Il torneo olimpico ha regalato tante belle immagini ma ci sono stati problemi organizzativi e logistici. Ne farà le spese il Canadian Open. Cosa bisognerà cambiare in vista di Rio 2016?
Il centrale di Wimbledon gremito durante le fasi finali. Non sempre è stato così
 
Di Riccardo Bisti – 6 agosto 2012

  
Londra 2012 nel tempio di Wimbledon ha lasciato tante immagini, ma non è stato un successo a 360 gradi. Tante cose non hanno funzionato, soprattutto sul piano organizzativo. Il problema principale è la vicinanza con il Canadian Open. Toronto e Montreal, in particolare il torneo dell'Ontario, sono stati massacrati dalla concorrenza olimpica. Ma non per questo offrono un montepremi minore. Nel corso dell’anno, gli organizzatori di Tennis Canada hanno trattato con gli sponsor (da Rogers in giù), presentandosi come uno dei 9 tornei più importanti del circuito. In verità, l’ATP li tutela con l’iscrizione obbligatoria di tutti i migliori. Ma è una tutela-farlocco, visto che Federer e Nadal (e tanti altri) si sono ritirati senza colpo ferire. Non li si può biasimare, vista la vicinanza con le Olimpiadi. Senza alcuni dei migliori, Toronto vale un 30% in meno. Forse qualcosa di più. E non è bastato ridurre il tabellone a 48 giocatori (per dare un bye ai primi 16 e non solo ai primi 8). Il programma della prima giornata è imbarazzante per un Masters 1000. Ci sono partite degne di un challenger, e meno male che c’è il nostro Seppi, collocato come main-event nella sessione serale contro Vasek Pospisil. L’ecatombe era prevedibile: le Olimpiadi si giocano sull’erba, in Europa. Toronto si gioca sul cemento, in Nord America. E allora ci si domanda se il calendario poteva essere organizzato diversamente. Dando per scontato che le Olimpiadi non potevano spostarsi, si poteva forse fare come nel 2008. Allora i tornei di Toronto e Cincinnati vennero collocati prima di Pechino, salvaguardando il campo di partecipazione. Con uno sforzo da parte di tutti si sarebbe potuto fare anche quest’anno, magari spostando il torneo olimpico nella seconda settimana dei Giochi. Certo, i giocatori avrebbero dovuto fare erba-cemento-erba-cemento, ma i professionisti devono sapersi adattare. Quest’anno è stata la prima volta che il calendario olimpico ha messo in difficoltà altri tornei del circuito.
  
Slam a parte, sono i giocatori a creare l’interesse per l’evento. Per intenderci, quando Nadal ha perso contro Verdasco, gli organizzatori del Masters 1000 di Madrid hanno visto cancellare il 40% delle prenotazioni per la finale. Non crediamo che gli organizzatori di Toronto sia andata tanto meglio dopo la rinuncia di Federer. Come detto, è impossibile spostare i Giochi Olimpici per far contente ATP e WTA. Di sicuro si può ragionare su come collocarle dentro i 16 giorni olimpici. Forse si poteva discutere sulla superficie, anche se la tentazione di giocare sull’erba di Wimbledon era troppo forte e avrebbe messo tutti d’accordo in ogni caso. Ma di certo si può fare meglio. C’è poi stata l’introduzione del doppio misto. Specialità divertente, la cui funzione ludica supera però quella agonistica. Al di là della bella finale, coinvolgente perché c’era Andy Murray, è stato un fallimento. Vuoi perché quasi tutti i migliori non lo hanno giocato (come fai a giocare tre tornei in contemporanea?), vuoi perché il misto si gioca cinque volte all’anno (Hopman Cup compresa). E il tabellone è stato compilato nel bel mezzo della settimana, a torneo iniziato, con appena 16 coppie. Diverse erano improvvisate, casuali. Si potrebbe dire che per la medaglia olimpica si deve sudare per quattro anni. Non si può applicare il ragionamento al tennis, ma non è neanche giusto che vadano a medaglia delle coppie improvvisate.
 
Ha fatto impressione vedere Wimbledon addobbato cn oi colori olimpici. Non tanto per il viola (in fondo è uno dei colori dell’All England Club), quanto per il pubblico decisamente inferiore a Wimbledon. Durante i Championships non capita mai di vedere chiazze vuote sul campo centrale. Durante le olimpiadi – ovviamente – il pubblico si è diluito tra i vari siti olimpici, e la scenografia ci ha rimesso. Forse Wimbledon non era la sede giusta per il pubblico. Di sicuro la è stata per i giocatori, che hanno dato battaglia come raramente succede nei tornei del circuito. Hanno colpito le lacrime di Sabine Lisicki. La tedescona ha giocato un ottimo torneo in tre tabelloni ma è rimasta fuori dalla zona medaglie. Il match per il bronzo del doppio misto è stato l’ultimo del torneo, ma in coppia con Cristopher Kas ha ceduto a Bryan-Raymond. Per un torneo non avrebbe pianto così. Così come Melo e Soares non avrebbero lottato fino al 24-22 al terzo per battere Berdych-Stepanek e nemmeno avremmo visto l’epico Tsonga-Raonic. Le cerimonie per la consegna delle medaglie, poi, sono state da brivido. Insomma, è difficile prendere una posizione netta su Wimbledon Olimpico. Con i suoi pro e i suoi contro è un torneo che farà storia. Forse l’obiettivo era questo e di sicuro ci sono riusciti. A Rio de Janeiro, nel 2016, i Giochi si svolgeranno dal 5 al 21 agosto (il tennis è previsto dal 6 al 15). In teoria potrebbe esserci più spazio, per mettere i Masters 1000 americani prima delle Olimpiadi, ma lo spostamento in avanti di Wimbledon potrebbe creare qualche problematica in più. ITF e CIO hanno quattro anni per lavorarci. L’importante è che prendano atto degli errori commessi nel 2012.