Nel commentare le splendide vittorie di Federer ad Australian Open e Indian Wells, è stato dato tantissimo peso alla crescita del suo rovescio. Giusto, ma i numeri dicono che la risposta è stata almeno altrettanto preziosa: la percentuale di palle-break convertite (non proprio la sua specialità) è schizzata verso l’alto. E continua a salire.Confrontando gli ultimi incontri tra Roger Federer e Rafael Nadal con la gran parte dei precedenti, si nota una differenza abissale. Non solo nel risultato finale, visto che molto spesso a vincere era il maiorchino, ma nel modo in cui lo svizzero ha costruito il successo. Ivan Ljubicic l’ha aiutato a buttare finalmente nel cestino quel complesso di inferiorità che contro il rivale di una vita gli è costato tanti KO, ma soprattutto ha compiuto una magia sul rovescio del suo assistito. Dopotutto, se si parla di rovescio a una mano “Ljubo” ha il curriculum buono per salire in cattedra, e Federer l’intelligenza giusta per sedersi in prima fila a prendere appunti. L’ha convinto a ridurre l’utilizzo del back-spin a favore della soluzione coperta, ad avvicinarsi al campo e colpire, colpire, colpire. E siccome di Federer si tratta, la trasformazione è diventata persino facile. Lo storico colpo debole non è più debole, gli avversari si trovano con un punto di riferimento in meno (e già Federer ne ha sempre offerti pochi), e i risultati ne sono la diretta conseguenza. Ma la crescita nel rovescio non è tutto, e le statistiche sulla conversione delle palle-break rivelano che c’è un altro dettaglio del tennis dello svizzero che ha almeno altrettanta importanza: la risposta. Un colpo sempre più importante nel tennis moderno, che ha fatto la fortuna di Djokovic (prima) e Murray (poi), e ora sta dando una grossa mano al nuovo Federer, che in Florida va a caccia di un tris Melbourne-Indian Wells-Miami che gli è riuscito solo nel suo 2006 da record.PALLE-BREAK: NON PIÙ TALLONE D’ACHILLE?
Non è difficile accorgersene: Roger risponde più vicino al campo, e proprio grazie ai miglioramenti sul rovescio (ma non solo) riesce a ottenere dei punti che un tempo perdeva quasi sistematicamente. Nei momenti delicati gli avversari sono soliti servire da quella parte (Nadal in primis, grazie alla curva mancina), ma ora devono fare i conti con una risposta più sicura, che permette a Roger di non perdere campo e a lungo andare finisce per togliere sicurezze agli avversari. “Riesco a stare più vicino al campo rispetto a un tempo – ha sintetizzato lo svizzero dopo il successo su Nadal a Indian Wells – e credo che questo mi permetta di prendere in mano le redini dei punti già dall’inizio”. E infatti il dettagliato servizio statistico pubblicato dal sito dell’ATP evidenzia una crescita importante nella conversione delle palle-break, un altro storico tallone d’Achille del campione di Basilea. Roger ha vinto tutto, vanta il record di Slam ed è il simbolo del tennis contemporaneo, ma non è mai stato un mostro di concretezza. Se nella percentuale di game vinti al servizio è quinto fra i giocatori in attività, appena dietro ai grandi battitori del Tour (Isner, Karlovic, Raonic) e a Nick Kyrgios, lo svizzero è solo 41esimo in quella dei giochi vinti in risposta, addirittura 71esimo nella conversione delle palle-break, con un 41.3% frutto di 4.321 break in 10.462 occasioni. Ma nel 2017 è tutto completamente diverso.CHE NUMERI A INDIAN WELLS!
Nelle statistiche relative alla sola stagione in corso, aggiornate al termine del Masters 1000 di Indian Wells, il campione svizzero sale addirittura al terzo posto nella conversione delle palle-break, con un saldo positivo (50.4) frutto di 59 break in 117 occasioni. Un passo in avanti incredibile rispetto alla media della sua carriera, e ancor di più rispetto al 2016, quando chiuse – anche se in anticipo – con solo il 39.5 di realizzazione e il 24% di game di risposta vinti (quest’anno è a 29%). E a Indian Wells ha tenuto una media disumana, salendo fino al 64%. In pratica, ha fatto il break 14 volte su 22, 7 (su 13) contro la prima di servizio dell’avversario e altre 7 (su 9) contro la seconda. Visti così solo solamente numeri, ma che prendono forma ogni volta che il leader della Race (da solo ha gli stessi punti di secondo e terzo messi insieme) mette piede in campo in questo 2017. Boris Becker ha appena detto che non c’è da stupirsi se uno capace di vincere 17 Slam ne conquista anche un diciottesimo, ma nulla succede per caso. Specialmente a uno che il totale non lo aggiornava dall’estate del 2012 e soprattutto sembrava destinato a non doverlo ritoccare più. Invece è tornato ad altissimi livelli, si è preso i primi due tornei importanti dell’anno e fa di nuovo sognare i suoi tifosi di vederlo per l’ultima volta in vetta alla classifica mondiale. Grazie (anche) a rovescio e risposta.
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