Rio de Janeiro e Buenos Aires sapevano di antipasto. La vera stagione sul rosso di Rafa Nadal inizierà oggi, quando metterà piede sul centrale del Country Club contro il francesino Lucas Pouille. Ma ci sarà una sensazione diversa, quasi malinconica, almeno per i suoi tifosi. Il dominio rosso di Rafa, dopo aver mostrato pericolose crepe lo scorso anno, sembra destinato a una fine annunciata. E' come se si avvertisse la fine di un ciclo, iniziato nel 2004 con la vittoria a Sopot e diventato leggenda già nel 2005, quando vinse 11 tornei su 12 finali. Quell'anno intascò per la prima volta Monte Carlo, Barcellona, Roma e Roland Garros. Poi sono arrivati gli 81 successi di fila sul rosso, interrotti da Roger Federer ad Amburgo nel 2007. E fino a 2-3 anni fa, nonostante il furioso assalto di Novak Djokovic, Rafa ha mantenuto i suoi standard: dominare sulla terra battuta ed eccellere sulle altre superfici. Nadal è stato un rivoluzionario, con il suo stile di gioco tutto gambe e dritto fenomenale, ma anche con la sua immagine da pirata. Pantaloni alla pescatora, bandana, capelli lunghi, aria da Mowgli della racchetta. Era il perfetto contraltare a Sua Maestà Roger Federer. Non è un caso che la loro rivalità sia considerata la più importante, nonostante sia Djokovic-Nadal che Djokovic-Federer abbiano avuto più episodi. Di certo non è stato un fuoco di paglia: ha vinto 65 tornei (46 su terra), 14 Slam (9 a Parigi), 27 Masters 1000 (19 sulla terra, record assoluto) e raccolto tanti altri primati.
CEDIMENTO STRUTTURALE
L'anno scorso, tuttavia, sono emersi i primi segnali di cedimento. Come se la sua armatura non fosse più invulnerabile. A Monte Carlo, dove era pressochè imbattibile, ha perso da Djokovic nel 2013 e (soprattutto) da Ferrer l'anno scorso. E' scivolato anche a Barcellona, dove ha perso contro Nicolas Almagro nei quarti. Un po' meglio a Roma, dove ha centrato la finale ma non c'è stato niente da fare contro Robocop Djokovic. Si è imposto a Madrid, ma solo perchè il suo avversario in finale (Kei Nishikori) ha finito la benzina a pochi giri dal traguardo. L'unico torneo dove Rafa sembra ancora imbattibile è il Roland Garros, dove vanta l'impressionante record di 66 vittorie e 1 sconfitta. L'anno scorso l'ha sfangata contro Djokovic, ma quest'anno l sensazioni sono opposte. E' come se Rafa avesse ancora un motore vecchio e il set-up non sia così ottimale. La stagione sul rosso inizia con Djokovic che lo ha appena superato come numero di settimane in cima al ranking ATP (142 contro 141) e ha esordito bene, lasciando cinque giochi ad Albert Ramos Vinolas.
RIPRENDERE A MIGLIORARE
Nadal deve ancora scaldare il motore. Certo, nel 2014 è stato sfortunato: prima il polso e poi l'appendicite hanno tranciato la sua stagione. Il successo a Buenos Aires non inganni: quest'anno deve ancora battere un top-10, ma soprattutto ritrovare fiducia. Per questo è normale che alla vigilia di Monte Carlo gli abbiano fatto tante domande su se stesso, lo stress, le sensazioni. In fondo è tornato nell'ambiente che preferisce. “Sono sempre stato bene a Monte Carlo. Mi sto allenando bene, spero di essere pronto. E' una buona sensazione tornare a giocare sulla mia superficie preferita. Devo giocare meglio di quanto fatto fino ad oggi, ma farò del mio meglio. Se non pensassi di poter vincere il torneo non sarei qui. La cosa più importante è tornare a stare bene sul campo. A Miami ho giocato male, adesso devo riprendere a migliorare”. Il match contro Pouille può essere interessante, ma i test importanti arriveranno nei quarti (contro Ferrer?) ed eventualmente in semifinale (contro Djokovic?). “L'esperienza insegna che i grandi cambiamenti arrivano con le piccole cose. Se lavori bene, hai la giusta motivazione e fai le cose con calma…poi arriva il momento. Sono pronto alle cose negative, ma anche ad accogliere quelle positive. Onestamente non credo di aver dimenticato come si gioca a tennis”.
LA CITAZIONE DI KIPLING
Al di là dei risultati, gli avversari non commetteranno l'errore di sottovalutarlo, anche se Patrick Mouratoglou sostiene che da oggi in poi scenderanno in campo convinti di poterlo battere, anche sul rosso. “Stiamo parlando di uno che ha vinto tantissimo. Possiede l'esperienza, il talento, il potenziale e la forza per tornare a vincere. E' uno dei più forti di tutti i tempi – ha detto Novak Djokovic – non sarei così preoccupato. Tutti hanno questi periodi, li ho vissuti anch'io. Siamo esseri umani e può capitare di perdere qualche partita. Bisogna riflettere, trovare il problema, lavorarci e tornare più forti. Rafa lo ha già fatto tante volte, è una delle sue qualità più importanti”. Da parte sua, Rafa fa il filosofo e ricorda le parole di Rudyard Kipling che accolgono i giocatori all'ingresso del Centre Court di Wimbledon. “Nella mia carriera sono stato pronto ad accettare con calma sia le vittorie che le sconfitte. Non mi sono ritenuto troppo forte nelle vittorie, e nemmeno troppo scarso nelle sconfitte. E' molto importante apprezzare tutto quello che è successo ed essere grato per la fortuna che ho avuto”. Parole sagge ma pericolose, che profumano di commiato. Non dal tennis, ci mancherebbe. Ma da un ruolo di dominatore che non gli appartiene da tempo. Ma il tempo passa per tutti, e anche se Rafa deve ancora compiere 29 anni, c'è il rischio che nulla sia più come prima. “10 anni sono tanti. L'unico aspetto negativo è che mi resta meno tempo per giocare. Per il resto ho avuto una carriera da sogno, infortuni compresi. Se ricominciassi daccapo, non credo proprio che otterrei di nuovo tutto questo”. Tra un paio di mesi scopriremo se le sensazioni di oggi erano fondate o se Rafa sarà risorto per l'ennesima volta. La quarta.