192 anni fa, quando si era ormai arreso alla sordità, Ludwig van Beethoven compose la Nona Sinfonia. L’ultima. Il 17 aprile 2016, un po’ a sorpresa, Rafael Nadal ha centrato il nono successo al Country Club di Monte Carlo, laddove undici anni fa vinse il suo primo Masters 1000. “Abbiamo vissuto un periodo un po’ complicato, soprattutto l’anno scorso” ha detto durante la premiazione, riferendosi al suo team, parlando di una crisi che sembrava quasi irreversibile. Ma con la testardaggine e le (tante) qualità che gli ha trasmesso lo zio Toni, si è risollevato ancora una volta. Quando si celebra un vincitore si tende a dimenticare tutto il resto. Il risparmio cognitivo, tuttavia, non sempre rispecchia la realtà. E allora è onesto dire che Rafa non è ancora quello di un tempo. Forse non lo sarà mai più, e non è ancora da considerarsi il favorito per il Roland Garros. Forse nemmeno per Roma e Madrid. Magari a Barcellona sì. Intanto, dopo aver incassato il sorpasso di Novak Djokovic nella classifica dei Masters 1000, ha effettuato il contro-aggancio a quota 28. Difficilmente manterrà il ritmo del serbo, anche perché ha meno opzioni sui campi veloci, però la vittoria su Gael Monfils in una durissima finale, durata quasi tre ore e chiusa col punteggio di 7-5 5-7 6-0, ci ha raccontato alcune cose. Ad esempio, che Nadal è ancora in grado di battere quasi tutti. Come aveva scritto il nostro direttore nei giorni scorsi, l’impressione è che abbia meno margine e che i suoi storici punti forti (il dritto, le gambe, la testa) non siano più così tanto forti. Però il corazon è sempre lo stesso e spesso è sufficiente. Lo è stato contro il ringhiante Dominic Thiem, lo è stato contro Andy Murray in semifinale, lo stato in finale contro Monfils. Da quando ha preso a lavorare con Mikael Tillstrom (grazie alla preziosa intercessione di Stan Wawrinka), il francese ha cambiato marcia. E a tratti ha dato l’impressione di potercela fare. Contro Nadal aveva perso 11 volte su 13, ma non gli aveva scippato neanche un set in quattro precedenti sulla terra battuta.
Stavolta lo ha fatto e forse può recriminare per non aver vinto il primo set, dove c’è stata una battaglia furibonda sul piano fisico. E’ stato un match ad elevata intensità, specchio fedele del tennis di oggi, specie su terra battuta. Spesso la spunta il più preparato, non necessariamente il più bravo. E se c’è qualcosa in cui Nadal è ancora il numero 1, beh, è certamente la capacità di allenarsi più e meglio degli altri. Perso il secondo set, con l’inerzia psicologica a favore di Monfils, non ha fatto una piega e ha dominato il terzo. Alla fine era il francese a essere distrutto, a non averne più. E se l’ultima fotografia è quella che rimane, per Nadal è stato esaltante chiudere alla vecchia maniera. Una fiondata terrificante di dritto, lungolinea, che ha messo fine alla contesa e lo ha fatto inginocchiare per la nona volta anche a Monte Carlo, dopo esserci riuscito a Parigi. Ai tempi della nona sinfonia, Beethoven era sordo e non aveva ancora molto da vivere, tanto che sarebbe morto nel 1827, ad appena 57 anni di età. Per fortuna, Nadal è in perfetta salute e gli acciacchi dovuti all’usura non gli precludono la stesura di altre sinfonie. Può certamente intascare la nona anche a Barcellona, poi potrà giocare in tutta tranquillità a Madrid e Roma. Perché, siamo onesti, un successo alla Caja Magica o al Foro Italico non gli cambierebbero la carriera. Al contrario, la “Decima” a Parigi sarebbe qualcosa di storico e allo stesso tempo clamoroso, probabilmente irripetibile. Può essere moderatamente ottimista: la storia insegna che, a dispetto del calendario, Monte Carlo è il torneo che offre le migliori indicazioni in vista del Roland Garros. Ed è stato lui, nell’ultimo decennio, a rafforzare la tradizione. A match concluso, Paolo Bertolucci ha detto che questo Nadal, tre set su cinque, sulla terra battuta, può perdere soltanto da Novak Djokovic. Ecco, il numero 1. La sconfitta contro Vesely deve preoccupare? Sì e no. Quando Nole ha detto di aver bisogno di riposo, sosteneva il vero. Però anche l’anno scorso vinse Indian Wells e Miami, presentandosi a Monte Carlo da dominatore assoluto. Come mai quest’anno era stanco? L’impegno in Davis ha davvero pesato così tanto? Qualche piccola domanda è legittima. Lo rivedremo a Madrid (dove l’anno scorso non ha giocato) e capiremo se al Country Club ha vissuto il classico incidente di percorso, oppure se ha mostrato qualche piccolo segno di vulnerabilità. Nel frattempo, Rafa si gode il nono titolo a Monte Carlo. La sua primavera non poteva iniziare meglio.
ATP MASTERS 1000 MONTE CARLO – Finale
Rafael Nadal (SPA) b. Gael Monfils (FRA) 7-5 5-7 6-0
MASTERS 1000 – I PLURIVINCITORI
Novak Djokovic – 28
Rafael Nadal – 28
Roger Federer – 24
Andre Agassi – 17
Andy Murray – 11
Pete Sampras – 11
Thomas Muster – 8
Michael Chang – 7
Boris Becker – 5
Jim Courier – 5
Gustavo Kuerten – 5
Marcelo Rios – 5
Andy Roddick – 5
Marat Safin – 5
LA CURIOSITA’: Mentre nei tornei del Grande Slam abbiamo accolto i successi di Juan Martin Del Potro e Marin Cilic, entrambi nati nel 1988, nei Masters 1000 il vincitore più “anziano” continua ad essere Novak Djokovic, nato nel maggio 1987. Segno del fallimento di una generazione oppure del clamoroso dominio dei Fab Four (che ne hanno intascati 91 in quattro)?