Non solo piccoli aggiustamenti tecnici ma adattamenti fisici, per poter stare al passo con le nuove leve. Ce lo ha confermato Marco Panichi, suo personal trainer
Novak Djokovic batte un Dimitrov tirato a lucido e vince Bercy. La capacità di replicare all’infinito titoli di grande spessore, fa del serbo un prototipo utile a scrutare aspetti inediti della metodologia sportiva. Il settimo sigillo a ridosso della placida Senna, è stato uno smaccato confronto col nuovo che avanza, uno scorcio di tennis ad alto voltaggio ricco di spunti a dir poco interessanti. Uno dei quali attiene alla massa muscolare messa su dal Djoker lungo l’arco del biennio alle spalle. Una metamorfosi di cui non tutti hanno preso visione e che già da tempo, invece, ha modificato, seppure di poco, la morfologia dell’ex bimbo di Belgrado. Una scelta obbligata per appesantire i colpi e migliorare la mobilità, un antidoto coatto messo in essere da Novak per stare al passo con Alcaraz, Rune e lo stesso Rublev, giocatori ultimo grido saliti alla ribalta grazie a un tennis più potente di quello in vigore fino a qualche tempo fa.
Per avere contezza di un pensiero che poteva anche essere astruso, ho chiesto aiuto a Marco Panichi, amico di lunga data che ha in sorte le qualità atletiche del campione del mondo. “Si è vero..” mi ha illuminato lui di primo acchito, “…é esattamente l’obiettivo che ci siamo posti già da un paio d’anni in qua per compensare a una naturale flessione dovuta all’età. Lo scopo è quello di vincere qualche scambio in modo più breve e contrastare la potenza delle nuove leve“.
Una riflessione, a ben vedere, che va oltre il fuoriclasse nudo e crudo per andare all’uomo aduso a ogni intemperia, ben lontano dal tirare i remi in barca. Al contrario scopriamo un campione che a dispetto di 36 primavere ben indossate, guarda al futuro con l’occhio vincente di chi non ama arrendersi e si pone, bensí, come fenomeno a cui dover rendere conto chissà per quanto tempo ancora.