di Giorgio Spalluto – foto Getty Images
Quelli che… non tornerà più quello del 2008. Quelli che con il suo gioco non reggerà un altro anno. Quelli che se l’avessi curato io, quelle ginocchia sarebbero a posto. Quelli che il cemento è la superficie più democratica. Quelli che il cemento non è più quello di una volta. Quelli che gli spagnoli sono forti da quando le superfici sono tutte uguali. Quelli che in Australia il cemento è lento. Quelli che a Flushing Meadows il cemento è rock. Quelli che non si divertono mai quando gioca lui. Quelli che intonano de profundis a ogni piè sospinto, che il soggetto in questione sia Roger o Rafa, sia Nole o Murray, non importa. Tutti idolatrati, e in pochi istanti pronti a imboccare il viale del tramonto.
Quel “Sunset Boulevard” che Rafael Nadal conosce ormai a menadito tante sono state le volte in cui la critica l’ha ritenuto al capolinea di una carriera che adesso comincia a farsi interessante dopo il successo che mancava, la ciliegina sulla torta di un palmares strepitoso, che adesso può contare su tutto quello cui un tennista può ambire. Lo chiamano “Career Grand Slam”. E’ quello che ha rincorso Roger Federer per quasi un lustro, dopo che per quattro anni era stato limitato nella sua “Quest for perfection” dal dominio parigino dello stesso Nadal. Avrebbe voluto essere lo stesso svizzero a sbarrare la strada al suo acerrimo nemico nella rincorsa al Grande Slam, così come per quattro volte aveva fatto Rafa a Parigi.
Onore a un grande Novak Djokovic che si presentava a questa finale avendo vinto gli ultimi tre confronti diretti, ma in svantaggio nel bilancio complessivo degli head-to-head (14-7), e che ha reso meno scontata una finale “salvata” dal provvidenziale intervento della pioggia domenicale.
Fuochi d’artificio subito in apertura con Nadal che comanda lo scambio, ma che un po’ leziosamente si esibisce in una palla corta cui Nole contrappone un ottimo pallonetto, finalizzato da un passante di rovescio. Scambio fantastico per iniziare, ma la partita sembra subito prendere una direzione ben precisa: quattro punti di fila consentono a Rafa di operare il break in apertura, con Djokovic che pare avere qualche problema alle caviglie. Con il servizio, Nole si salva da 0-30 nel terzo game, accorciando le distanze: 1-2. Dal possibile tracollo, si passa al pareggio di Nole che recupera, con non poca sorpresa, il break di svantaggio (2-2). A menare le danze è, però, sempre Nadal. Grazie a un dritto fulminante si aggiudica un quinto game infinito (14 punti) in cui ha bisogno di 6 palle break per operare il nuovo strappo, per la frustrazione di Nole che spacca la racchetta. C’è da capirlo. Ha speso tantissimo, ottenendo zero. Sa perfettamente, inoltre, che Nadal difficilmente gli regalerà una seconda chance per rientrare in partita. Quello nel quarto game è stato il solo terzo break subìto da Nadal in tutto il torneo, su 93 turni di battuta.
La fatica del quinto gioco si ripercuote sui restanti 5 game del set che filano via lisci in favore del giocatore al servizio. Si chiude in 50 minuti la prima frazione col punteggio di 6-4. La cattiva notizia per Nole è che Rafa, quando si è trovato avanti di un set negli slam, ha perso in carriera solo un match, contro Ferrer agli US Open 2007.
Fortunatamente il fresco numero 2 del mondo non è al corrente di questo dato statistico e inizia il secondo parziale con ben altro piglio. Dopo aver tenuto agevolmente la battuta nel game di apertura, mette subito pressione al maiorchino costringendolo ai vantaggi. E’ il prodromo al break che giungerà due game più tardi. Djokovic sembra essersi sciolto dal punto di vista muscolare rispetto all’inizio del match, e lascia andare i colpi con una certa fluidità. A zero strappa il servizio Nole che sempre a zero tiene la battuta del 4-1 con una serie di vincenti impressionanti.
Una partita è possibile. E’ questo il messaggio che il serbo manda al maiorchino. Nadal concede il primo 15 al servizio (per quello che è l’11° punto consecutivo per Djokovic), ma poi cambia registro, comincia a frequentare con più assiduità la rete per mettere maggiore pressione al suo avversario. Tiene a 30 il turno di battuta del 4-2 e si lancia alla caccia del controbreak che giunge, puntuale, grazie a un poderoso rovescio lungolinea (lo stesso con cui aveva esordito nel game), preceduto da una velenosissima rasoiata in back. Non c’è più luce tra le due imbarcazioni con il catamarano maiorchino che ha ormai ricucito lo strappo. Quello che gli americani chiamano “momentum” è tutto dalla parte del numero 1 del mondo, quando giunge la pioggia (davvero maledetta per Rafa) a porre un argine, quantomeno momentaneo, all’avanzata spagnola che si arresta sul 4-4 30-30 servizio Djokovic.
La pausa dura poco meno di due ore. Si riprende quando a New York sono le 19:58 con la prospettiva abbastanza concreta di riuscire a portare a termine il match entro la serata. Tre dritti vincenti in uscita dal servizio consentono a Nole di tornare a respirare e portarsi sul 5-4. Il livello del match è fin da subito altissimo con entrambi i contendenti protagonisti di una serie di passanti strappa applausi. Chiamato a servire per allungare il set al tiebreak, Nadal sbaglia, sul 30-15, una demivolee di rovescio non impossibile, che porta il serbo a due punti dal set. Due punti che Nole gioca splendidamente: prima un’accelerazione di rovescio, poi una risposta di dritto nei pressi della riga, costringono Nadal a cedere per 7-5 il primo set di questo sinora impeccabile US Open.
La reazione dello spagnolo non si fa attendere. Il fatto che Djokovic abbia alzato notevolmente l’asticella non lo turba, anzi. E’ un ulteriore stimolo a fare meglio. Il break nel terzo gioco, incastonato tra due turni di battuta a zero, consente al Nino di Manacor, sostenuto in tribuna dalla famiglia al completo (oltre ai genitori riunitisi per l’occasione, c’è la sorella Ana Maria oltre alla fidanzata Xisca), di involarsi sul 3-1. Nadal manca il colpo del k.o., non concretizzando nessuna delle 8 palle per il doppio break di vantaggio a disposizione tra il quinto e il settimo gioco, per merito anche del serbo che pare giocare meglio quando è sotto nel punteggio. Nole riesce a contenere in qualche modo la furia del maiorchino che, sul 5-4 va a servire per il terzo set, avendo perso soli 2 punti al servizio in tutto il parziale. Un incredibile scambio di 20 colpi regala a Djokovic la speranza di poter ancora rientrare in un set che sembrava già segnato 30 minuti prima. Nel primo momento di difficoltà del set, Rafa dimostra ancora una volta tutti i suoi progressi al servizio, mettendo a referto tre servizi portentosi. Nole non sembra capacitarsi dei miglioramenti del suo avversario che chiude il terzo parziale con un clamoroso 94% dei punti vinti con la prima. E’ un 6-4 che sta stretto a Nadal e per capirlo basta dare un’occhiata alla percentuale di realizzazione sulle palle break del maiorchino: 1/11.
Le tossine accumulate per rimanere in qualche modo agganciato all’iberico nel terzo set, presentano il conto a Djokovic nella successiva frazione che si tramuta ben presto in una mattanza. Tenuto a fatica il servizio in apertura (annullando l’ennesima palla break), Nole subisce un parziale di 5 giochi a zero. Per assistere al primo errore gratuito del set di Nadal, bisogna attendere il settimo gioco, quando è già avanti 5-1. Per realizzare il punto Nole deve fare i miracoli. E a volte non bastano neanche quelli contro il Rafa odierno che, dal terzo set in poi, è stato semplicemente di un altro pianeta. Si chiude con il punteggio di 6-4 5-7 6-4 6-2, dopo 3 ore e 42 minuti di grande spettacolo, il match che regala al maiorchino la soddisfazione di diventare il primo nella storia del tennis maschile a vincere nello stesso anno uno slam su tutte e tre le superfici (erba, cemento, terra).
Fred Perry, Donald Budge, Rod Laver, Roy Emerson, Andre Agassi e Roger Federer da oggi devono fare spazio al maiorchino che diventa così il settimo giocatore ad aggiudicarsi almeno una volta tutte e quattro le prove dello slam.
Per il primo mancino a vincere gli US Open dai tempi di John McEnroe (1984), si tratta del 9° successo in un major, il terzo consecutivo: 5 Roland Garros, 2 Wimbledon, 1 Australian Open e adesso uno US Open. Dei magnifici 6 eguagliati quest’oggi, il solo Rod Laver aveva completato a New York il filotto di slam, nel 1962.
Il primo iberico a trionfare nella “Grande Mela” dai tempi di Manuel Orantes (1975) può così festeggiare l’ultimo alloro che mancava a un palmares che, oltre agli slam sopracitati, può contare su 3 Coppe Davis e un oro olimpico. I progressi al servizio palesati nelle ultime due settimane, dimostrano come la fame di vittorie del maiorchino si sia tutt’altro che attenuata. Se il rendimento sul cemento dovesse mantenersi su questi standard, senza che le ginocchia non ne risentano, nessun traguardo gli sarebbe precluso.
Il record di slam di Federer (16) non è mai stato così in pericolo.
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