riusciti solo altri 16 giocatori. Anche se i libri di storia del tennis sono già pieni di pagine scritte da lui, che a 38 anni ha ancora la passione di un ragazzino, che continua a giocare grazie al supporto del team di sempre con il fisioterapista Dave Herman e l’amico di una vita Ricky Leach, e vede per sé un futuro sul grande schermo (ma tra molti anni). Ora ci sono ancora gli obiettivi sul campo e altri trofei da conquistare come quello di Melbourne, “uno dei più speciali della carriera per come è arrivato, battendo le prime tre coppie del mondo”. A 38 anni è ancor più bello emozionarsi per una vittoria.
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