Nonostante una prestazione altalenante, complice una condizione fisica non ottimale, Jannik ha dato fondo a tutte le risorse per tentare di ribaltare l’esito dell’incontro. Non da meno però è stato Daniil Medvedev

foto Ray Giubilo

Il match tra Sinner e Medvedev andato in onda in questo martedì pomeriggio di un piovoso luglio londinese, meriterebbe uno spunto dalla Metamorfosi kafkiana. Per dire  di come, nell’atto finale di stringere la mano, Daniil Medvedev sembrasse uscito da sogni inquieti, prima di vedersi mutato nel primo semifinalista del torneo di Wimbledon. Dritto sulle gambe, ancora in chiusura il russo mostrava di avere una corazza, seppure prossima a cadere per esaurimento di energie.
Fuor di parodia, invece corre l’obbligo attardarsi su un confronto che ha dato il fritto in ambo i lati e seppure carente della spettacolarità con la ‘S’ maiuscola ha mostrato di che pasta sono fatti i più forti giocatori del mondo. Recuperare da un malanno pressati dalla necessità di perforare a tutti i costi è un atto che, bando ai facili eroismi, oggi ha onorato il nostro portabandiera come e più delle sue belle vittorie. Così come reagire a un inizio non proprio travolgente e trovare la forza per salire di livello fino a riportare la partita, fa di Medvedev un campione di altissimo valore capace di dare fondo alla bottiglia senza lasciare nulla di intentato.
E se lo sport è scuola di vita, l’insegnamento che oggi  irrompe nell’immaginario collettivo è quello della positività a tutti i costi. Con buona pace di quell’esistenzialismo tanto investigato dal grande Franz Kafka.