Allie Kiick ha 18 anni ed è una giovane promessa del tennis americano. Ma deve vivere il confronto con il padre. Ex campione NFL. Ha appena vinto un torneo ed è entrata tra le top-200.
Un servizio dedicato ad Allie Kiick, in cui compare anche papà Jim
Di Riccardo Bisti – 23 dicembre 2013
Erano le tre del pomeriggio. I campi dello Yucatan Country Club di Merida, Messico, erano deserti. Le semifinali del torneo ITF da 25.000 dollari sarebbero iniziate dopo qualche ora. A gironzolare per il circolo c’era solo una giocatrice. Si chiama Allie Kiick, ha 18 anni ed è famosa perchè figlia di un campione NFL. Ma è piccola e gracile, non avrebbe potuto praticare uno sport di contatto. E allora le hanno messo una racchetta in mano. Sa di essere esile, e ha un gran bisogno di allenarsi. Venerdì pomeriggio, prima di affrontare la svedese Hilda Melander, avrebbe voluto palleggiare un po’. Ma non c’era nessuno. Allora si è limitata a fare un quarto d’ora di corsa e a provare i servizi, in beata solitudine. Poi si è seduta, aspettando che arrivasse qualcuno per palleggiare. Niente da fare. Per fortuna, non le sarebbe stato necessario: ha vinto 6-0 6-1 e poi si è aggiudicata anche la finale, superando 3-6 7-5 6-0 Ajla Tomljanovic, favorita della vigilia. Questo risultato le consentirà di entrare tra le top-200 WTA. “Mi sono presentata a Merida da sola. Nei tornei messicani sto viaggiando con la mia amica Heidi El Tabakh, ma lei ha perso ieri ed è andata via. E non c’erano altre giocatrici disponibili per giocare”. Allie è figlia di Jim Kiick, ex campione dei mitici Miami Dolphins, imbattuti nel 1972. A quanto pare, la fama di suo padre e i suoi ottimi risultati junior non le hanno dato chissà quali vantaggi. Ancora oggi, a 18 anni e con un discreto ranking, non può permettersi di pagare un allenatore a tempo pieno. “Avere il mio coach in Messico sarebbe costato troppo. Ho appena iniziato con il professionismo e sto cercando di mettere da parte i soldi per potermi permettere uno staff tutto mio”.
La Kiick non sarà mai una tennista potente. Dal ‘basso’ dei suoi 165 centimetri cerca di far valere una buona tecnica e una notevole completezza di gioco. “Devo lottare con le armi che possiedo: sono veloce, in campo penso molto. Se noto che l’avversaria ha una debolezza, cerco di picchiare sulla ferita. Prima di ogni punto, ho ben chiaro quello che devo fare”. Il suo allenatore è una vecchia conoscenza: si tratta di Harold Solomon, l’ex ‘sorcio’ del tennis mondiale, top-10 negli anni 70 e avversario di Adriano Panatta nella finale del Roland Garros 1976. Insieme a Eddie Dibbs, ha rappresentato il guerriero, il pallettaro per eccellenza di quel periodo. “Da lui ho imparato molto – continua Allie – per me è come un secondo padre”. Di sicuro le ha insegnato come comportarsi contro avversarie più alte e potenti. In finale, la Tomljanovic era nettamente favorita, al di là della 77esima posizione. E poi era accompagnata dal nuovo coach David Taylor, l’ex allenatore di Samantha Stosur, e dal padre che le fa da preparatore atletico. Eppure è crollata al terzo set. Per Allie, la scelta di diventare professionista è arrivata da poco, tanto che nei primi tornei non poteva nemmeno ritirare il prize money. “Ma è meglio così – scherzava durante lo Us Open 2012 – altrimenti avrei sempre i miei genitori accanto a controllare che non spendo troppi soldi”. In realtà, papà Jim (omonimo di Pierce…) avrebbe le caratteristiche per entrare nella lista dei padri-padroni. Durante le sue partite si emozionava e alterava a tal punto da essere bandito sia da Alexandra (il suo vero nome, Allie è un diminutivo) e la madre di lei, Mary Johnson, con cui si è separato anni fa. Non riusciva a controllarsi. A differenza di altri genitori, ha avuto l’intelligenza di farsi da parte. Ma c’è da scommettere che lo rivedremo nel box della figlia se la Kiick dovesse diventare forte sul serio. In fondo, hanno sempre avuto un buon rapporto.
Eppure, i geni sportivi di Allie non arrivano soltanto da lui. Quando c’è da parlarne, le si spalancano gli occhi. “Mia madre è straordinaria – racconta – è stata una giocatrice professionista di softball. Quando aveva 12 anni era in grado di fare 60 flessioni. Mio nonno faceva scommesse con gli amici su quello che avrebbe potuto fare. E vinceva spesso”. Ancora oggi, mamma Mary è piuttosto attiva. Spesso va ad Aspen, in Colorado, a fare escursioni in alta montagna. La figlia le dice che è ridicola, lei le risponde invitandola. I genitori si sono separati quando aveva 6 anni, e Mary si è risposata. Allie nutre grande affetto per il patrigno, un medico: “Se sono qui, è merito suo. Mi ha pagato tutte le lezioni”. Tuttavia, il suo destino è segnato, un po’ come quello di Alexandra Stevenson, semifinalista a Wimbledon 1999, ancora oggi ricordata per essere la figlia del grande campione NBA Julius Erving. Ogni volta che si parlerà di lei, si citerà anche il padre. Avrà un solo modo per farlo dimenticare: diventare ancora più forte. Lo scorso dicembre, i componenti dei Miami Dolphins 1972 si sono riuniti per festeggiare i quarant’anni della grande impresa. Le celebrazioni di Jim furono rovinate dalla sconfitta di Allie all’Orange Bowl per mano di Ana Konjuh. Da allora ha promesso di farsi perdonare. Chissà che nel 2022, quando avrà 27 anni, non potrà accompagnare i 50 anni da quell’impresa con un grande titolo. In fondo, sta lavorando per questo.
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