
Rublev ha giocato (molto) meglio nel primo set, è andato avanti 2-0 e poi 3-1 nel secondo, ma quando il suo diritto ha subito un calo fisiologico, la partita è rapidamente virata dalla parte di Chung. Il sudcoreano l’ha ripreso, ha vinto il tie-break e col break in avvio di terzo ha firmato il sorpasso. Non è servito a molto in termini di punteggio, visto che si è lasciato riprendere poco dopo, ma gli è servito a prendere il comando psicologico del match, dopo la partenza in salita. Nel quinto game Chung ha allungato di nuovo e si è preso il terzo set, e nel quarto è subito passato al comando, obbligando Rublev a cedere nel game d’apertura con una difesa degna (ma seriamente) di un tale Rafael Nadal. Un break che ha tagliato le gambe al russo, troppo nervoso, troppo stanco di vedere la palla tornare sempre indietro, come se il suo diritto andasse meno del solito. In realtà, è stato quasi tutto merito di Chung. Il 21enne di Suwon ha avuto due championship-point sul 3-1, ma Rublev glieli ha cancellati entrambi, e quando con un doppio fallo sul 3-2 è finito sotto 30-40, un nuovo tie-break pareva all’orizzonte. Magari sarebbe stato un finale migliore, più spettacolare per il pubblico, ma non più corretto. Perché era da un pezzo che fra i due c’era una gran differenza. Per (sua) fortuna, Chung ha deciso che era il momento di far pesare anche il servizio: con una prima al centro si è preso il terzo match-point, con un’altra ha obbligato Rublev a una risposta corta, e sul diritto più importante della sua (breve) carriera non ha tremato. Palla da una parte, portiere dall’altra e titolo in cassaforte, il primo nel Tour maggiore per un tennista coreano dai tempi di Hyung-Taik Lee (2003).

Fra tutti i Next Gen visti a Milano, Chung è il meno personaggio: vuoi per quel look da “sfigato”, con gli occhiali e la faccia butterata, vuoi per dei colpi che non rapiscono. Ma ha un tennis che nel circuito moderno gli permetterà di fare davvero grandi cose. È uno di quei giocatori che a prima vista non emozionano, perché non ha il colpo risolutivo come il diritto-fucilata di Rublev, ma alla lunga diventa veramente difficile da battere, e ha nel fisico una delle sue armi principali. Forse la principale. Da quel punto di vista, dei giovani milanesi è quello che ha mostrato le qualità fisiche migliori, magari anche perché ci lavora più degli altri. Le gambe di Rublev sembrano due grissini, le sue sono il doppio, e gli hanno permesso di arrivare dappertutto. Per vincere deve fare più fatica degli altri – la statistica comparsa a fine secondo set dice che nel corso del torneo Rublev aveva corso circa 6 chilometri, lui 8 e mezzo –, ma il suo tennis ha una sostanza che per ora nessuno è riuscito a mostrare. Sa spingere, si difende alla grande, è continuo, fa quasi sempre la cosa giusta. Ha tutto per arrivare molto in alto, compresa la capacità di giocare bene nei punti importanti. Nel corso del torneo si era rivelato maestro delle palle-break salvate, cancellandone 27 su 35 (77%). In finale ne ha aggiunte altre 7 su 9, ha confermato la percentuale e si è preso titolo e super assegno da 390.000 dollari, gonfiato anche dal bonus da imbattuto (25.000), visto che non aveva ceduto neanche un match nel girone. Il tutto senza l’aiuto del coaching. È l’unico a non averne usufruito nel corso della settimana: vien da pensare che sia per motivi linguistici, dato che nei coaching televisivi è obbligatorio l’uso della lingua inglese, e il suo allenatore non la parla. Problema relativo: questo Chung ha mostrato di aver le idee ben chiare anche da solo. Più di tutti gli altri.
NEXT GEN ATP FINALS 2017 – Finale
Hyeon Chung (KOR) b. Andrey Rublev (RUS) 3-4 4-3 4-2 4-2
