Luca Nardi ci parla del suo ultimo, difficile anno, molto ben avviato con l’exploit di Indian Wells poi naufragato nel valzer dei coach
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DOHA. Luca Nardi, la simpatia viaggia da sola. «Al momento sono senza coach, è vero, ma spero di rimediare presto», racconta sorridente Luca a Doha dopo essersi guadagnato un posto nel ‘500’ del Golfo rifilando un 6-4 6-4 alla vecchia volpe Kukushkin. «L’anno scorso ho attraversato un momento un po’ confuso, diciamo così, e ho commesso qualche errore, forse non ho dato alle persone il tempo necessario per trovare il feeling con me. Dopo aver lasciato l’academy di Galimberti a Cattolica ho cambiato un po’ tanti coach, tornando anche al mio primo maestro, ma non ha funzionato. Ora sto cercando la persona giusta, perché per me la prima cosa che conta è il rapporto umano». Si era parlato anche di una tentazione di mollare tutto: «No, assolutamente. Scelte sbagliate, sì. Ma voglia di smettere con il tennis, no».
Ventuno anni, oggi numero 83 Atp dopo essere stato 70 come best ranking a maggio dello scorso anno, una passione per la pizza Rossini («base Margherita con uovo sodo e maionese») Nardi è figlio di un notaio (ed ex pallanuotista) napoletano trapiantato nelle Marche. Tennisticamente è nato al TC Baratoff di Pesaro («sono marchigiano, anche se parlo come un romagnolo…») e cresciuto agonisticamente insieme con una nidiata fortunata del nostro tennis: Musetti, Cobolli, Sinner. «Jannik è un mio caro amico, un bravissimo ragazzo, sono sempre stato dalla sua parte. Ora sono contento che abbia preso la decisione di accettare la proposta della Wada. L’anno scorso per lui deve essere stato un inferno, almeno potrà mettersi tutto alle spalle. Sono sicuro che tornerà a Roma e sbaraglierà tutti.». Luca è un talento puro, lo ha dimostrato fin da ragazzino quando battagliava con Musetti, pur avendo un anno in meno, nei campionati under 14.
«Quello che mi manca è la continuità, ho troppi alti e bassi sia nel corso della stagione, il tecnico che sceglierò dovrà aiutarmi proprio in questo». La vittoria sul suo idolo di sempre Djokovic l’anno scorso a Indian Wells lo ha buttato sotto i riflettori, «e per qualche settimana mi ha un po’ sbalestrato, è vero, ma è stata una bella cosa. Se Djokovic se l’è presa? No, è un tipo tranquillo, ci salutiamo quando ci incontriamo. Purtroppo non capita spesso che giochiamo gli stessi tornei…». L’anno scorso a Indian Wells prima di sorprendere il Djoker aveva battuto il cinese Zhang, guarda caso l’avversario che il sorteggio gli ha rimesso di fronte qui a Doha, dove debutterà martedì. «Be’, una volta l’ho battuto, quindi entrerò in campo con ottimismo». L’amore è già arrivato («la mia fidanzata si chiama Marta, è di Torino») prima o poi arriverà anche un coach.