Un rigore di tale Jonas Hector ha fatto calare il sipario su un sudato sabato sera all’italiana. Abbiamo sofferto, sperato, sognato, ci siamo illusi di metterlo per l’ennesima volta in quel posto là ai nemici di sempre, per poi scivolare dolcemente verso una sconfitta che fa male. Si chiude così la settimana dell’italiano-medio, mentre tutt’altre sensazioni arrivano dal mondo della pallina fluorescente.
Alla canicola italiana, dall’altra parte della Manica rispondono con una freschezza quasi eterea, forse troppo. Siamo a Wimbledon, signori. Dove si scrive la storia, dove tutto è solenne, dove la tradizione prevarica il buonsenso. C’è però un’eccezione. Ancor più importante del buon Querrey che recide i sogni di Grande Slam djokoviciani, a causa delle eccessive (maddai? A Londra?) precipitazioni che hanno paralizzato il programma si è deciso per la soluzione estrema: giocare nella famigerata middle sunday. Una scelta ai limiti del sacrilego per le mummie britanniche, ma necessaria per allineare i tabelloni agli ottavi di finale e “salvare” un torneo funestato dalla pioggia. il risultato? 27 minuti! Tanto è bastato per polverizzare i 22 mila biglietti messi a disposizione. Non male, vero?
L’epilogo della prima settimana degli Slam è sempre un giro di boa sufficiente per poter tracciare i primi bilanci. Prima ancora di addentrarci tra top&flop, è opportuno sottolineare come Giove Pluvio abbia inevitabilmente (ma anche irrimediabilmente) condizionato il torneo falsando senza dubbio alcuni verdetti. Coi se e coi ma non si fa la storia, ma è palese che sezionare le partite (o addirittura spalmarle in più giorni) alteri il naturale svolgimento delle stesse favorendo ora l’uno ora l’altro giocatore. È altrettanto chiaramente una situazione a cui né il direttore del torneo né qualunque altro essere umano può porre rimedio, ma sembra giusto ricordarlo.
IL SUICIDIO-DJOKOVIC. Poste le dovute premesse, è finalmente giunto il momento di analizzare quanto accaduto nei primi sette giorni. L’evento del torneo – ma anche dell’intera stagione – è banalmente la roboante vittoria di Sam Querrey ai danni del dominatore del mondo con racchetta in mano Djokovic. Col ragazzone di San Francisco, che più del surfista della West Coast ricorda il secchione sfigatello del liceo, avanti di due set al calare delle tenebre nella serata di venerdì, i più ingenui sono andati a ripescare la vicina memoria di dodici mesi fa quando Nole rimontò due set a un altro lungagnone, Kevin Anderson. Le due partite sono state molto diverse, paragonabili forse solo per (il parziale) punteggio. Querrey ha giocato bene, non divinamente. Djokovic ha disputato invece un match disastroso, un orrore sublimato nel tie-break del quarto set che in 12 punti spiega la débâcle . Difficile ricordare un tie così brutto per il numero uno del mondo, basti pensare che – oltre a gettare due mini-break di vantaggio in avvio – dei cinque punti racimolati dal campione di Belgrado due arrivano da altrettanti ace e altri due sono figli di regaloni del californiano (smash orripilante nel punto di apertura, dritto comodo fallito sul 2-1 Djokovic). Considerato che Sam è stato aiutato poco o nulla dal fedele amico-servizio nel tie-break, in buona sostanza la partita Djokovic l’ha persa scambiando da fondo. Il tutto dopo aver servito per il set (e quindi di fatto per il match) sul 5-4, e contro un avversario che dalla baseline ha un evidente disagio tecnico in particolar modo nel rovescio, un colpo davvero ridicolo a questi livelli. Insomma una sconfitta allucinante. A chi sottolinea i 30 e passa ace scagliati da Querrey nel solo quarto parziale (una cifra spaventosa), va ricordato che in quello stesso set Djokovic era arrivato per 12 (dodici!) volte a palla break. Ergo, non si tratta della canonica impresa del “giorno da leone” tipo Soderling contro Nadal a Parigi per intederci, ma di un autentico (quanto inspiegabile) suicidio sportivo.
Come è stra-noto, Djokovic è costretto a un doloroso ciaone al Grande Slam, impresa che resta senza padrone dal 1969 quando a firmarla (per la seconda volta) fu Rod Laver, e interrompe una fantascientifica striscia di 30 match vinti nei Major, e va bene così. I record sono fatti per essere battuti – si ripete come un mantra nella storia dello sport – ma in fondo quando vengono battuti si rosica un po’ tutti.
BERNIE ODI ET AMO. Nel resto della combriccola – tutta abbastanza eccitata all’idea di uno Slam con Djokovic fuori dalle scatole – spiccano i due bad boy australiani Bernie&Nick. Come ampiamente previsto dalla lungimirante terza puntata della rubrica, Tomic a Wimbledon si ricorda di essere un tennista e di avere anche una certa dose di talento. Bernardo ha staccato il pass per gli ottavi di finale e ora, con Pouille dall’altra parte della rete a contrastarlo, non può che pensare in grande. Al solito, per comprendere Tomic andrebbe rispolverato il più celebre epigramma di Catullo – Odi et amo – tanto è fluttuante il suo essere giocatore tra il fenomenale e lo sconcertante. Tomic si ama, e poi si odia, e poi si ama. Ha una facilità di tennis imbarazzante e una pulizia d’impatto con la pallina unica al mondo, mentre il problema principale resta quello nella superficie delimitata dalle orecchie. Ha fatto sembrare modesto uno come Verdasco, ha umiliato uno come Bautista, ma ha anche provato ad andare al quinto contro Radu Albot. Il discorso è il medesimo da ormai troppo tempo e probabilmente resterà sempre così, ma – in un orizzonte tecnico simile a quello odierno – tra il prendere e il lasciare, si prende eccome.
Chi invece ha una testa ben pensante e una personalità fin troppo accesa per un ventunenne è Nick Kyrgios, la vera scheggia impazzita del tennis versione 2016. Purtroppo il ragazzo di Canberra dovrebbe cedere il passo oggi ad Andy Murray, anche se sarà intrigante ammirare lo scozzese vestire per la prima volta i panni del favorito in uno Slam. Di Federer è meglio non parlare, anche perché ci sarebbe veramente poco da dire dato che il torneo dell’elvetico comincerà, in sostanza, soltanto oggi contro Johnson vista l’inesistenza degli avversari dei primi tre turni. La prematura uscita di Djokovic avrà senz’altro riacceso mire-Slam mai sopite nel ragazzo di Basilea, ma il romanticismo dell’ottavo sigillo e del Major numero 18 dovrebbe tristemente scontrarsi col raziocinio o, più concretamente, col cannone di Milos Raonic nell’ipotetica semifinale. Chi ride, nel complesso, è la Francia che intraprende gli ottavi di Wimbledon con quattro alfieri come non accadeva da quasi un secolo (1929). Ai moschettieri Tsonga e Gasquet, si sono aggiunti il mastica-erba Mahut e Pouille, mentre hanno abbandonato anzitempo la compagnia Monfils e Simon.
CASA-AZZURRI. Dopo il disastroso Roland Garros, per i colori azzurri qualcosa è migliorato in quei Champioships quasi sempre indigesti, pur restando in quel solco di mediocrità ormai abituale. Cinque degli otto partenti si sono spinti fino al secondo turno, dove però la sola Vinci è riuscita ad avanzare. Il rimpianto più grande, manco a dirlo, arriva da Fognini che conduceva a sorpresa due set a zero contro Feliciano Lopez per poi naufragare in un triste 6-3 periodico, con tanto di compilation di insulti a fine gara tra Feli e Perlas, coach del Fogna ed ex (coach) proprio dello spagnolo. Ogni torneo che passa è la riprova che, pur sforzandoci, non riusciremo mai a capire Don Fabio: al primo turno il ligure stava per incappare in una miserabile sconfitta contro Delbonis – uno che per intenderci ha giocato cinque partite in carriera su erba senza mai vincere un set – e due giorni dopo si è trovato a un passo dal rifilare tre set a zero a uno dei più riconosciuti specialisti dei prati. Per il resto, spiace dover commentare la sconfitta del kid di Caldaro – la nostra più grande speranza a Wimbledon – che stava attraversando un buon periodo di forma ma la sorte gli ha donato Raonic al secondo turno, una sentenza senza appello.
P.S. Tra gli sbadigli generali e in attesa della finale, procede anche il torneo femminile. La Muguruza, neo campionessa a Parigi e finalista uscente all’All England Club, ha perso al secondo turno (sai che novità..), mentre il fatto più intrigante della settimana è relegato nel campo statistico e riguarda la Guerra Fredda che il tabellone propone: delle 16 rimaste, 4 sono statunitensi e 4 russe. Per questa settimana è tutto, in attesa di ammirare Serenona alzare il settimo piatto regale sabato 9 luglio.