WIMBLEDON. Clamorosa sconfitta di Rafa Nadal, battuto in cinque set da Lukas Rosol, n. 100 ATP. Finisce 67 64 64 26 64. E' una delle sorprese più clamorose dell'Era Open.
Nadal e Rosol lasciano il campo

Di Riccardo Bisti – 29 giugno 2012

Era una fresca serata di marzo al PalaNorda di Bergamo. Si stava giocando la quarta edizione del bel challenger orobico. Quarti di finale, in campo Fabrice Santoro. A fine anno si sarebbe ritirato, la gente sapeva che sarebbe stata la sua ultima apparizione. Volevano spingerlo alla vittoria, ma non avevano fatto i conti con il suo avversario nei quarti di finale. Lukas Rosol lo spazzò via con un clamoroso 6-3 6-3. E’ stata la miglior prestazione mai vista a Bergamo. “Sta giocando come un top 20”, si pensava. Vinse il torneo, ma la sua carriera non è esplosa. Si è affacciato tra i top 100 (è stato al massimo numero 65), e nessuno pensava che avrebbe infilato una delle più clamorose sorprese dell’Era Open. Neanche chi era a Bergamo quella sera. Perché un conto è massacrare un Santoro a fine carriera, un altro è battere Rafael Nadal sul campo centrale di Wimbledon. Torneo in cui Nadal ha giocato cinque finali, vincendone due. Un risultato clamoroso perché Nadal non perde mai partite come questa. Invece è finita 6-7 6-4 6-4 2-6 6-4 in tre ore e diciotto minuti, intervallate da uno stop di 42 minuti per chiudere il tetto e accendere le luci dopo che il buio era calato su Londra. “Quando mi hanno detto che ci voleva così tanto tempo per riprendere a giocare non ci volevo credere – ha detto Nadal – è un impianto nuovo, pensavo ci volessero 5 minuti. Di certo l’interruzione non mi ha favorito, ma lui nel quinto ha giocato troppo bene”. Vero. Non deve essere facile stare 40 minuti negli spogliatoi di Wimbledon sapendo di dover giocare un quinto set contro Rafael Nadal, peralto in una partita che avrebbe potuto essere già finita se Rosol avesse sfruttato uno dei tre setpoint avuti nel primo, perso solo 11-9 al tie-break.
 
Invece è sceso in campo con una convinzione inaudita. Ha scippato il servizio a Nadal nel primo game ed ha condotto con autorità fino al 6-4 finale, giocando da campione l’ultimo game, in cui ha sparato 3 ace e un dritto vincente. Ingiocabile. “E’ un miracolo – ha detto Rosol – sinceramente speravo di giocare tre buoni set e non prendere una batosta. Non conoscevo il campo centrale, sono andato a darci un’occhiata prima di giocare”. Non avrebbe potuto essere altrimenti per un giocatore che al massimo aveva raggiunto il terzo turno al Roland Garros (l’anno scorso, battè Melzer prima di perdere da Chela) e fino a un mese fa non aveva vinto uno straccio di partita sull’erba. Un giocatore imprevedibile, buon appassionato di calcio. “Possiamo paragonare questo risultato alla vittoria di una squadra della Repubblica Ceca contro il Real Madrid. Se ho battuto Nadal posso battere chiunque”. Frasi che si dicono nell’esaltazione del momento, ma non è così. E’ vero che nella singola partita può fare paura, ma non è mai stato un mostro di continuità. Nel vittorioso torneo di Bergamo ha rischiato di perdere dal mediocre Benedikt Dorsch, meno di 48 ore dopo la vittoria su Santoro. Gli statistici si sono scatenati. Nadal non perdeva al secondo turno di uno Slam da sette anni esatti, quando Gilles Muller lo sorprese a Wimbledon, poche settimane dopo la prima vittoria al Roland Garros. E Rosol è il giocatore di peggior classifica a batterlo dai tempi di Nicolas Mahut, che era numero 106 ATP quando lo battè al Queen’s nel 2007. Questa sconfitta si può paragonare – alla lontana – a quella contro Robin Soderling al Roland Garros 2009. L’avversario era più forte, ma si giocava sull’amata terra battuta. Quel Nadal, tuttavia, era un po’ acciaccato. Quello di oggi ha semplicemente giocato male (anche se ha commesso solo 16 errori gratuiti). Se Rosol avesse vinto in tre set non ci sarebbe stato nulla da dire.
 
Nadal era nervoso. A un certo punto si è lagnato con il giudice di sedia per l'atteggiamento di Rosol, il suo muoversi ossessivamente in risposta al servizio, come se volesse disturbarlo. Secondo l’acuto Juan Josè Mateo ricordava il mitico Bruce Grobbelaar, portiere del Liverpool nella finale di Coppa Campioni contro la Roma nel 1984. Il nervosismo è deflagrato a un cambio di campo, quando i due sono venuti a contatto (ricordando un episodio del 1997 tra Venus Williams e Irina Spirlea). Rosol ha spiegato l’episodio con amarezza: “Sembrava che Rafa volesse farmi passare, poi a un certo punto mi ha spinto via. Strano che l’abbia fatto a Wimbledon”. Reazione che si spiega con il nervosismo di un giocatore che si è sentito impotente. Gli è capitato pochissime volte in carriera, e tutte contro i top-players. Oggi si muoveva meno bene del solito, è stato poco incisivo in risposta (ha raccolto appena tre break, uno nel primo e due nel quarto set). Coi giornalisti si è misurato, dando il (giusto) merito a Rosol. “Ha giocato un quinto set irreale. Tirava fortissimo e gli restava tutto in campo. E’ lo sport: perdere è sempre dura. Lui tirava tutto, senza alcuna pressione. Quando è così non puoi farci niente, sei nelle mani del tuo avversario”. Al terzo turno, Rosol se la vedrà con Philipp Kohlschreiber nella più classica delle prove del nove. Il ceco è allenato da Slava Dosedel, ex discreto giocatore degli anni 90 (è stato numero 26 ATP, ha raggiunto i quarti allo Us Open e le semifinali a Roma). “Anche Nadal è un essere umano – ha detto – per vincere dovevo giocare la partita più bella della mia vita e sperare che lui non fosse al top. E’ successo esattamente questo”. Il tennis è bello anche per questo.