29 campi e 500.000 spettatori sono solo alcuni dei maestosi progetti di Indian Wells: parola del CEO Raymond Moore. “Ma gli Slam hanno la storia, non li vogliamo scalzare. Occhio alla Cina…” 
Il BNP Paribas Open ospita più spettatori di qualsiasi altro torneo ATP-WTA
 
Di Riccardo Bisti – 12 marzo 2013

 
L’arrivo del magnate Larry Ellison ha messo tutti d’accordo: Indian Wells è il miglior torneo dei circuiti ATP e WTA. A parte episodi che non c’entrano nulla con l’organizzazione (il terremoto, qualche scroscio di pioggia), giocatori e pubblico amano alla follia questo torneo. I top players (Federer, Nadal, Djokovic, Sharapova, Azarenka e Ivanovic) hanno risposto all’appello di Ellison per scattare qualche foto promozionale per il via ai lavori di costruzione del nuovo stadio. Indian Wells è l’unico torneo (Slam compresi) ad avere il sistema di verifica elettronica delle palle su tutti i campi, e qualche anno fa è diventato il primo torneo extra-Slam a offrire un milione di dollari ai vincitori (al netto delle tasse è molto meno, ma questa è un’altra storia). “Vogliamo continuare a spingere in questo senso” ha detto Raymond Moore, 66 anni, amministratore delegato in prima linea nella battaglia con l’ATP per l’aumento del montepremi. “Abbiamo sviluppato un piano di espansione di cinque anni, con obiettivi ben precisi. Vogliamo rafforzare il nostro business e rendere felici i giocatori. I tennisti sono il prodotto, non puoi fare nulla senza di loro e vogliamo il loro sostegno al 100%. Per questo vogliamo rendere le condizioni migliori possibili”. Tra le peculiarità più apprezzate c'è il gran numero di campi. I tennisti non devono sgomitarsi per giocare, e nemmeno condividere lo stesso campo con qualche collega (magari sgradito). “Dall’anno prossimo avremo 29 campi – dice Moore – nove per il torneo, venti dedicati agli allenamenti”.
 
E’ prassi regolare che i tennisti debbano traslocare per allenarsi. Succede anche agli Internazionali d’Italia, dove il Tennis Club Parioli mette a disposizione i propri campi per dare una mano al torneo. Nonostante tutto, qualche mese fa Gilles Simon si lamentò dicendo che era difficile trovare un campo. Ma succede un po' ovunque. “I giocatori apprezzano il fatto di non dover andare altrove. Da altre parti, le superfici possono essere diverse e la superficie più veloce o più lenta”. Moore è sudafricano e ha giocato negli anni 70, vincendo una decina di titoli di doppio. Essendo stato un giocatore, sa quali sono i punti da battere. Hawk Eye su tutti i campi, ad esempio, è stata una gran trovata. “Se sei un giocatore di bassa classifica, hai esattamente lo stesso trattamento del numero 1. C’è davvero parità di condizioni”. Sebbene le potenzialità economiche di “Mr. Oracle” Ellison siano illimitate, non c'è l'intenzione di fare la guerra agli Slam. Su questo punto, Moore la pensa diversamente rispetto a Ion Tiriac, furioso con l’establishment del tennis che tutela eccessivamente le tradizioni. “Noi pensiamo che quattro Slam siano abbastanza. I Major hanno più di 100 anni di storia, noi non rientriamo in questa categoria”. Il torneo è nato nel 1976: dopo cinque edizioni presso il Mission Hills Country Club di Coachella Valley, si è spostato a La Quinta nel 1981 salvo poi trovare casa a Indian Wells nel 1987. Il trasferimento definitivo risale al 2000, anno dell’inaugurazione del gioiello attuale, l’Indian Wells Tennis Garden. Ci sono stati anche anni difficili, il rischio di fallimento…fino a quando Larry Ellison si è comprato il giocattolo e ci ha costruito un palazzo.
 
Parlando di potenziali rivali al di fuori dello Slam, Moore menziona Shanghai, Madrid e Miami. “La Cina è un mercato enorme, chissà…alla lunga, proprio Shanghai potrebbe diventare il quinto Slam. E’ già un grande evento e diventerà ancora più importante. Noi vogliamo semplicemente fare del nostro meglio, tenendo conto delle condizioni. Slam a parte, vogliamo essere i migliori”. La gente lo ha capito, affollando in massa il deserto della California. Nessun torneo ATP o WTA raggiunge i loro numeri, ma il distacco è destinato a crescere. Lo scorso anno sono arrivati 370.000  spettatori, ma Moore vuole toccare quota 500.000 entro cinque anni. “Spero che già quest’anno si possa arrivare a 400.000. Dipende dalle condizioni meteorologiche e da come si sviluppa il tabellone". I progetti di crescita (il nuovo stadio, due ristoranti e quattro campi nuovi) prendono spunto da Wimbledon. “A Londra non fanno nulla che non sia programmato con almeno due anni d’anticipo. C’è voluto un po’ di tempo per avere l’autorizzazione, ma adesso che abbiamo avuto l’OK definitivo, inizieremo a costruire”. Non si perderà tempo: i lavori inizieranno subito dopo il torneo, il 18 marzo, e dovrebbero terminare in 10 mesi e mezzo. “Chi verrà l’anno prossimo non potrà credere ai propri occhi. Sarà tutto diverso”. C'è da crederci.