C'è un gran parlare della Next Generation, ma di Noah Rubin non si parla granché. Forse perché altri gli stanno davanti, o forse perché viene da un 2016 colmo di infortuni. Tuttavia, se diamo un'occhiata alla (giovane) ATP Race to Milan, oggi l'americano sarebbe qualificato. “Le Next Gen ATP Finals sono una motivazione enorme – ha detto Rubin al sito ATP – per me sarà un bel test. Proverò a qualificarmi e ad essere coinvolto in questo grande torneo”. A metà 2016, il simpatico Noah si è gravemente infortunato a una caviglia. Anche per questo, aveva motivazioni enormi durante la preparazione invernale. Presso il quartier generale di Boca Raton ha lavorato anche nove ore al giorno, tra campo e palestra. Il duro lavoro paga sempre: non solo il buon match con Federer a Melbourne, ma anche il secondo titolo Challenger a Launceston (il primo risaliva al novembre 2015, a Charlottesville). “L'anno scorso ho avuto qualche problema di natura mentale. Ero appena diventato professionista, avevo fatto bene in Australia, ma poi i cattivi risultati sulla terra mi avevano buttato giù. La mia famiglia e i miei amici mi hanno aiutato a restare concentrato, dicendomi che dovevo soltanto allenarmi e migliorare”. Attualmente il suo team è composto da Stan Boster (tecnico USTA) e dall'ex top-15 Robby Ginepri, semifinalista allo Us Open 2015. “Noah è dotato di un'intelligenza sopra la media e riesce a trasferire rapidamente sul campo tutte le informazioni che gli diamo” dice Ginepri.
L'ESPERIENZA DI ROBBY GINEPRI
Nel 2017, l'obiettivo sarà giocare più tornei possibili nel circuito maggiore, poiché ad oggi ne ha vissuti soltanto sette. Ma stiamo pur sempre parlando di un ragazzo che meno di tre anni fa vinceva la prova giovanile di Wimbledon, con ambizioni che vanno ben oltre l'attuale numero 172 ATP. “Negli ultimi mesi ho imparato molto di me – racconta Rubin – il match contro Federer mi ha fatto capire un po' di cose, su come far crescere il mio gioco. Con il mio ranking attuale, e la possibilità di non avere nulla da difendere da maggio a settembre, posso spingere il più possibile. Il rovescio funzionava già bene, ma adesso la mia arma principale è il dritto. La parte atletica è sempre stata un punto di forza, ma adesso è a un altro livello. La cosa più importante è che adesso sono maturo a sufficienza per fare quello che mi chiedono Robby e Stan”. Il team è completato da papà Eric e da Lawrence Kleger, il suo primo maestro. Lo conosce sin da quando aveva otto anni: “a differenza di ogni altra persona, capisce al volo se sto facendo qualcosa di sbagliato sia in allenamento che in partita”. Rubin è particolarmente contento del supporto di Robby Ginepri. A suo dire, riesce a rendere ogni allenamento divertente e interessante. “Io provo a mettere la mia esperienza a disposizione di quello che lui sente durante la giornata – dice Ginepri – Noah possiede grande fiducia e autostima. Finchè manterrà questo atteggiamento, non vedo ragioni per cui non possa fare grandi cose”. Dopo l'ottima campagna australiana, Noah si è fermato per ricaricare le batterie. Scelta curiosa, visto che il calendario proponeva tornei interessanti come Memphis, Delray Beach e Acapulco. Significa che le ambizioni sono grandi. Che gli interessano i punti pesanti. Che la partita con Federer gli ha davvero insegnato qualcosa. E Milano non è un miraggio.