Mischiando maturità e un tennis meraviglioso, Denis Shapovalov batte Rafael Nadal e si consacra nella notte di San Lorenzo, quella delle stelle cadenti. Nel tie-break decisivo azzecca un super-colpo dopo l'altro e poi si lascia cadere per terra. Lo spagnolo rinvia l'assalto al numero 1, lui assapora il paradiso. Non sarà un bluff.

Wayne Gretzky è stato una leggenda dell'hockey su ghiaccio. E non ci sono dubbi sul fatto che “The Great One”, come lo avevano soprannominato, sia uno dei più grandi sportivi canadesi di sempre. La sua presenza, in prima fila, ha gonfiato di significati la clamorosa vittoria di Denis Shapovalov su Rafael Nadal dal Masters 1000 di Montreal. Un'impresa stratosferica, resa magica da tanti fattori: il fascino della sessione serale, un Campo Centrale stracolmo e il prestigio di un torneo importante come la Rogers Cup. Situazioni come questa sono il termometro per misurare la grandezza di un giocatore. E Shapovalov, state certi, diventerà un grande. E' rimasto in campo per due ore e quarantacinque minuti, sfidando Rafa nel campo della tigna, della resistenza. Anche sotto 3-0 nel tie-break decisivo non ha mollato, anzi, più la palla scottava e più Denis tirava fiammate. Si spiega così il 3-6 6-4 7-6 che sancisce il suo miglior risultato in carriera. Può andare ancora avanti, giacché stanotte (ore 00.30, diretta Sky Sport 2) sfiderà il sorprendente Adrian Mannarino. Nei quarti di un Masters 1000 si può pescare peggio. Guardi Shapovalov e penseresti a un fenomeno da baraccone tennistico. Baricentro basso (ricorda un po' Gasquet), gioco troppo spettacolare per essere davvero competitivo. E invece lo è, eccome. Shapovalov rappresenta una tipologia di giocatore che sembrava scomparso: il “completo a tutto campo”, colui che si trova a suo agio in ogni zona. Ma se 30-40 anni fa era una strategia vincente, oggi sembra difficile essere competitivi con un tennis come il suo.

UN TIE-BREAK DA URLO
In fondo il servizio non è una sassata (ha tirato 9 ace e 7 doppi falli), il dritto ha un'apertura un po' troppo ampia, mentre il rovescio sembra trasmettere fragilità. E invece no: per una volta, un'estetica da copertina si fonde con l'efficacia. E forse sarà proprio Denis la risposta per chi non dorme la notte al pensiero del ritiro di Roger Federer. Il paragone è blasfemo e non vuole scatenare chissà quale parallelo, ma il suo tennis ricorda vagamente quello di Rod Laver. Dopo di lui, negli ultimi 40 anni, nessuno ha mai giocato a tennis in questo modo. Denis “sente” la palla come pochi e ogni suo colpo ha la durezza di uno schiaffo e l'eleganza di una carezza. Una libidine visiva che però non piace ai suoi avversari: se Juan Martin Del Potro era franato in 40 errori gratuiti, Nadal ha fatto la sua partita. Gli sarebbe bastato arrivare in semifinale per tornare al numero 1 ATP, ci teneva da matti. Ma il biondo di Tel Aviv, figlio di russi, cresciuto a Toronto, ha raggiunto uno stato di erezione agonistica che si è sublimato nel tie-break decisivo: sotto 0-3, dal 3-4 ha fatto cose inenarrabili: ace e dritto vincente a spazzolare la riga per firmare il sorpasso. Nadal, sorpreso da cotanta solidità, ha buttato in mezzo alla rete un dritto non difficile e gli ha regalato due matchpoint. Gli è bastato il primo: un dritto lungolinea ha bucherellato Rafa e lo ha spinto in paradiso, insieme alla gente dell'Uniprix Stadium, che ha fatto un tifo scatenato. Nonostante da quelle parti si parli in francese, sul 3-3 del tie-break è partito, spontaneo, un vigoroso “Let's go, Denis!”. Lui non ha tremato, anzi, ha tratto linfa vitale dall'amore del pubblico. Se contro Del Potro gli avevano “spaccato i timpani”, contro Nadal hanno portato adrenalina ai suoi muscoli acerbi, nascosti in un fisico un po' così: carnagione chiara, capelli biondissimi, occhi celesti.

RAPIDA MATURAZIONE
Più che un tennista sembra un attore da teen-drama, perfetto per il ruolo di “bello” in una fiction televisiva a sfondo adolescenziale. Invece ha scelto il tennis. Anzi, verrebbe da dire che il tennis ha scelto lui. Lo sfortunato episodio di Coppa Davis, dove è stato sostanzialmente graziato dopo aver colpito in pieno volto un giudice di sedia con una pallata, lo ha fatto crescere nello spazio di una notte. In campo non dimostra i 18 anni compiuti lo scorso 15 aprile. E impressiona rendersi conto che, prima di Montreal, aveva vinto appena tre partite nel circuito maggiore, di cui soltanto una nel 2017. Ma in Quebec ci ha mostrato stimmate vere, da campione. Vincere la quinta partita in carriera contro Del Potro, e la sesta con Nadal, ha un valore immenso. Per adesso fa faville soltanto in Canada (l'anno scorso batté Kyrgios a Toronto, quest'anno si è preso il titolo ai Challenger di Drummondville e Gatineau), ma è soltanto questione di tempo. La battuta è scontata, ma inevitabile: nella notte di San Lorenzo, il tennis aveva il naso all'insù e ha visto precipitare una stella cadente. Bellissima e vincente.

MASTERS 1000 MONTREAL – Ottavi di Finale
Denis Shapovalov (CAN) b. Rafael Nadal (SPA) 3-6 6-4 7-6
Adrian Mannarino (FRA) b. Hyeon Chung (COR) 6-3 6-3
Alexander Zverev (GER) b. Nick Kyrgios (AUS) 6-4 6-3
Kevins Anderson (SAF) b. Sam Querrey (USA) 6-4 6-1
Robin Haase (NED) b. Grigor Dimitrov (BUL) 7-6 4-6 6-1
Diego Schwartzman (ARG) b. Jared Donaldson (USA) 0-6 7-5 7-5
Roberto Bautista Agut (SPA) b. Gael Monfils (FRA) 4-6 7-6 7-6
Roger Federer (SUI) b. David Ferrer (SPA) 4-6 6-4 6-2