da Londra, Giorgio Spalluto – foto Getty Images
“Muchas gracias amigo”. E’ questo il ringraziamento che Nole Djokovic, nell’intervista post partita, riserva a Diego Armando Maradona, presente per il secondo giorno consecutivo qui alla O2 Arena. Dopo aver ammirato un po’ in disparte le gesta di Roger Federer, oggi il “Pibe de Oro” ha pensato bene di chiedere ospitalità al box del numero 3 del mondo, da sempre molto sensibile al fascino delle grandi star, non solo dello sport. Molti ricorderanno come agli US Open del 2007, nella prima finale di slam della sua carriera, pensò bene di dare ospitalità nel suo angolo a un certo Robert De Niro. La popolarità newyorkese dell’interprete di Jake LaMotta in “Toro scatenato” era indubbiamente superiore a quella di Maradona che qui in Inghilterra è principalmente ricordato per la famigerata “mano de Dios”. Djokovic ha voluto immediatamente sedare i primi moti di protesta del pubblico, ringraziando accoratamente il Pibe per la sua presenza, esprimendo tutto il suo apprezzamento per quanto fatto dall’argentino in carriera, sia con i piedi che con le mani…
Le doti da showman del serbo non le scopriamo certamente oggi. Come non c’era bisogno di aspettare la partita odierna contro Berdych per smascherare il bluff messo a punto nei giorni scorsi, quando aveva dichiarato di puntare esclusivamente sull’imminente finale di Coppa Davis. “Al Masters ci ho già giocato e credo di poterci tornare in futuro. Non so quante volte mi capiterà di giocare una finale di Davis in casa. Forse mai più”.
Il Djokovic visto all’opera quest’oggi è parso paradossalmente più centrato del solito. Partire a fari spenti potrebbe rivelarsi un vantaggio per un giocatore che non sempre è riuscito a gestire la pressione nel migliore dei modi. Il termometro del suo stato di forma in questo momento è dato dal servizio che piano piano sta tornando ai livelli di eccellenza del 2008. “Non mi sono qualificato per caso”. Era stato questo il monito lanciato alla vigilia da Tomas Berdych, perfettamente conscio delle non eccelse impressioni destate negli ultimi 3 mesi: tre vittorie negli ultimi 13 incontri, il bilancio altamente deficitario del numero 6 del mondo, all’esordio in una manifestazione che ti propone fin dal primo turno uno dei più forti giocatori del mondo.
Che non sia giornata per Tomas lo si capisce sin dal primo gioco. Due doppi falli spianano la strada al serbo che si porta avanti subito di un break. Lo strappo potrebbe essere ancora più sanguinoso per il numero 6 del mondo se Nole sfruttasse ben 4 chance per il 3-0 “pesante”. Berdych rimane in scia ma commette troppi errori, ben distribuiti tra dritto e rovescio. Saranno 19 alla fine di un set che si chiude con il punteggio di 6-3, conseguenza diretta del secondo break operato proprio in chiusura, da un Djokovic praticamente impeccabile in battuta (solo 5 i punti ceduti al servizio).
Anche il match odierno conferma come su questa superficie i picchiatori siano oltremodo sfavoriti nei confronti dei cosiddetti “counterpuncher”. Lo ha dimostrato ieri Murray, riuscendo a contrastare tutte le accelerazioni di Soderling. Lo ha dimostrato lo stesso Federer con il suo misero bottino di 6 ace, lui che a Basilea e Parigi Bercy ne aveva messi a referto a dozzine. Le accelerazioni del bombardiere ceco sono facile preda di un Djokovic molto lesto a mettere i piedi in campo su ogni palla interlocutoria dell’allievo di Krupa. Il secondo set non presenta particolari variazioni sul tema. A deciderlo è un break nel secondo gioco che regala a Djokovic un vantaggio incolmabile, almeno oggi, per Berdych, incapace di procurarsi una singola palla break.
Si chiude dopo un’ora e 28 minuti il terzo match a senso unico di questo “Masters” che per ora stenta a decollare, in attesa dell’esordio di “Re” Rafa. A Roddick il compito di vivacizzare un girone il cui esito appare scontato.
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