Che botta. Alla vigilia dello Us Open, Kei Nishikori si era detto più che ottimista. Aveva fin rilasciato dichiarazioni inusuali, almeno per uno come lui. Era carico, galvanizzato da un tabellone non proibitivo fino alla semifinale contro Novak Djokovic. “Perdere la finale contro Cilic fu molto deludente, ma ho imparato molto da quella situazione. Non a caso ho vinto due tornei di fila subito dopo. Quest'anno sarà tutto diverso, ma so come si arriva in finale”. E invece, ecco la sorpresa: fuori al primo turno contro Benoit Paire, giocatore talentuoso, imprevedibile, divertente, ma che gli sembrava inferiore. Giocatore che quest'anno aveva giocato persino un future per rimettere in piedi una classifica che piangeva (a causa di un infortunio, per carità). Per uno che ha respirato l'inferno del circuito, cosa saranno mai due matchpoint da salvare nel tie-break del quarto set? E così il francese ha realizzato la più grande sorpresa di giornata, imponendosi col punteggio di 6-4 3-6 4-6 7-6 6-4. Numeri alla mano, la sua miglior vittoria in carriera, maturata in 3 ore e 14 minuti e con un gran caldo. E pensare che aveva perso entrambi gli scontri diretti contro un Nishikori che aveva vinto a Washington ed era giunto in semifinale a Montreal, salvo poi rinunciare a Cincinnati per rimettere in sesto il fisico. Ma proprio il fisico non gli ha dato una mano nel quinto set, quando è stato inesistente in risposta. Perso il servizio nel quinto game, ha raccolto la miseria di due punti negli ultimi tre turni di servizio. Paire ha servito bene, tenendo percentuali lusinghiere, e gli ha sparato in faccia l'ace numero 21 sul matchpoint. Più in generale, il francese ha giocato un match aggressivo, chiudendo con ben 64 vincenti, quasi il doppio rispetto a Nishikori. La tattica ha pagato, anche se Nishikori si mangia le mani per i due matchpoint sciupati, in particolare il primo, dove ha messo un dritto in corridoio dopo uno scambio lungo. Meno colpe sul secondo, dove Paire ha tirato un gran servizio.
VUOTO DI POTERE NELLA PARTE ALTA
Questo risultato farà piacere a Novak Djokovic e spalanca la parte alta del tabellone a qualsiasi soluzione. Tenendo conto che David Ferrer è appena rientrato dopo due mesi di stop (infatti ha ceduto un set a Radu Albot), non c'è un vero favorito per un posto in semifinale. Ci sono i francesi Monfils e Tsonga, ma riaffiora una suggestione di nome Marin Cilic. Il campione in carica ha esordito in un match “tranquillo” contro Guido Pella e avrebbe affrontato Nishikori nei quarti. Non crediamo che la pressione lo danneggi più di tanto, quindi…chissà che non possa andare più avanti del previsto. A meno che non diventi il torneo di Benoit Paire. “Quando ho saputo che avrei affrontato Nishikori, ho detto: 'Accidenti, che sfortuna' – ha detto il francese – però ricordavo di aver giocato due buoni match contro Kei. Non è come affrontare Federer, contro Nishikori sai di poter almeno giocatore”. Il giapponese aveva detto di stare bene fisicamente, ma non è parso così reattivo. “In realtà Benoit è stato molto aggressivo, ci sono stati diversi scambi ed è stata dura prendere il ritmo – si è difeso Nishikori – inoltre ha piazzato tanti buoni servizi e palle corte”. La sconfitta di Nishikori ha una valenza storica: era dal 1999 che un finalista dello Us Open non perdeva al primo turno dell'edizione successiva (la vittima fu Pat Rafter, addirittura vincitore nel 1998). Uno scivolone che fa rumore, sia per le conseguenze che per quanto detto da Nishikori alla vigilia. “Alloggio nello stesso hotel, con le stesse persone dell'anno scorso. Credo sia molto importante ripetere la routine”. E' stato un terribile boomerang. Nessun problema di questo tipo per Novak Djokovic, il cui esordio è stato più che morbido: un triplo 6-1 a Joao Souza gli è servito a prendere confidenza con il nuovo Arthur Ashe Stadium. Molto difficile che qualcuno lo metta in difficoltà prima dei quarti. Ma attenzione: Nishikori insegna…