Djokovic-Nadal è il match di cartello del terzo giorno di gare: in uno Chatrier straripante di appassionati, accorsi per gustarsi l’ultimo atto di questa grande rivalità
foto Paul Zimmer/ Itf
«Inutile che vai avanti, non c’è più un posto libero». Lisa Pearron prova ad arginarci, noi che siamo arrivati con un filo di ritardo al terzo piano del Philippe Chatrier, dove si affaccia la tribuna stampa. Djokovic e Nadal non sono ancora in campo, ma i banchi sono pieni come neanche il primo giorno di scuola e un muro di decine – centinaia? – di giornalisti e fotografi impedisce i varchi di accesso. Tutti che vogliono dare un’occhiata, scattare un improbabile selfie, ritagliarsi un ricordo della last dance fra i due colossi del tennis. Sono le Olimpiadi, bellezze: qui arriva tutto il mondo, non solo quello tennistico, ci sono colleghi appassionati che si sentono “come al luna park”, per una vita hanno seguito la scherma o il canottaggio, il basket e l’atletica ma sono sempre impazziti dietro i Tre Grandi e ora almeno i due superstiti vogliono vederli, assaporarli. Niente, nessuno mi dà accoglienza nelle cabine di commento e anche l’ultimo piano, dove di solito c’è il bar panoramico aperto a tutta la stampa, è riservato a chi ha un pass con qualche acronimo in più. Okay, allora. Ridiscendo le scale, le risalgo dall’esterno sulla tribuna laterale, nessuno mi ferma e il primo set me lo godo sciogliendomi al sole e quasi in piccionaia.
Rafa è irriconoscibile – non solo perché da quassù è grande come un Minions… – dopo il primo set mi prende il magone. Il tempo di una sosta in sala stampa, un bicchier d’acqua, e faccio un altro tentativo in tribuna stampa. Lisa, stavolta, mi fa cenno: «guarda che c’è un posto che si è liberato, l’ultimo, proprio in fondo». Ne approfitto e il secondo set, quasi tutto, riesco a vederlo finalmente seduto con una visuale decente. Djokovic percuote, ma per venti minuti Rafa si ribella al suo destino, e anche in tribuna sembra di salire sulla macchina del Tempo. E’ come mettere la data indietro di una decina di anni, e tornare ai Rafa vs Nole dell’età dell’oro. Durante gli scambi si muovono solo i ventagli, all’unisono, come ali di farfalle frementi di desiderio ai bordi di un campo rosso di papaveri. Il nettare del tennis è lì, e quando Rafa confeziona una meraviglia old style, lo Chatrier esplode. Il pubblico sa, tutti sappiamo che non può durare, che forse questo è il canto del cigno del Campeon in singolare, è come se un’anima collettiva rispondesse ai gesti di Rafa, ai suoi punti memorabili.
Poi l’incanto svanisce, Nole il guerriero si riprende la partita, fa il gesto del violino e continua nella sua caccia all’oro. La tribuna si svuota, ci sono mille altri match da seguire, il Vava, Jas in doppio con Sarita, Darderi e Musetti. Ma un po’ di vuoto rimane anche dentro il cuore.