LA STORIA – Quella del lecchese Jonata Vitari sembra una favola. Buon seconda categoria, provò a fare il “pro” dopo il servizio militare, poi ripiegò sull’insegnamento. Ma a 37 anni entrerà per la prima volta nel ranking ATP, in maniera del tutto rocambolesca. (Foto Francesco Panunzio)Per un tennista, il primo punto ATP è sempre qualcosa di magico. Garantisce l’ingresso nella classifica ATP, permette di affiancare al nome un numero, e costruirsi così una sorta di identità internazionale. Per tanti è stato un punto di partenza, per altrettanti un punto d’arrivo, per altri ancora è un’ossessione da inseguire per anni e anni, in giro per il mondo settimana dopo settimana. Nella storia del circuito, il ranking ha accolto varie migliaia di giocatori (al momento hanno punti in 2261: da Novak Djokovic a Tinotenda Chanakira dello Zimbabwe), ma in pochissimi, o forse nessuno, possono dire di aver conquistato il primo nello stesso modo capitato una decina di giorni fa a Jonata Vitari. Il lecchese non dimenticherà mai il 21 marzo 2016: a 37 anni suonati entrerà per la prima volta nel ranking ATP, lui che il professionismo l’ha assaggiato appena, negli anni novanta. Terminato il servizio di leva ci provò per un paio di stagioni, ma rinunciò quasi subito e senza mai nemmeno avvicinare la classifica mondiale. “Al tempo – racconta – era tutto molto più complicato. Non c’erano ancora i Futures, quindi bisognava giocare i tornei Satelliti, ma significava stare lontano da casa tre o quattro settimane consecutive. E poi la mia vocazione è sempre stata per l’insegnamento”. Così, una volta abbandonate le ambizioni internazionali ha iniziato a lavorare come maestro in vari circoli della sua zona, tenendosi in forma con qualche torneo Open in Lombardia. Spesso i risultati gli han dato ragione, tanto che ha raggiunto la classifica nazionale di 2.2, ma non ha più pensato di cimentarsi nel circuito “pro”.
DA UN 2.7 AL RANKING ATP
Nella sua activity sul sito dell’ITF figurano giusto una manciata di apparizioni in doppio, dal 2012 in avanti, più l’esordio in singolare dello scorso maggio, quando il suo TC Lecco (dove lavora ed è tesserato) l’ha omaggiato di una wild card per la prima edizione del Futures di casa. Perse 6-0 6-1 contro Alessandro Bega, e sembrava dovesse aspettare altri dodici mesi per riprovarci. Invece no, perché il nuovo Futures dello Sporting Club Milano 3, disputato la scorsa settimana, gli ha regalato un cammino dai contorni della favola. Con la differenza che di inventato non c’è propria nulla. Tutto è iniziato quando, per lanciare l’evento che a dieci anni dalla morte del Challenger ha riportato il tennis internazionale a Basiglio, l’ex professionista Marco Crugnola (che dopo aver appeso la racchetta al chiodo ha aperto una società che organizza anche tornei) ha pensato a un rodeo Open che mettesse in palio due wild card: una per il tabellone principale e l'altra per le qualificazioni. Vitari l’ha saputo e ha deciso di partecipare. “Mi sono iscritto ma senza particolari ambizioni, giusto per giocare qualche partita”. Per un soffio non è rimasta una sola, quando al primo turno ha annullato quattro match-point al giovane 2.7 Gabriele Bosio, chiudendo 11-9 il tie-break del set decisivo. Oppure solo due, dato che nel turno seguente ha vinto 4-5 5-3 5-4 contro il 2.6 Luca Massimo, anche qui con due match-point salvati. Poi, in maniera del tutto inaspettata, ha messo il turbo: 4-0 4-0 in semifinale, 5-4 4-0 in finale, titolo e wild card conquistata.
MAI NESSUN ITALIANO COME LUI
Di conseguenza, Vitari si è ripresentato nove giorni dopo, per giocare quella che era solamente la sua seconda partita internazionale di sempre in singolare. “Mi sono detto: ‘andiamo e vediamo cosa succede’. L'ho presa come un divertimento”. Non poteva immaginare che avrebbe giocato una delle migliori partite della sua vita, nella “classica giornata di grazia”. Contro Francesco Borgo (un altro dalla storia del tutto particolare) ha vinto i primi otto game, salendo 6-0 2-0, poi è arrivata un po’ di tensione ma ce l’ha fatta comunque: 6-0 6-4, pugno al cielo e punto ATP in cascina. Significa che il prossimo lunedì (i punti dei tornei Futures vengono assegnati con una settimana di ritardo) entrerà per la prima volta nel ranking mondiale, a 37 anni, 9 mesi e 6 giorni. A livello internazionale non è un record di longevità: nel 2012 il giapponese Yu Takahashi (per citarne uno) ce l’ha fatta a 42, dopo mille tentativi, ma in Italia mai nessuno era entrato in classifica più tardi del tennista di Pescate, comune di poco più di duemila anime nella provincia di Lecco, sulle sponde del piccolo lago di Garlate. “Avere un punto ATP non mi cambia la vita, continuerò ad allenare i giovani come ho sempre fatto. Ma non nascondo che è comunque una soddisfazione incredibile: il coronamento di un percorso lunghissimo iniziato quasi 20 anni fa”. Su per giù, lunedì troverà il suo nome alla posizione numero 1900, insieme ad altri 120 giocatori come lui. Anzi no, tutti nettamente più giovani. E a 37 anni suonati non è affatto un dettaglio.
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