Doveva essere la nuova stella del tennis americano. Oggi Melanie Oudin gioca i tornei minori ed è lieta di non avere pressione. “Ma se torno forte stavolta non crollo più”.
Melanie Oudin ha avuto un bagno di popolarità tra il 2009 e il 2010
Di Riccardo Bisti – 8 febbraio 2012
Melanie Oudin è cresciuta troppo in fretta. Secondo qualche addetto ai lavori, la sua più grande disgrazia è stato il quarto di finale colto allo Us Open 2009. Aveva 17 anni e mise in fila, una dietro l’altra, Maria Sharapova, Elena Dementieva e Nadia Petrova. Divenne la più giovane americana ad andare così avanti allo Us Open dai tempi di Serena Williams. Con le sue scarpe gialle e la scritta “Believe!” sembrava poter diventare la nuova numero 1 del tennis yankee. “Fu un’esperienza surreale – racconta oggi – per me fu un grande shock, l’attenzione che ho ricevuto è stata pazzesca”. Oggi è scesa al numero 172 WTA e gioca i tornei minori. In questi giorni si trova a Midland, dove giocherà il “Dow Corning Tennis Classic”, torneo ITF da 100.000 dollari di montepremi. Da allora sono passati due anni, e i riflettori su Melanie si sono spenti, così come i risultati. Ma lei è contenta. “Non sento alcuna pressione” ha raccontato nella conferenza stampa prima del torneo “Adesso ci sono tante giovani americane in arrivo, e questo è molto positivo. E’ ottimo, perché ci sospingiamo l’uno con l’altro”. La Oudin è stata numero 31 WTA nell’aprile 2010, poi è crollata. L’ultimo match di rilievo è stata la vittoria nella finale di Fed Cup contro Francesca Schiavone, poi il 2011 è stato disastroso. Melanie ha vinto 10 partite a fronte di 33 sconfitte. A Ottobre si è fermata, ha cambiato allenatore e ha provato a riorganizzare il suo tennis.
Adesso Melanie è ottimista. In allenamento sta giocando alla grande, forse meglio rispetto al 2009. E poi c’è una statistica che alimenta le sue speranze: le ultime vincitrici dei tornei del Grande Slam sono tutte…anzianotte. La Schiavone aveva quasi 30 anni, Na Li pure, la Clijsters 28, la Stosur 27…solo Victoria Azarenka, vincitrice al recente Australian Open, ha abbassato la media. Questa statistica fa ricordare alla Oudine di avere ancora molto tennis davanti a sé. “Anche se sembra sia passata una vita, oggi ho appena 20 anni – squittisce la Oudin – spero di avere una carriera molto lunga. Ok, devo riorganizzarmi e ricominciare, ma voglio giocare ancora tanti anni”. Nel tennis non sono rari i casi di giocatori che esplodono da giovanissimi e poi hanno qualche problema a confermarsi su quei livelli, magari dopo rovinose cadute. Negli States lo sanno bene, dopo aver vissuto i casi di Andre Agassi e Jennifer Capriati. “Succede, è vero – prosegue la Oudin – è accaduto a diversi giocatori, ci sono un paio di giocatrici che me ne hanno parlato. E’ difficile tornare lassù, ma non è impossibile. Credo che sia una questione di tempo”.
La “fortuna” della Oudin sta nella minore attenzione su di lei. Diverse giocatrici americane stanno emergendo, fino a sfociare nella 15enne Taylor Townsend. In Fed Cup, la seconda singolarista accanto a Serena Williams è stata Christina McHale (la teenager con la più alta classifica WTA). C’è poi Irina Falconi, 21 anni, che lo scorso anno giunse in finale al torneo del Midland. Lo scorso anno, dopo quel risultato, è giunta al terzo turno allo Us Open (memorabile la sua danza con la bandiera americana) e ha vinto la medaglia d’oro ai Giochi Panamericani. Ci sarà anche quest’anno, in un seeding guidato da Lucie Hradecka e a cui avrebbe dovuto partecipare anche la nostra Camila Giorgi, che però si è ritirata in extremis (e con lei l’altra promessa americana Sloane Stephens). In passato, questo torneo ha ospitato giocatrici come Justine Henin e Maria Sharapova. “Di sicuro sono maturata molto – ha concluso la Oudin – penso che se dovessi ottenere un bel risultato, saprei gestirlo meglio. Non direi mai più: “Oh mio Dio, non ci posso credere, sono in TV davanti a milioni di persone”. Se non per sorridere, gli americani hanno almeno una ragione per sperare. O megari "crederci", come recitavano le scarpe di Melanie.
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