Nel 2017, il biellese ha perso una quarantina di posizioni: "Ma ho imparato tanto e ho raggiunto i picchi della mia carriera". Forte di un lavoro di qualità presso l'accademia di Piatti, sta giocando un ottimo torneo a Bergamo. Insieme a Sonego, Quinzi e Berrettini rappresenta il futuro del nostro tennis.

BERGAMO – Capitan Corrado Barazzutti, presente a Bergamo, non si sbilancia. Il suo ruolo glielo impone. Tuttavia, la tredicesima edizione del Trofeo Perrel-Faip (64.000€, Greenset) sta regalando le belle prestazioni di quattro baby-moschettieri azzurri. Matteo Berrettini, Gianluigi Quinzi, Lorenzo Sonego e Stefano Napolitano sono tutti nati tra il 1995 e il 1996. In attesa dell'esordio di Berrettini, si stanno tutti ben disimpegnando. E gli appassionati, a partire dal direttore del torneo Marco Fermi, festeggiano. Non era mai successo che l'Italia piazzasse ben sette giocatori al secondo turno. Ma c'è di più: Sonego e Napolitano hanno già acciuffato il pass per i quarti. E abbiamo la certezza di un azzurro in semifinale, poiché Napolitano attende il vincitore di Quinzi-Arnaboldi. La presenza del cittì azzurro, unita a certe prestazioni, fa annusare il profumo di Coppa Davis, specie oggi che le squadre sono state allargate a cinque giocatori. “Ma nel tennis cambia tutto rapidamente – dice Napolitano, autore di una gran bella partita contro Thiemo De Bakker, domato col punteggio di 6-3 7-5 – prendete Seppi: a fine anno era in grande difficoltà, poi ha sfoderato il miglior inizio di stagione della sua carriera. Ma di sicuro c'è un buon gruppo di ragazzi che possono emergere, tenendo conto che abbiamo vinto partite contro giocatori molti buoni. Per arrivare in un ambiente complicato come la Davis ci vuole tanto lavoro e più esperienze possibili nei grandi tornei. Magari qualcuno si arrabbia perché non c'è lo Shapovalov o il Kyrgios della situazione, ma abbiamo tutti lo stesso obiettivo: crescere”. E sta crescendo anche il ragazzo di Biella, 23 anni ad aprile, ottimo protagonista nel pomeriggio di mercoledì. “Contro De Bakker sono andato in difficolt nel primo game, lui è partito forte, mi aggrediva ed è stato importante salvare subito le palle break iniziali e trovare ritmo. I numeri dicono che ne ho salvate 5 su 5, ma la cosa più importante è stata mettergli pressione e non farlo giocare sempre allo stesso modo nei punti importanti”.

L'AIUTO DI RICCARDO PIATTI
Molti allenatori si focalizzano sul concetto di “ordine”, sull'eseguire con diligenza la strategia di gioco. “In realtà è un concetto che può essere diverso da giocatore a giocatore – spiega Napolitano – per me è stato portare avanti per tutta la partita l'idea di fare quello che lo mette in difficoltà. Devo dire che nei momenti importanti ha pagato. Non gli ho dato tempo, sono stato aggressivo e sul 5-5 nel secondo gli ho fatto giocare qualche palla in più. Magari in quel frangente lui mi seppelliva di colpi vincenti e sarebbe stata una scelta sbagliata… però il mio ordine è quello di restare fedele ai miei obiettivi e al mio tennis”. Napolitano è un ragazzo che esprime un certo carisma. Non c'è incertezza nel suo tono di voce, anche il linguaggio del corpo è molto sicuro di sé. Qualità importanti, in un mondo ultra-competitivo come quello del tennis. Da ormai un paio d'anni lavora con Cristian Brandi, ex doppista di Coppa Davis. A Bergamo, tuttavia, è accompagnato da papà Cosimo, colui che lo ha formato sin da piccolo. “Ma è qui soltanto nelle vesti di papà. Non mi segue più come coaching, mentre a capo dell'area tecnico c'è sempre Brandi. Siamo sempre in contatto, ma capita anche di sentirmi con Riccardo Piatti, responsabile del nuovo centro a Bordighera. C'è un bell'ambiente, grande collaborazione tra i membri dello staff. Stiamo facendo un buon lavoro e spero che il lavoro paghi”.

IMPARARE DAGLI ERRORI
Il biellese ha chiuso molto bene il 2016, ma un problema di pubalgia lo ha bloccato nella prima parte della scorsa stagione, la prima in carriera in cui ha peggiorato il ranking di fine anno. “Ho faticato a trovare continuità – spiega Napolitano – a parte i problemi di pubalgia ci sono state alcune vicende personali che non hanno aiutato, poi però da primavera in poi ho trovato fiducia e il ritmo partita. Ma non è stato tutto da buttare, anzi: ho imparato tanto e ho sbagliato abbastanza. È importante analizzare quello che non ha funzionato per fare meglio. Sarebbe sbagliato pensare che è stato un anno perso, ho fatto tanta esperienza e ho continuato a lavorare e tenere duro anche nei momenti no. Questo mi ha permesso di restare a galla e chiudere a ridosso dei top-200 ATP”. Oggi Stefano è numero 207 dopo aver toccato la 152esima posizione lo scorso giugno. Mentalmente, come si gestisce un calo in classifica? “Lo metti in conto, specialmente quando provi a salire di livello. Non è facile affrontare le cose nuove. Le puoi prevedere, ma non hai le idee chiare fino a quando non le vivi. Non posso essere scontento di una stagione in cui ho toccato le vette più alte della mia carriera, tra cui diverse vittorie contro i top-100 ATP”. Lo scorso anno, la permanenza di Napolitano a Bergamo fu decisamente negativa: dopo la sconfitta al primo turno, spaccò quasi tutte le racchette per la rabbia. Che quell'episodio sia uno stimolo per provare a fare meglio quest'anno? “Sinceramente non ci ho pensato. Io cerco di vivere ogni settimana con il piglio giusto e l'atteggiamento corretto. L'anno scorso non ero dentro al mio tennis, non ero ben centrato sugli obiettivi e su quello che dovevo fare fuori dal campo. Quest'anno sto mettendo molta più qualità in quello che faccio. Non significa vincere ogni partita, ma almeno c'è un percorso più chiaro”. Il percorso ripartirà venerdì contro il vincente tra Gianluigi Quinzi e Andrea Arnaboldi, due mancini. “Sarà una partita molto difficile: Arnaboldi ha vinto un'ottima partita contro un giocatore in forma, mentre “Gian” è in fiducia dopo un ottimo inizio di stagione. Sarà durissima e dovrò essere al massimo, poi ci sarà quel pizzico di pepe, tipico di un derby, che ci spingerà a tirare fuori il meglio”.