In Spagna impazzano i processi ad Alex Corretja, reo di aver schierato “l’anello debole” Almagro al posto di Lopez, condannando le Furie Rosse alla sconfitta. Ma lui non si nasconde.
Alex Corretja prova ad incitare Almagro durante l’ultimo singolare
Di Riccardo Bisti – 20 novembre 2012
“Ho pianto. A Praga c’erano le mie figlie, ma sono tornate a casa con i miei genitori”. In questa frase, pronunciata a freddo, c’è tutta la delusione di Alex Corretja. Raccogliere l’eredità di due grandi capitani come Emilio Sanchez e Albert Costa era difficile, ancora di più con la squadra B. Ma quella che doveva essere un’annata di transizione è diventata importante nel momento in cui Ferrer, Almagro, Marc Lopez e Granollers hanno sfruttato un tabellone amico e sono piombati in finale. La Davis era un ferrovecchio: vinta cinque volte in 11 anni, non aveva più grande appeal. Ma vincere in Repubblica Ceca sarebbe stato sfizioso, e allora l’Insalatiera è tornata di moda. Ma Alex non si è fatto condizionare. A febbraio, a battere il Kazakistan a Oviedo, c’erano gli stessi che poi ha mandato in campo a Praga (a parte Ferrero, sostituito da Ferrer). Gli stessi di Oropesa (contro l’Austria), gli stessi di Gijon (contro gli Stati Uniti). Gli stessi che sono andati ad un passo dall’impresa alla O2 Arena. “Sapete qual è la cosa che mi dà più fastidio? Che è andato tutto secondo i miei piani fino al 2-2. Avrei messo la firma ad arrivare ad Almagro-Stepanek. Rifarei le scelte che ho fatto: se c’era qualcuno che poteva battere Stepanek, era proprio Nico”. Ma una sconfitta è sempre foriera di polemiche, e allora sono arrivate le furiose dichiarazioni di Feliciano Lopez, a Praga come quinto uomo. Eroe della Davis 2008, il toledano era convinto di giocare. Era andato a Londra durante il Masters, si era allenato con i compagni. Corretja gli aveva detto di tenersi pronto. Lui era carico a mille, nonostante una vittoria negli ultimi tre tornei è un inquietante 2-7 nei precedenti contro Stepanek (bilanciato dal 4-3 contro Berdych). Alex ci ha pensato fino a mercoledì notte, poi ha scelto di non tradire i suoi ragazzi. Continua a difendere la sua decisione, ma qualche dubbio gli sarà venuto. “Chiedete a Berdych chi vorrebbe evitare – disse Lopez – è una scelta che tecnicamente non capisco”.
E allora è finita così, con una tensione palpabile. “Feli” ha incitato il compagno, ma le sue espressioni in panchina erano tutte un programma. Con il chupa chupa perennemente in bocca, gli occhiali da intellettuale e l’aria da bello e dannato, è stato presenza ingombrante per tutto il weekend. E’ finita che Almagro ha perso entrambi i singolari, mentre Marc Lopez-Granollers hanno ceduto il doppio. Per fare posto a lui, Corretja avrebbe dovuto smantellare la coppia che aveva appena vinto le ATP World Tour Finals oppure mettere in panchina Almagro, suo fedelissimo. Corretja è un capitano-papà, per lui non contano solo i valori tecnici. Un capitano alla Mourinho non avrebbe guardato in faccia a nessuno avrebbe fatto di testa sua. Alex il dolce, ex numero 2 ATP nonostante un talento non eccelso, non ci ha dormito per notti intere. Poi è andato su Almagro. Non l’ha mai detto, trincerandosi dietro spiegazioni tecniche, ma c’era tanto di umano nella sua scelta. Perché Alex Corretja è un essere umano, con le sue debolezze. Lo abbiamo capito 16 anni fa, quando sfidò Pete Sampras nei quarti dello Us Open. Arrivò ad un passo dalla vittoria contro un Pete che aveva vomitato sul campo le ultime tre cene. L’americano annullò un matchpoint con una grande volèe…e poi Alex fece doppio fallo sull’ultimo punto. Come gli umani. Gli venne il braccino. Si inginocchiò sul decoturf del Louis Armstrong Stadium e prese a piangere sotto l’asciugamano. Aveva 22 anni, era ancora inesperto. Fino ad allora era un attendista, difficilmente faceva la scelta più coraggiosa. Poi ha saputo evolversi, arrivando a una finale Slam (Roland Garros 1998, persa contro Moya) e a una clamorosa vittoria al Masters (prendendosi la rivincita proprio su Moya). Tornò in finale a Parigi, vinse una Davis da protagonista, battè addirittura Sampras sull’erba…insomma, ha saputo evolversi. Saprà evolversi anche come capitano di Coppa Davis. Josè Luis Escanuela e la RFET non devono fare l’errore di lasciarlo solo. Schierare Feliciano Lopez sarebbe stato come giocare una smorzata in faccia a un top 10 nel tuo anno da “rookie”. Lo puoi fare se hai il carattere (e Jerzy Janowicz, che a Bercy ha fatto proprio questo, ce l’ha), altrimenti non puoi improvvisarti quello che non sei.
Doveva essere un anno di transizione. Invece Corretja ha fatto capire ai top players spagnoli la bellezza e l’importanza della Davis. Si erano dimessi in blocco dopo il trionfo di Siviglia, ma sono tornati sui loro passi. Ferrer è stato un grande protagonista, Nadal avrebbe giocato più che volentieri semifinali e finale, Feliciano se l’è presa a morte per non essere stato schierato a Praga, e lo stesso Fernando Verdasco si era detto disponibile in tempi non sospetti. Ma Alex, come uno Scopigno o un Maestrelli, non ha tradito i ragazzi che hanno aderito al suo progetto. Pur di difenderli, ha fatto un briciolo di polemica con Lopez. “Non ha saputo trattenersi. Certe cose devono restare dentro lo spogliatoio. Abbiamo parlato in privato, spero di poter contare su di lui in futuro (Lopez si è detto disponibile, ndr). Vorrei contare su Feliciano in qualsiasi momento, anche nella finale più importante. Ma se mi serve. E continuo a pensare che a Praga non dovesse giocare lui”. Si può essere d’accordo o meno sulla scelta di schierare Almagro (“l’anello debole” del team secondo Berdych: una nomea che gli resterà appiccicata addosso). Ma Alex si è preso le sue responsabilità e ci ha messo la faccia. Per questo gli spagnoli non devono lasciarlo solo e lasciarlo lavorare. La Davis 2013 è vicinissima, e partirà da Vancouver in una delicata trasferta contro il Canada, probabilmente senza Ferrer. Alex il dolce merita una seconda chance, non può essere messo in discussione dopo un anno. E imparerà a crescere come gli era riuscito da giocatore.
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