Il coming out del campione NBA Jason Collins, che ha rivelato la propria omosessualità, fa tornare d’attualità l’argomento. Perché nel circuito ATP non si ‘confessa’ nessuno?
Rennae Stubbs, qui in compagnia di Samantha Stosur, è stata una delle ultime tenniste a fare coming out. E gli uomini?
Di Riccardo Bisti – 1 maggio 2013
“Il 1981 è stato il mio anno. Il 2013 è il tuo”. Martina Navratilova ha scelto Twitter per applaudire Jason Collins, campione NBA che ha rivelato al mondo la propria omosessualità. Collins è il primo atleta uomo di un top team americano a fare coming out. Tanti si domandano se possa essere un apripista, magari anche per il mondo del tennis. L’argomento torna ciclicamente d’attualità: in campo femminile ci sono tante giocatrici apertamente lesbiche, altre che non si sono confessate ma girano tranquillamente con le loro compagne. Tra gli uomini nessuno, o quasi. I media di tutto il mondo dicono che nel tennis non ci sono stati casi di coming out, ma non è vero. Il paraguaiano Francisco Rodriguez, ex numero 373 ATP, ha rivelato la sua omosessualità, anche se lo ha fatto dopo il ritiro. A livello ATP è stato l’unico, ma ci sono stati alcuni casi in ambito college. I nomi: Matthew Coin, Kyle Wagner e l’allenatore Sean Burns. Non vi diranno nulla, ma meritano la citazione perché sono venuti fuori in un ambiente dove il cameratismo è all’ordine del giorno. Ammettere la propria omosessualità è un gesto coraggioso, che richiede una certa forza interiore. Ma se sei nell’occhio del ciclone è ancora più dura. Diversi atleti di prim’ordine si sono rivelati, ma solo dopo il ritiro. Tutti ricordano il tuffatore Greg Louganis e il nuotatore Bruce Hayes. Sulla carta, il tennis sembrerebbe lo sport adatto al coming out. Non fai parte di una squadra, non puoi avere ritorsioni e/o minacce e nessuno può rifiutare la tua iscrizione ai tornei. Inoltre non c’è contatto fisico. Ma allora perché l’omosessualità maschile rimane nascosta?
Alcuni giocatori, intervistati da USA Today, hanno provato a fornire una spiegazione. Secondo Mike Bryan, una difficoltà potrebbe essere la multi-culturalità del tennis. Negli spogliatoi c’è un mix di nazionalità, lingue e religioni che potrebbe essere letale. “Ci sono diversi modi di pensare, ognuno ha la sua sensibilità”. Michael Russell la pensa come Justin Gimelstob: a suo dire, il deterrente numero 1 è il protocollo dello spogliatoio. I giocatori parlano di belle ragazze, uscire e bere birra. “Un gay potrebbe sentirsi a disagio” ha detto Russell, che gira per il circuito accompagnato dalla moglie. Un’altra ragione è il timore di perdere sponsorizzazioni, così importanti al giorno d’oggi. Chris Evert ne è convinta. “Fidatevi di me: Martina Navratilova e Billie Jean King hanno avuto problemi di questo tipo”. Col tempo, il problema si è attutito. Amelie Mauresmo ha rivelato la propria omosessualità durante la cavalcata all’Australian Open 1999, ma non è stata particolarmente penalizzata. La Evert sostiene che in tanti casi ci sia soltanto voglia di privacy, e cita il fatto che alcune giocatrici viaggiano apertamente con le loro partner (basta dare un’occhiata, anche tra le top 10, e non è difficile individuarle, ndr), ma non hanno intenzione di dire in conferenza stampa le proprie preferenze sessuali. “Penso che molti sportivi pensino che quello che fanno fuori dal campo sia soltanto affare loro”.
Una delle ultime a fare coming out è Rennae Stubbs, ex ottima doppista che si è rivelata a fine carriera e oggi fa la commentatrice per la TV del suo paese. “La gente pensa che molte atlete donne siano lesbiche. E’ ridicolo, perché non è così. Credo che per gli uomini sia più difficile aprirsi. Comunque è una scelta personale: alcune persone sono molto riservate. Io ho parlato della mia omosessualità perché sono aperta di carattere”. Un grande problema è l’omofobia. Dopo il caso Collins, Andy Roddick e Mardy Fish hanno aderito all’associazione “Athlete Ally”, che combatte contro l’omofobia nello sport. Fish, vicino di casa del gemello di Collins, ha detto: “Credo molto in questo progetto. Non so come sarebbe accolto un tennista gay nel circuito, ma ai miei occhi non cambierebbe nulla. Speriamo che questi siano i primi passi verso una totale tolleranza, e che queste cose non siano più degne di fare notizia”. La pensa così anche Mike Bryan: “Il mondo è cambiato, siamo nel 21esimo secolo. C’è molta più tolleranza, credo che nessuno avrebbe problemi. Ma chi lo sa?”. Già, chi lo sa. Nella sua testimonianza, preziosa perché unica, Rodriguez ha detto che gli sarebbe piaciuto fare coming out durante la carriera, ma non se l’è sentita. Nel suo ambiente, i giocatori insultavano gli avversari dicendo “fottuto frocio”, e lo avevano soprannominato “Barbie” perché aveva i capelli lunghi e biondi. Ci sono poi i problemi logistici: “Se un tennista gay chiede a un collega di allenarsi, gli viene spesso detto di no. Gli altri potrebbero pensare che chi si allena con un gay lo sia a sua volta. E' un problema anche a livello agonistico: perdere contro un gay è visto come un disonore, per questo giocano tutti al 1000%”. Anni fa, Martina Navratilova disse che si sarebbe aspettata un coming out nel circuito ATP entro il 2010. Rodriguez a parte, non è successo. Per quanto tempo dovremo ancora aspettare? O qualcuno pensa davvero che non ci siano omosessuali tra i top 100 ATP?
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