Non solo tocco di palla o gradevolezza del gesto, ma la capacità di adattarsi alle diverse condizioni per vincere punti, come ha messo in mostra oggi Sinner contro Medvedev

Tra gli atti celebrativi delle Atp Finals, andrebbe inclusa la nuova concezione di ‘talento’, una specifica che ultimamente, viva Iddio, sembra aver preso piede. Tanto per chiarire, in via definitiva, che tale termine ha poco a che spartire con la gradevolezza del gesto o con il troppo reiterato ‘tocco di palla’. Esso attiene, bensì, alla “capacità di apprendere e tradurre in rendimento” le diverse condizioni di gioco. Più esattamente strizza l’occhio alla qualità dei colpi come al mezzo necessario per vincere punti e non per fare vetrina.

Stando così le cose, il confronto andato in onda al Pala Alpitour tra il nostro Sinner e l’ostico Medvedev, non ha sancito soltanto il finalista del torneo dei maestri ma ha chiarito anche l’importanza di chiamare ‘talento’ uno stile di gioco che parla da dentro e non ascolta soltanto ciò che arriva da fuori. L’inside out di Sinner e il rovescio stretto di Medvedev, sono solo due dei numerosi spunti compresi nella loro interiorità, spunti tenuti in vita grazie alle profonde sensazioni di questo eroe dei giorni nostri circa il ricorso a una soluzione piuttosto che un’altra.


Dunque, se vincendo la semi appena archiviata, il nostro portabandiera ha mostrato un talento maggiore nell’utilizzo dei fondamentali, negli osservatori dovrebbe aver prevalso la giusta lettura di un aspetto agonistico che anche oggi ha mostrato il suo reale significato nella bravura di Jannik di adattare i colpi alla grande varietà dei rimbalzi, traendo vantaggio dalle situazioni tattiche venutesi a formare in corso d’opera.

E ora? si chiederanno in molti. E ora, diciamo tutti, speriamo che anche in finale il talento faccia il suo bravo dovere.