E’ la proposta di Daniel Nestor. “Il tennis rischia di diventare un po’ noioso. Così facendo, ci sarebbero ancora più punti importanti. E i migliori vincerebbero lo stesso”.
Secondo Daniel Nestor, la regola del "no-ad" farebbe la fortuna del tennis
Di Riccardo Bisti – 28 novembre 2013
L’idea arriva da Daniel Nestor, il giocatore più anziano del tour. Il Canada è improvvisamente diventato un paese “cool”, con l’arrivo di Milos Raonic, l’esplosione di Vasek Pospisil e l’emergente Eugenie Bouchard. Eppure, il titano del tennis canadese è sempre lui, nato a Belgrado ma trasferitosi da piccolo, tanto da non provare alcun sentimento per il paese d’origine. L’ottima stagione del tennis canadese ha generato attenzione, titoli, interviste. E ne ha beneficiato anche Nestor, che in oltre 20 anni di carriera ha guadagnato circa 11 milioni di dollari. Eppure non è mai stato considerato granchè, nonostante vanti una storica vittoria su Stefan Edberg in Coppa Davis e un miracoloso oro olimpico a Sydney 2000, in coppia con Sebastien Laureau. E' reduce da una brutta stagione, in cui ha spesso cambiato partner, ed è sceso dal numero 5 al numero 25 WTA. “L’errore è stato giocare con Bhupathi, un ‘anziano’ come me, a inizio stagione. Tra giocatori esperti è difficile trovare subito l’alchimia, poi Mahesh ha dovuto cambiare lato di competenza. Ancora oggi mi domando cosa avessi per la testa l’anno scorso, quando ho deciso di giocare con lui”. C’è poi stata la parentesi con Robert Lindstedt, troncatata in estate, e l’avventura con Vasek Pospisil, con il quale ha vinto due grandi doppi in Davis, contro Italia e – appunto – Serbia. “Avremmo dovuto fare l’autunno insieme, ma lui è andato troppo bene in singolare e allora ho dovuto cercare dei partner all’ultimo momento”. Nel 2014, si ricomporrà il duo con Nenad Zimonjic. Obiettivo minimo, tornare al Masters.
Le cose più interessanti, tuttavia, Nestor le ha dette sul singolare, abbandonato tanti anni fa. Fisicamente non ce la faceva più, era sempre infortunato, e allora si è accontentato di un best ranking al numero 58 ATP e di un ottavo a Wimbledon 1999. “Quando c’è un dominatore come Federer, tutti gli altri cercano di raggiugere il suo livello. E’ una questione di motivazioni, forse gli altri ne hanno di più. Ma se Roger avrà ancora il sacro fuoco della passione, vivrà un’ottima stagione. A volte ho l’impressione che gli avversari siano più disposti a correre, mentre lui voglia chiudere subito lo scambio”. Federer torna in mente quando Nestor lancia la sua proposta-shock per migliorare lo spettacolo. “Non ho dubbi: dovrebbero mettere la regola del no-ad anche in singolare. Sarebbe molto più divertente. Il tennis sta vivendo un ottimo momento perché ci sono grandi atleti e belle rivalità, ma tanti altri sport hanno cambiato le regole per essere più interessanti. Negli ultimi anni il tennis è cambiato: gli scambi sono lunghi, la gente voleva quello”. Ma c’è qualcosa che non lo convince: “I punti sono diventati tutti uguali, i giocatori hanno lo stesso stile e può diventare un po’ noioso. Cambiando il sistema di punteggio, ci sarebbero molti più punti importanti. E sarebbe un bonus. In doppio si adotta questo sistema da tempo e le percentuali di vittoria non sono cambiate. I più forti continuano a trionfare. Sarebbe così anche in singolare, e i fans sarebbero ancora più contenti”.
Il no-ad è la risoluzione del game sul 40-40. Il giocatore in risposta decide il lato da cui il battitore dovrà servire, e chi vince il punto si aggiudica il game. L’esperimento è stato introdotto nel doppio qualche anno fa, quando l'ATP era guidata da Etienne De Villiers, e ha avuto un buon successo. Per il doppio è l’ideale: consente di accorciare le partite, con una serie di effetti collaterali positivi: gli order of play non vengono stravolti dal doppio, le carriere dei tennisti si allungano (Nestor è solo uno degli esempi) e i top-players hanno la possibilità di giocarlo perché non è così dispendioso. Introdurlo in singolare? Il ragionamento di Nestor fila, ma in uno sport ultra-tradizionale come il tennis è difficile pensare a un cambiamento di questa portata. In realtà, 40 anni fa nessuno pensava che il tie-break potesse diventare così importante, invece è successo. E allora, il tennis sarebbe pronto per passare al no-ad? Le TV sarebbero contentissime, perché la durata degli incontri sarebbe più gestibile, eliminando lo storico principio del “dover fare due punti in più dell’avversario”. E forse si allungherebbero anche le carriere dei singolaristi. Uno come Roger Federer, ad esempio, avrebbe più di un beneficio. Tuttavia, la storia sarebbe spazzata via e non ci sarebbero match dall’enorme fascino come ne abbiamo vissuti in 136 anni di tennis, da quando si è giocata la prima edizione di Wimbledon. Sarebbe un altro sport. Il tennis è davvero pronto per cambiare così radicalmente? E, soprattutto, succederà mai?
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