Dopo le vittoria di Miami Tennis Cup e Copa Peugeot, Nicolas Almagro è arrivato all’ultimo atto anche ad Abu Dhabi. E pensare che è l’unico top 40 a non aver mai raggiunto una finale Atp lontano dalla terra battuta… di MARCO CALDARA

di Marco Caldarafoto Getty Images

In un periodo in cui l’attenzione dei media è focalizzata principalmente sui problemi di Rafael Nadal e sull’ormai imminente inizio di stagione, Nicolas Almagro ha trovato il mondo di farsi notare. Malgrado nel 2012 sia stato il secondo top 20 per numero di tornei giocati (27, contro i 28 di Tipsarevic), lo spagnolo non ne ha voluto sapere di sfruttare le ultime settimane dell’anno per ricaricare le batterie. Al contrario, ha ripetutamente continuato a viaggiare, ingolosito dai preziosi ingaggi offerti dai tornei di esibizione, sempre più frequenti nell'off-season. Dopo aver giocato e perso a metà novembre l’ultimo match ufficiale del 2012 (il singolare decisivo della finale di Coppa Davis contro Radek Stepanek), il tennista di Murcia è volato prima a Miami e poi a Buenos Aires, per Miami Tennis Cup e Copa Peugeot, due tornei di esibizione nei quali ha messo tutti in fila. Non pago ha poi risposto “sì” anche alla chiamata degli organizzatori del Mubadala World Tennis Championship di Abu Dhabi, dove è giunto in extremis per sostituire l’assente Nadal e si è arreso solo all’ultimo atto a Novak Djokovic, dopo un match lungo e combattuto.

Una serie di sette vittorie in otto incontri che non fa scalpore, in quanto si tratta di semplici esibizioni (anche se perdere non piace mai a nessuno), ma per uno come Almagro è comunque molto significativa. Pur essendo numero undici del mondo e avendo conquistato 12 titoli Atp in 18 finali, il neo testimonial Lotto è infatti l’unico fra i primi quaranta della classifica a non aver mai raggiunto l’ultimo atto di un torneo Atp lontano dalla terra battuta. In carriera ha spesso saputo ben figurare anche sul veloce, cogliendo una volta i quarti di finale in tutti i quattro Masters 1000 americani (Cincinnati 2007, Miami 2010, Montreal 2011 e Indian Wells 2012) e raggiungendo quattro ottavi fra Melbourne e New York e anche i quarti alle ultime Olimpiadi, ma nel circuito non è mai andato oltre la semifinale, centrata in sole quattro occasioni spalmate fra 2010 e 2012. Un dato che fa riflettere, e spinge a due conclusioni, in totale controtendenza fra di loro. Il caso dello spagnolo è la dimostrazione che con un rendimento di primissimo livello sul rosso si può ancora arrivare fra i top 10 pur facendo pochi risultati sul veloce, ma allo stesso tempo è la prova che, salvo in rarissimi casi, è ormai praticamente impossibile arrivare in alto puntando solo sulla terra battuta.

Eppure, con un servizio di primissima qualità, una discreta mano e un’ottima velocità di palla (specialmente col suo magico rovescio a una mano), Almagro ha un tennis che ben si adatta ai campi rapidi. Ma, come si è visto nella finale di Davis, talvolta manca un po’ di carattere. Sulla terra riesce a sopperire alla propria lacuna grazie a tanta grinta, ma per giocarsela con i migliori anche sul rapido ha bisogno di qualcosa di più. Le recenti vittorie gli saranno sicuramente d’aiuto, per rifinire con ancor più motivazioni quella preparazione atletica che, fra un’esibizione e l’altra, ha potuto svolgere solo a sprazzi. Infatti per la prima volta dal 2006 inizierà la propria stagione direttamente con gli Australian Open, sfruttando le prime due settimane del 2013 per allenarsi al meglio. Ora ha dimostrato a tutti (sé stesso in primis) di poter dire la sua anche sul cemento e, se saprà tenere il rendimento delle ultime settimana per tutta la prossima stagione, non sarebbe una sorpresa vederlo arrivare costantemente fra i migliori anche nei tornei sul veloce. Grand Slam e Masters 1000 compresi.