L’INTERVISTA – Grande occasione per l’ex davisman azzurro: Novak Djokovic lo ha scelto per far crescere la promessa Krajinovic. “Cercava un sergente di ferro. Ma state tranquilli: non lascio i miei ragazzi”. Un team nell’accademia di Mouratoglou.

Da Genova, Riccardo Bisti – 4 settembre 2014
(La foto in home page è di Antonio Milesi)



Non è mica da tutti essere scelti da Novak Djokovic. Il privilegio è toccato a Diego Nargiso, fortemente voluto dal numero 1 ATP per allenare l’emergente Filip Krajinovic, ex grande promessa ormai a ridosso dei top-100. Il lavoro di Diego con un gruppo di giovani (Gianluca Mager su tutti) non è passato inosservato, tanto da creare un po’ di sconforto nell’ambiente. “Non è che ce lo portano via?” si sono chiesti in tanti. Niente di tutto questo: Nargiso si è organizzato e continuerà a seguire il suo team. Il progetto di cinque anni non è neanche giunto a metà e Diego ha tutta l’intenzione di portarlo a compimento.
 
Diego, come è nato e come si è sviluppato il contatto con Filip Krajinovic?
Durante gli Internazionali BNL d’Italia mi trovavo a Roma per alcune telecronache su SuperTennis. Sono stato avvicinato da Edoardo “Dodo” Artaldi, manager di Novak Djokovic, che mi ha chiesto la disponibilità a parlare con Novak sulla possibilità di allenare alcuni giovani serbi che lui riteneva interessanti. Da allora, Novak ha vinto Roma, fatto finale a Parigi e vinto a Wimbledon: per questo il contatto si è un po’ dilatato nel tempo, pur essendoci parlati diverse volte. Nel frattempo, Filip Krajinovic ha raccolto diversi buoni risultati. Così il progetto è leggermente cambiato: da un gruppo di giovani, abbiamo deciso di concentrarci su Krajinovic. O meglio, Novak ha optato per questa soluzione. Mi ha dunque messo in contatto con Filip ed è iniziato il lavoro.
 
Prime impressioni su Krajinovic? Già allo Us Open è andata discretamente…
Non lo scopro certo io. Tre anni fa, intorno ai 19 anni, era già intorno al numero 160 ATP. Era uno dei ragazzi su cui Nike e Wilson, insieme a Dimitrov, avevano puntato più di tutti. E’ ovvio che abbia potenzialità molto buone. Ha avuto un problema alla spalla, sfociato in un intervento chirurgico, e questo lo ha un po’ penalizzato. Poi ha commesso qualche errore simile a quelli che avevo fatto io. Aveva perso il focus secondo cui bisogna impegnarsi per diventare prima un giocatore…e poi fare tutto il resto. Forse proprio per questo Djokovic e Artaldi, conoscendo la mia storia, non così diversa, hanno pensato a me. Spero di evitare che possa commettere gli errori che avevo fatto io a suo tempo.
 
Qualche anno fa, Bollettieri diceva: “Krajinovic mi ricorda molto Agassi, solo che è più forte a rete”. Col senno di poi, sottoscriveresti l'affermazione?
Filip ha una capacità di timing molto importante. Credo che Nick volesse dire questo: ha una capacità abbastanza unica di impattare la palla davanti al corpo. Allo stesso tempo, osservandolo da vicino per qualche settimana, lo accosterei a un giocatore tipo Yevgeny Kafelnikov. Non è potente ma è molto veloce, la palla gli scorre molto, gioca bene a rete e sa fare un po’ tutto, pur senza avere un colpo devastante. Spero di riprodurre un decimo di quello che ha fatto Kafelnikov: vorrebbe dire trasformarlo in un ottimo giocatore, magari un top-10.
 
Però tu ti sei costruito reputazione e credibilità allenando un gruppo di ragazzi, tra cui Gianluca Mager e Andrea Basso. Qualcuno teme che tu possa abbandonare questo progetto: come stanno esattamente le cose? Come si evolverà il rapporto con loro?
Nessun abbandono. E’ importante spiegare che mi sono organizzato e strutturato. Krajinovic viaggerà 30 settimane all’anno: venti le farò io, dieci il mio preparatore atletico. Avrò dunque la possibilità di seguire i ragazzi per 15 settimane, come peraltro è già stato quest’anno. Tra l’altro, ho rinunciato alla scuola agonistica dei ragazzi più piccoli e mi sono dedicato al 100% all’alto rendimento. Il team è dunque composto da tre allenatori, un preparatore atletico e una decina di giocatori. Ognuno avrà il suo gruppo e io mi dividerò tra i vari gruppi. Quindi è tutto a posto: tra l’altro, io ho anche investito economicamente su questi ragazzi. Restare con loro è anche nel mio interesse e non ho nessuna intenzione di cambiare un progetto della durata di cinque anni. Ne è passato appena uno e mezzo: abbiamo ancora tanto tempo davanti.
 
Come vi organizzerete sul piano logistico?
Ci alleneremo presso la ISP Academy, a Biot, non troppo distante da Antibes. E un’accademia appena acquisita da Patrick Mouratoglou, con il quale ho già parlato. Io rimarrò come responsabile tecnico del mio team all’interno dell’accademia. Saremo inglobati all’interno dell’accademia: il team Nargiso farà parte dello staff.
 
Dunque Mouratoglou si sposterà gradualmente da Parigi a questa nuova sede…        
La ISP è l’accademia dove allenavano Patrice Hagelauer e diversi coach che avevano seguito gente come Forget, Leconte e Noah. Con il tempo ha assunto questo nome: fino ad oggi, ISP ha puntato soprattutto sui college americani e sul portare più giocatori possibile al di là dell’Atlantico. Hanno una base molto ampia, con più di 100 giocatori di livello “medio”. Tuttavia, da lì sono usciti anche Alize Cornet, Benoit Paire, adesso c’è Martin Fucsovics, quindi si lavora molto bene. In questo momento il proprietario dell’ISP è Charles Auffray, ex giocatore in attività ai miei tempi. Io e Charles abbiamo raggiunto un accordo. Patrick Mouratoglou ha acquisito, insieme ad Auffray, il sito. Per l’anno prossimo sono previsti interventi molto importanti, nell’ordine di milioni di euro. Saranno costruiti 15-16 campi in aggiunta ai 16 già esistenti. E così, all’interno di questa maxi-accademia ci saranno vari team, tra cui il mio.
 
Ti sei mai domandato come mai, per un progetto importante come quello di Krajinovic, abbiano cercato proprio te, che sei relativamente “giovane” come coach? Solo l’amicizia con Dodo Artaldi o hanno visto in te delle doti importanti?
Forse non sono la persona più adatta a cui fare questa domanda! Posso riferire quello che mi hanno detto sia Dodo che Novak. Hanno pensato a me per due ragioni principali: in primis la logistica, perchè io abito nel Principato di Monaco. Volevano un allenatore che facesse base a Monte Carlo. In secundis, avevano bisogno di un “sergente di ferro”, qualcuno che porti il ragazzo sulla retta via. Chiedendo in giro, hanno saputo che io sono un allenatore molto molto duro. Con i miei ragazzi pretendo una forte disciplina e hanno ritenuto che questa possa essere la strada giusta per Filip: non tanto l’esperienza o la tecnica, ma qualcuno che voglia dargli la giusta impostazione, sia dentro che fuori dal campo. Mi hanno detto questo…poi, è vero, me lo sono chiesto tante volte. Non so…spero che abbiano fatto la scelta giusta. Dovresti chiederlo a loro!
 
Per chiudere: quale risultato vorresti ottenere, da coach, per sentirti soddisfatto e realizzato tra vent’anni?
Il risultato a cui aspiro è tirare fuori il massimo da tutti i miei giocatori. La cosa più difficile per un allenatore, soprattutto se è stato un giocatore, è evitare di “giocare in prima persona”. Può esserci la tentazione di prendere un giocatore simile a se stessi e vivere di nuovo la propria carriera. Bisogna mettersi nell’ombra e far si che il giocatore dia il massimo. Se questo si traduce in grandi risultati…è l’obiettivo di chiunque. Io sono un coach giovanissimo: il mio obiettivo è diventare più forte da allenatore di quanto sia stato da giocatore. Se da tennista sono stato 50-60 al mondo, spero di diventare 30-40 come allenatore. Se possibile uno dei più importanti, magari un punto di riferimento.