IL CASO – Guillermo Olaso, indagato per scommesse, scrive una lettera aperta in cui nega ogni accusa. “Mai ricevuto soldi per alterare una partita”. Ma il suo avvocato dice che… 
Secondo alcune fonti, Guillermo Olaso rischia la squalifica a vita

Di Riccardo Bisti – 18 dicembre 2013

 
I baschi sono un popolo fiero e orgoglioso. Basti pensare all’Athletic Bilbao, mai retrocesso nella Serie B spagnola pur attingendo esclusivamente al bacino umano di Euskal Herria. Un caso unico al mondo, oggetto di curiosità e di una vasta letteratura. Nel tennis, hanno avuto un solo grande giocatore, Alberto Berasategui. “Il basco di ferro che voleva cambiare il manuale del tennis”, diceva il compianto Roberto Lombardi. Essì, perchè colpiva dritto e rovescio con la stessa faccia della racchetta. Oggi avrebbero Garbine Muguruza, se solo decidesse di giocare per la Spagna (e la scelta non è attesa a breve termine). Suo malgrado, è diventato famoso il 25enne Guillermo Olaso, numero 229 ATP, discreto mestierante del mondo challenger. E’ indagato per il reato più infame, forse anche più del doping: le scommesse, le partite truccate, la frode sportiva. Il suo nome è circolato nella sera di lunedì e ha fatto il giro del mondo. Quando aveva 17 anni e si è spostato da Bilbao a Barcellona, non avrebbe mai sperato di diventare famoso per questo. Avrebbe voluto vincere il Conde Godò, entrare tra i top-100. Invece non è mai andato oltre la 167esima posizione ATP e si è scontrato con una realtà ben diversa da come l’aveva immaginata, soprattutto per uno che – a sentire alcuni colleghi, rigorosamente anonimi – ama la bella vita e le serate in discoteca. In una delle rare interviste, rilasciata un paio d’anni fa a una rivista spagnola, disse che era costretto a giocare le gare a squadre in quattro paesi per permettersi di andare avanti. Spagna, Italia (con il TC Italia di Forte dei Marmi), Francia e Germania. “Un tennista del mio livello campa, ma per un top-50 è molto più facile. E’ l’unico cambiamento che farei nel tennis: più soldi per chi gioca i challenger. Ci sono ottimi giocatori che meriterebbero di guadagnare di più”.
 
Non la sognava così. E adesso si trova costretto a scrivere una lettera aperta per difendere la sua posizione in attesa della sentenza del TIU, che secondo molti potrebbe essere esemplare. Riportiamo le sue parole.

"A seguito delle informazioni sbagliate e speculatorie emerse in diversi mezzi di comunicazione, devo precisare quanto segue.
1) Che il processo disciplinare aperto dalla Tennis Integrity Unit riguarda una sola partita, giocata nel 2010, che nego totalmente di aver aggiustato.
2) Che non sono accusato di aver ricevuto denaro per alterare risultati, e la conclusione delle indagini della TIU concorda su questo punto.
Chiedo, per favore, che si rispetti questo processo disciplinare in cui sto difendendo la mia innocenza, e si smetta di pubblicare informazioni fasulle che possono danneggiare gravemente il mio onore e la mia integrità."

Difficile addentrarsi nel merito, anche a causa della grande riservatezza della Tennis Integrity Unit, che talvolta nasconde alle stesse autorità tennistiche i nomi degli indagati. Neanche la sentenza spiegherà esattamente l’accaduto: soltanto un eventuale ricorso al CAS di Losanna, e successivo pronunciamento, potrebbe chiarire l’accaduto come nel caso di David Savic. A proposito di Savic, pare che il serbo c’entri anche nella vicenda di Olaso. Alcune indiscrezioni hanno rivelato la partita su cui si concentrerebbero le indagini. Challenger di Astana, Kazakistan, 2010. Olaso era numero 232 ATP e perse 6-3 6-3 contro lo sconosciuto Daniil Braun, senza ranking. Fu l’ultima partita dell’anno, di cui gli investigatori avrebbero trovato traccia nel computer di Savic, sanzionato a vita per aver cercato di corrompere un paio di volte Marcos Baghdatis. Pare che in una conversazione su Skype, Guillermo Olaso si sarebbe lasciato sfuggire una frase di troppo. Ma sono soltanto supposizioni, spifferi giornalistici senza alcuna certezza.
 
Le certezze arrivano dalle poche dichiarazioni dei colleghi. “Guillermo faceva le cose in grande. Ama la discoteca, I tavoli riservati e le bottiglie di champagne. Non ha fatto questo per necessità, semplicemente gli è sfuggita la situazione di mano”. Va detto che tali dichiarazioni, essendo anonime, perdono di incisività. “Non ho niente contro di lui, ma non credo che sia un buon esempio da seguire. Ad esempio, su Twitter ha spesso pubblicato foto di cibo spazzatura sul tavolo. Uno sportivo professionista non dovrebbe trasmettere questa immagine”. La difesa del giocatore è stata affidata a uno degli studi legali più importanti di Spagna, “Tebas & Coiduras”, di cui è socio Javier Tebas, presidente della Lega Calcio spagnola. Quest’ultimo, interrogato durante una tavola rotonda presso l’Università Complutense di Madrid, ha dato una versione dei fatti differente da quella di Olaso. “Ritengo che sia vittima di una sistema di partite truccate. L’ingenuità lo ha portato ad essere coinvolto in un complotto di cui è diventato vittima – ha detto – penso che usciranno i nomi di tennisti che si dedicavano a reclutare giocatori. Il tennista di cui parlo ha avuto un problema grave, è stato minacciato: se non avesse continuato a truccare le partite, avrebbe rischiato la sua incolumità. Lo difendo perchè è una vittima del sistema”. Insomma, la faccenda si fa intricata. Il comunicato stampa di Olaso dice una cosa, il suo avvocato ne sostiene un’altra. Sembrerebbe che la TIU abbia intercettato il suo computer e il suo telefonino per vedere se estendere le indagini ad altri giocatori. Ma quel messaggio su Skype, ammesso che esista, sarebbe la sua mano nel vaso di marmellata. In tutta la carriera, Olaso ha intascato 231.000 dollari di premi ufficiali. La sanzione potrebbe essere di 250.000. L’impressione è che il fenomeno delle scommesse sia drammaticamente diffuso, anche se non crediamo siano vere le cifre trapelate in qualche mezzo di comunicaizone, secondo cui l’80% dei giocatori ci si sia dedicato almeno una volta. Se anche la cifra fosse dieci volte inferiore, sarebbe ugualmente drammatico.