Il pickleball è popolarissimo a livello amatoriale, ma non cresce come fenomeno professionale, tanto che la MLP ha già deciso di tagliare costi e salari. E McEnroe sentenzia: «quando sento che è lo sport più in crescita, vomito»
«Il padel sorpasserà il tennis». «Ormai negli Stati Uniti si gioca solo a pickleball». Slogan del genere, negli ultimi mesi, anni o settimane li avrete sentiti o letti anche voi. E’ la potenza della ‘moda’, della novità. I successi diventano trionfi, la curiosità si trasforma in tendenza. Chiariamoci: il tennis (vogliamo dire il Lawn Tennis?) resta il mio primo e grande amore ma non ho nulla né contro il padel né contro il pickeball. Sono un curioso di tutti i ‘codici’ degli sport con racchetta, dalla pallacorda al badminton, dal real tennis allo squash.
Per capire i meccanismi con cui si sviluppa la popolarità di una disciplina, al di là della grancassa dei media o del passaparola, è sempre bene però riflettere sui numeri, come fa l’analista di Bloomberg Bobby Gosh. In un suo interessante articolo Gosh parte proprio dal boom del pickleball professionistico negli Usa, che in realtà sta già affrontando la fase successiva: lo sboom. Gosh racconta che stando ai dati della Sports & Fitness Industry Association, negli Usa «la partecipazione al pickleball è cresciuta dell’85,7% nel 2022 (fino a quasi 9 milioni di giocatori a livello nazionale) e del 158,6% negli ultimi tre anni». Una picklemania che ha contagiato celebrities sportive e no come Tom Brady, LeBron James, John McEnroe, Andre Agassi, Serena Williams ed Eva Longoria. In aprile un cosidetto ‘pickleball Slam’ ha polverizzato su Espn gli ascolti di sport ben più solidi e frequentati come baseball, hockey e basket. Subito gli investitori si sono svegliati e le due leghe americane, la Major League Pickleball e la Professional Pickleball Association hanno annunciato la fusione. C’è stato anche chi, come Marc Lasry, ha venduto le sue quote in una stranota franchigia della Nba, i Milwaukee Bucks (i nomi Jabbar e Antetokounmpo vi dicono qualcosa?) per acquistare una squadra pro di pickeball. «Voglio poter investire oggi in una squadra che vale 50 o 100 milioni di dollari e che può valere 500 o 1 miliardo di dollari tra cinque o 10 anni», ha dichiarato Lasry a Bloomberg Television, citato da Goosh. Benissimo. Peccato che già a novembre la MLP sia stata costretta a chiedere ai giocatori della sua lega di ridursi lo stipendio del 40 per cento e abbia programmato un cospicuo taglio dei costi per il 2024.
«Abbiamo studiato attentamente il bilancio dell’attività – recita un comunicato della MLP – e abbiamo stabilito che è necessario apportare alcuni cambiamenti per garantire un’attività sostenibile e redditizia che non solo sopravviva, ma prosperi nel 2024 e oltre, a beneficio di tutte le parti interessate». Ciò non significa che gli americani – e non solo loro – non siano affascinati dal nuovo passatempo, un po’ come sta avvenendo in Europa con il padel, o in passato con il tennis tavolo o lo squash. Goosh sottolinea come l’Usta, la federtennis Usa si sia rassegnata da tempo alla crescente popolarità del pickleball e abbia prodotto linee guida per realizzare campi polivalenti tennis/pickleball. Che a molti il pickeball, più facile e meno faticoso da giocare del tennis, piaccia molto; magari per variare ogni tanto la consueta ‘oretta’ dedicata la tennis; non è in discussione, Ma persino John McEnroe, curioso della prima ora, ha dichiarato al Miami Herald: «Se sento ancora una volta che il pickleball è lo sport più in crescita, vomito». Del resto mentre per la prima volta quattro tennisti hanno chiuso un anno guadagnando più di 10 milioni di dollari, i bilanci degli altri ‘codici’ non sembrano così floridi. Sfido poi chiunque a scendere in strada, in Italia come negli Usa, e chiedere ‘chi è il numero 1 del mondo nel padel o nel pickleball?’ senza essere preso per matto.
A livello amatoriale c’è spazio per tutti, e sicuramente chi riesce a ‘includere’ i nipotini del tennis nel proprio business, come sta facendo la Fitp, può trarne beneficio a livello di popolarità e di numero di tesserati. Ma come conclude Goosh, «La popolarità potrebbe non tradursi automaticamente in redditività. Dopo tutto, il ping pong è stato un’attività ricreativa popolare tra gli americani per decenni – più di 20 milioni di noi lo giocano, per lo più nei seminterrati e nei dormitori dei college – ma la Major League Table Tennis non è esattamente una macchina da soldi». Il tennis, per ora, non teme la concorrenza interna.