Ex numero 3 WTA, Nadia Petrova è ferma da quasi due anni per un problema all’anca, ma invece di pensare al ritiro sogna il lieto fine per una carriera segnata dagli infortuni. “Prima di tornare, però, voglio essere al 100%”. Nel frattempo si è dedicata anche al sociale.Sui campi del circuito non la si vede dal torneo di Charleston del 2014, ma quello perso contro la neozelandese Marina Erakovic potrebbe non essere l’ultimo match della carriera di Nadia Petrova. Negli ultimi anni la russa, ex numero 3 del mondo, ne ha passate tante. Il 2013 è stato un autentico ‘annus horribilis’, prima il dramma sportivo, con l’infortunio all’anca che quasi tre anni più tardi sta ancora tentando di lasciarsi alle spalle, poi quello personale: la tragica scomparsa di mamma Nadezhda (bronzo olimpico nei 400 metri a Montreal ’76), morta a fine anno in un incidente stradale. Qualche tempo dopo il presidente della federtennis russa Shamil Tarpishev parlò di ritiro, ma lei corresse immediatamente il tiro in ‘pausa’. Diciotto mesi dopo lo stop non è ancora finito e gli anni continuano ad aumentare (saranno 34 a giugno), ma l’addio al tennis può attendere. L’ha confessato lei stessa al sito della WTA, in un’intervista rilasciata a David Kane nel corso del torneo di San Pietroburgo. “Ho tanta voglia di tornare nel circuito, mi mancano i viaggi, la gioia per una vittoria o la delusione per una sconfitta. Ma purtroppo l’anca continua a darmi problemi. Ricordo il giorno dell’infortunio, quell’anno a Parigi faceva particolarmente freddo. Pensavo che il problema non fosse così grave, i dottori mi dissero di prendere un po’ di pausa e che sarei stata pronta per la stagione sull’erba”. Invece, al rientro in campo la situazione non era cambiata. Andava un po’ meglio in doppio, tanto che si qualificò al Master di fine anno, ma dall’aprile del 2014 non ha più messo piede nel circuito. “Mi sembra di compiere piano piano dei progressi, ma ogni volta che torno ad allenarmi il mio corpo mi lancia dei segnali negativi e mi tocca rimandare tutto. Prima di pensare al rientro a tempo pieno voglio recuperare al 100%”.
UN INFORTUNIO DOPO L’ALTRO
La sua carriera è stata sempre segnata dagli infortuni, sin da giovanissima, quando nel 2002 una frattura da stress la obbligò a stare lontana dai campi per sei mesi. Aveva appena battuto Venus Williams, entrando fra le prime 30 del mondo dopo un’ottima preparazione invernale, ma il piede la obbligò a fermarsi. “Quello è stato un test importante per me, mi ha formato dal punto di vista mentale, aiutandomi a crescere”. In effetti, è rientrata più forte di prima, ma gli infortuni hanno continuato a perseguitarla. “Ogni volta che la Petrova ottiene qualche buon risultato, si fa male”, disse al tempo l’ex numero uno WTA Tracy Austin. La gran parte degli infortuni sono figli di un problema congenito alla schiena, come quello alla gamba che la condizionò nel match più importante della sua carriera, la semifinale al Roland Garros 2003. “Arrivai a set-point contro Kim Clijsters, ma dopo averlo mancato il mio livello scese notevolmente”. Per anni è stata la giocatrice più forte del Tour a non aver conquistato alcun titolo, poi nel 2005 ha vinto a Linz e la maledizione è svanita: nei sette anni successivi ne ha messi in bacheca altri dodici, arrivando sulla terza piazza della classifica nel 2006. Pareva la sua stagione d’oro, si presentò al Roland Garros come una delle favorite, dopo la tripletta Charleson, Amelia Island e Stoccarda, ma la sorte non era d'accordo. In allenamento si stirò a una coscia e addio sogni di gloria. “Era la prima volta che credevo di avere possibilità di vincere un torneo del Grande Slam, invece per colpa di uno stupido infortunio persi al primo turno. Ho ritrovato quel livello di gioco qualche settimana dopo, ma mentalmente nella mia carriera non ho più raggiunto le condizioni e la fiducia che avevo in quel periodo”.
TORNERÀ GRANDE ANCHE STAVOLTA?
Nei (quasi) 24 mesi lontano dai campi, Nadia si è dedicata a varie attività: la ristrutturazione della propria casa di Miami, ma anche il sociale con la sua fondazione, che raccoglie fondi per organizzare delle clinic tennistiche in Russia, fra i ragazzini delle zone più povere. “Mi piace l’idea di restituire un po’ di quanto ho avuto, per aiutare chi certe possibilità non le ha”. E poi ha potuto finalmente condurre una vita normale, quella che i tennisti solitamente conoscono solo dopo aver appeso la racchetta al chiodo. “Non è male poter stare spesso nello stesso posto o svegliarsi tutte le mattine nel proprio letto”. Eppure, la vita del circuito le manca. “Dopo aver viaggiato per così tanti anni, un po’ ci si abitua a quel genere di vita. A volte mi mancano i cambiamenti, mi manca la possibilità di salire su un aereo e andare chissà dove per un torneo. La vita di casa sta iniziando a stancarmi”. Tuttavia, la sensazione è che ci voglia ancora un po’ per rivederla nel Tour, con la speranza che l’ultima parte della sua carriera possa diventare la più felice. Dal punto di vista fisico, ma anche da quello dei risultati. Rientrare dopo oltre due anni di stop è difficilissimo, ma lei ai comeback è sempre stata abituata, riuscendo fra un infortunio e l’altro a ritagliarsi uno spazio importante in un’epoca d’oro del circuito femminile. Le sue qualità non sono mai state in discussione: con un tennis potente ha battuto 16 delle 18 vincitrici Slam della sua ‘era’, tredici delle quattordici numero uno WTA, vinto due Masters in doppio, un bronzo Olimpico a Londra e tanto altro. Il tutto con avversarie del calibro di Serena e Venus Williams, Justine Henin, Kim Clijsters, Lindsay Davenport, Jennifer Capriati, Martina Hingis, Amelie Mauresmo e altre ancora. Eccetto le Williams hanno smesso tutte, alcune già da un pezzo. Mentre lei di gettare la spugna non ne vuole proprio sapere.
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