Gerald Melzer non è più solo il fratello minore di Jurgen. A Marzo ha salvato l’Austria in Coppa Davis, con la semifinale a Monaco ha compiuto un nuovo passo. Dopo anni di fatiche vede i top 100: presto sarà lui il numero uno di famiglia.Gerald Melzer ha sempre avuto un compito particolare. A differenza dei colleghi, non gioca solamente per scalare la classifica, ma anche per togliersi la scomoda etichetta di “fratello di”. Guardate Claudio Panatta: se non avesse quel cognome sarebbe ricordato come un ottimo giocatore capace di arrivare fra i primi 50 del mondo, invece rimarrà sempre quello ‘scarso’ della famiglia. Lo stesso si potrebbe dire per Gerald, ma lui non ci sta, vuole brillare di luce propria. Probabilmente non arriverà mai fra i primi dieci né giocherà una semifinale al Roland Garros come riuscito a Jurgen, ma ha deciso di scrivere da solo la propria storia. Una pagina importante l’ha completata al BMW Open di Monaco di Baviera, dove è partito dalle qualificazioni e ha colto un’inattesa semifinale. Dall'Austria aspettavano un bel risultato dalla stellina Dominic Thiem, invece hanno trovato il mancino di Deutsch-Wagram, cittadina di ottomila abitanti alle porte di Vienna, che gioca con gli occhiali da vista alla Tipsarevic, ama rilassarsi con la pesca e fino a 13 anni preferiva il calcio, sulle orme di papà Rudolf. Poi ha optato per la racchetta, forse spinto dalla prima finale ATP del fratello, sull’erba di Newport. Ma di rivalità, in casa Melzer, non ne vogliono sentir parlare. “Jurgen è sempre stato il mio idolo, un modello a cui ispirarmi. Mi ha insegnato molto, avere un fratello come lui è un grande vantaggio”. Vero, ma in campo Gerald ci va da solo, e ha presto imparato a cavarsela con le sue mani. Dai tempi in cui perdeva nelle qualificazioni dei Futures, a quella palla break salvata sul 5-5 al terzo contro il modesto Ledovskikh, all’ultimo turno delle qualificazioni in terra bavarese. Un punto che poteva significare sconfitta, invece ha cambiato il suo destino. Dall’alto del suo metro e 88 l’ha annullata con un buon servizio, ha vinto il match al tie-break e si è qualificato, dando il la a una cavalcata arrivata vicina alla finale. E fa niente se il sogno è svanito dopo tre set con Kohlschreiber, quello che conta è aver mostrato di nuovo di non essere solo il fratello minore di un ex top ten.
LA SVOLTA A MARZO IN COPPA DAVIS
Di nuovo? Già, di nuovo, perché la semifinale di Gerald ha radici lontane, molto più lontane delle tre vittorie nelle qualificazioni. Bisogna riavvolgere il nastro di una cinquantina di giorni, fino al match di Coppa Davis fra Austria e Svezia, primo turno del Gruppo 1, sul cemento nordico di Örebro. Thiem decide di declinare, e capitan Koubek chiama lui come quarto uomo. Con il fratello e Haider-Maurer per i singolari, e lo specialista Peya per il doppio, è difficile trovare posto. Ma dopo le fatiche delle prime due giornate, Jurgen non se la sente di scendere in campo anche alla domenica, e così sul 2-2 tocca a lui. Aveva già esordito nel 2014 contro la Slovacchia, ma a punteggio acquisito. In Svezia invece è tutto nelle sue mani. La vittoria finale, ma anche la possibilità di far vedere all’Austria intera che sa correre anche con le sue gambe. Occasione troppo grossa per lasciarsela sfuggire. Risultato? 6-1 6-1 6-3 a Christian Lindell (da lunedì fra i primi 200) e Austria al secondo turno con l’Olanda, a caccia di un posto per i play-off del World Group. Col senno di poi, Jurgen gli ha fatto il miglior regalo possibile. “Per la mia crescita personale è stato un passo da gigante, un sogno che diventa realtà. Ero in campo per il futuro del mio paese, solo con i miei mezzi e al mio primo match al meglio dei cinque set. Più si avvicinava il mio momento più diventavo nervoso. Poi Jurgen mi ha raggiunto e mi ha detto: ‘vai in campo e divertiti, sei forte, ce la puoi fare’. La vittoria mi ha dato un grande slancio, è stata una sorta di ricompensa per tutti gli sforzi compiuti negli anni scorsi. È stato fantastico, ho ricevuto tanti complimenti e sono fiero di ciò che ho fatto”. In un colpo solo è uscito dall’ombra del fratello, e questa settimana ha confermato le sue ambizioni. Mentre Jurgen ha preso una scoppola da Schwartzman a Istanbul, lui ha colto il miglior risultato in carriera, cancellando anche le paure dei più scettici. In patria, la sua storia ha ricordato in parte quella di Martin Fischer, che nel 2010 vinse il singolare decisivo contro Israele. Pareva la svolta della sua carriera, invece cinque anni più tardi ne è rimasto l’apice. “Un pericolo che per me non esiste. Siamo due persone diverse, e per me la vittoria in Davis sarà solo un punto di partenza”. Parole confermate dai fatti.
DAI FUTURES IN AFRICA AL SOGNO TOP 100
Son lontani i tempi in cui andava a caccia di punti ‘facili’ in Africa, fra Burundi, Ruanda e Uganda, con campi dalle righe di gesso in mezzo alla povertà. Un’esperienza difficile, ma anche una di quelle che ricorda con più affetto. A fine 2010 si presentò nel Continente nero senza aver mai vinto un Futures, e ne portò a casa tre consecutivi. “Al di là delle vittorie, è servita dal punto di vista formativo”. Sembrava in grado di vincere appena da quelle parti, dove il livello è molto più basso, invece passo dopo passo è arrivato fino ad ambire ai top 100. Dal Roland Garros del 2014 ha deciso di cambiare l’allenatore e unire le forze col fratello, passando sotto la guida di Markus Hipfl, numero 63 del mondo nel 2002. Era nel miglior periodo di sempre, col primo Challenger vinto e il best ranking (140) in tasca, e le nuove cure avevano il chiaro obiettivo di portarlo nei top 100. Ma da Parigi in avanti la schiena gli ha creato grossi problemi, trascinati per tutta la seconda parte dell’anno. Assalto rimandato di dodici mesi. “Durante l’inverno abbiamo fatto un grande lavoro, mi sento un giocatore migliore, Markus mi ha aiutato tantissimo. Abbiamo un grande feeling, e lui sa benissimo come funziona questo mondo, perché ci è passato lui stesso non troppo tempo fa”. Il 13 luglio Melzer compirà 25 anni, ma la storia recente insegna che c’è tempo per sfondare. “Guardate Estrella, ha giocato solo Futures e Challenger fino a 33 anni, poi è diventato un altro giocatore. Oppure anche Haider-Maurer, entrato fra i 50 a 28 anni”. Ora che il fratello è in fase calante e fra non molto saluterà definitivamente i top 100, tocca a lui tenere alto il nome della famiglia. Nel giro di tre mesi ha battuto sia Thiem che Haider-Maurer, numero 1 e 2 d’Austria, dimostrando ai suoi connazionali di essere all'altezza del compito. “Sento di avere quel livello, ma non per tutta la durata di un incontro, o per più volte nell’arco della stessa settimana. Invece, bisogna riuscirci per cinque partite. Per entrare tra i primi 100 serve costanza”. L’obiettivo? "Raggiungere il main draw del prossimo Australian Open". Il sogno? “Diventare numero 8 del mondo”. Non è servito chiedere perché.
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