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È vero che le statistiche del match mettono in evidenza il misero 18% di Federer nella conversione delle palle-break, che vuol dire averne realizzate appena 2 su 11, ma in realtà non è un dato così significativo. Ben 9, infatti, sono arrivate nel primo set, che lo svizzero ha comunque vinto per 6-2, giocando la partita che doveva giocare: veloce, senza sbavature. Il problema, se mai, è il calo di rendimento accusato in avvio di secondo, che ha rimescolato di colpo le carte. Un break ha dato subito il 3-0 (e tanta fiducia) a Goffin, Federer ha giocato malissimo la palla del contro-break sul 2-4, spedendo lungo un diritto, e si è trovato al terzo. E finire al set decisivo, contro il Goffin che nel 2017 al terzo set ha perso appena 5 match vincendone oltre 20, è stata l’avvisaglia di ciò che sarebbe successo poco più in là. Il belga ha continuato a mettere pressione a Federer servendogli sul rovescio, a rispondere spesso e bene, e a togliergli il tempo giocando d’anticipo. Una tattica che sull’1-1 gli ha permesso di allungare ancora, definitivamente. Ha pasticciato nel game successivo, spendendo lungo un diritto a campo aperto e commettendo un pericoloso doppio fallo, fino a concedere immediatamente la palla del contro-break. Ma l’ha salvata buttandosi a rete, più per insicurezza che per coraggio, è salito sul 3-1 e negli ultimi tre game di servizio ha dato una bella risposta a chi l’ha sempre tacciato di scarsa personalità e ancor meno coraggio nei momenti decisivi. A Federer è mancato il guizzo, ma lui ha giocato da campione, fregandosene del braccio che tremava ogni game sempre di più. Il primo l’ha tenuto a zero, il secondo pure, e sul 5-4 ha messo subito in chiaro come sarebbe andata a finire sparando due ace consecutivi. Con un servizio vincente ha chiuso i conti e completato il sogno che gli era sfuggito sei volte su sei, reso ancor più bello dal sorriso di Federer, che a rete gli ha dato una pacca e si è complimentato con lui.
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“Non ho parole – ha detto Goffin dopo il successo, visibilmente emozionato – e non so descrivere come mi sento. Sono molto felice, concento di aver giocato questo match, contro Roger, di fronte a questo pubblico. Quando è iniziato il match non mi sentivo bene, ero nervoso, ma dal secondo set ho iniziato a sentire meglio la palla, e così è andata fino alla fine. Nei momenti delicati mi ha aiutato il servizio, e ho giocato molto bene col diritto. È stato il mio giorno”. Un grande giorno per lui, uno da dimenticare per Federer, che ha completato male un torneo poco brillante sin dall’inizio. Va bene l’ammirazione per lo stile e la grazia, che fanno passare tutto il resto in secondo piano, ma va detto che in queste ATP Finals il miglior Federer non si era mai visto. Contro Sock ha faticato con rovescio e spostamenti, contro Zverev ha sofferto al servizio e nella gestione tattica del match, contro Cilic si è mostrato poco cinico per buona parte dell’incontro, e il duello contro David Goffin ha riassunto tutte le difficoltà già notate nel corso della settimana. C’è poco da dire: il belga ha fatto quasi tutto meglio e l’ha condannato al KO. Chiudere l’anno così fa male: i due Slam, i tre Masters 1000 e le quattro vittorie (su quattro) contro Rafael Nadal non glieli toglierà nessuno, ma la sconfitta contro Goffin resta una discreta macchia. La settima corona di maestro aspettava solo lui e solo lui poteva perderla. E l’ha persa.
NITTO ATP FINALS – Semifinale
David Goffin (BEL) b. Roger Federer (SUI) 2-6 6-3 6-4
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