di Stefano Semeraro – foto Getty Images
(dal sito Curiosi di Sport pubblichiamo un largo estratto in quattro parti dell'intervista a Na Li)
PARTE 1
«In Cina non pensano nemmeno che io sia una persona reale. Mi vedono dentro un ristorante, puntano il dito e urlano: “guarda, c’è Li Na. E mangia!…” ». Na Li è di nuovo in finale a Melbourne, ha battuto Maria Sharapova e tinto ancora una volta di giallo Oriente la fetta asiatica dello Slam. Nel 2011 perse una finale quasi vinta contro Kim Clijsters, davanti all’Azarenka partirà di nuovo sfavorita, ma Vika farebbe bene a coltivare eccessivo ottimismo. Na è abituata a disfarsi delle apparenze, a cambiare i copioni già scritti. La vedì così, i polpacci che spuntano dalla tuta intrecciati sotto la sedia, l’aria rilassata da atletica sciuretta 30enne e non pensi proprio che davanti ti sta seduta una donna che nei prossimi tre anni, secondo Bloomberg, avrà un valore commerciale di 42 milioni di dollari, superiore a quello della più glamour delle sue colleghe, Maria Sharapova.
E’ stata la prima tennista cinese a entrare fra le prime 10 del mondo, la prima a vincere un torneo dello Slam, nel 2011 al Roland Garros, battendo la nostra Francesca Schiavone in finale. La chiamano “Lazy Na”, Na la pigrona, perché appena può si fionda sul letto a dormire, ma è una rivoluzionaria vera, di quelle che sanno dare una spintarella al mondo. Con le sue vittorie è riuscita a piegare le regole granitiche del sistema sportivo cinese, prendendosi per coach il marito, oggi sostituito nel ruolo tecnico dall’ex coach di Justin Henin, Carlos Rodriguez, ottenendo di gestirsi le trasferte e di incassare i premi che vince.
Nel 1998 la Nike le offrì un contratto da 25 mila dollari l’anno, oggi è l’unica atleta al mondo – Federer compreso – che sulla maglietta può accostare altri marchi allo swoosh made in Portland. Una nipotina di Mao supercapitalista dello sport, che in carriera ha già vinto 7,5 milioni di dollari di montepremi. Ma che non riesce a risolvere un banale problema coniugale.
Na, suo marito Jiang Shan russa ancora tanto?
«Eh, sì qualche volta. Se esagera gli do una bottarella».
E se continua?
«Allora lo mando a dormire in bagno. Consiglio a tutte le mogli di fare così».
Dicono che le mogli cinesi siano sottomesse: la carta di credito chi la controlla?
«Io. Lui deve pensare a depositare il contante in banca…».
PARTE 2
Si veste mai sexy per lui?
«Vorrei, ma poi mi manca il coraggio. Ho sempre un po’ paura di come potrei sentirmi».
Per una serata romantica con suo marito qual è l’abbigliamento ideale?
«Qualcosa di comodo: niente tacchi, quelli li metto solo quando ho impegni di rappresentanza, per lavoro. Non voglio uccidere i miei piedi, preferisco si rilassino con qualcosa di più confortevole».
Però alla festa di Wimbledon anche nel 2012, come nel 2011, è stata vestita da Robert Deacon, uno stilista inglese molto trendy che è stato allievo di Ungaro e che le impose delle scarpine parecchio fetish. Chi è il suo stilista preferito, a parte lui?
«Mi piace Gucci. Mi piace il fatto che se compri un suo capo lo puoi utilizzare per diversi anni, perché non va mai fuori moda. Amo il suo stile. Però guardo anche altro, faccio un mix»
E’ vero che sua madre non guarda mai le sue partite?
«Sì. Tante volte le ho chiesto di viaggiare con me, ma mi ha sempre detto di no perché si innervosisce troppo. Esce addirittura di casa, e poi sono gli altri membri della famiglia a mandarle un messaggio quando è finita.
Bizzarro: la finale del Roland Garros nel 2011 è stata vista da 116 milioni di cinesi, ma non da sua madre…
«C’è stata una sola eccezione. Dieci anni fa mi vide giocare per la prima volta. Era un torneo nella mia città. Giocai un singolo e un doppio misto. Quando finii le chiesi ‘ti è piaciuto?’ E lei: ‘il doppio misto è molto meglio del singolo’. E io ‘ok, scordati tutto!’. Proprio non concepisce il tennis. Per lei è uno sport senza senso».
Ma è una donna forte…
«Fortissima. Mio padre è morto quando io ero ragazzina, ed è stata lei a tirarmi su da sola. Non è stato affatto facile, in quegli anni in Cina. Io non ne sarei stata capace».
Na, lei è una brava cuoca?
«No, sono terribile. So cucinare solo del riso con della salsa di soia. In quello me la cavo».
PARTE 3
Si sente un modello per le ragazzine cinesi?
«Penso di esserlo diventata dopo lo scorso anno. In molti hanno visto la finale e credo abbiano pensato ‘è riuscita a fare una cosa così importante, forse potrò farlo anch’io o anche meglio’. Per quanto mi riguarda il tennis è il mio lavoro e quando smetterò non vorrò più avere a che fare con il tennis professionistico. Al massimo potrei dare una mano ai ragazzini che iniziano».
Interessante. E cosa farà dopo il tennis?
«Ci sono diverse cose che vorrei fare. Prima di tutto vorrei andare a scuola di cucina, vorrei diventare finalmente una brava cuoca per preparare pranzetti e cene prelibate per mio marito e i miei figli dopo il lavoro. E comunque il mio sogno è diventare una perfetta donna di casa. So che può sembrare folle, ma è così».
Continuerà a vivere in Cina? Ormai è una cittadina del mondo…
«Non credo proprio che mi sposterò perché in Cina ho la mia famiglia e i miei amici. Tutti i miei affetti, che sono la cosa più importante, quindi voglio restare con loro. Se poi i miei figli vorranno andare via, potranno farlo. Ma sarà una loro scelta».
Cosa le piace più dell’Occidente?
«La mentalità occidentale di trasmettere sempre positività. La famiglia, il coach, sono sempre pronti a dirti che va bene. Mi ricordo invece a 10 anni, quando andavo a scuola, mia mamma era solo capace di dirmi ‘guarda quella ragazza, lei è molto più brava di te, perché non puoi essere come lei?’ Sin da piccola mi sono sentita dire che potevo essere meglio, sempre cose negative. E mi sono accorta della differenza quando ho iniziato a viaggiare in Occidente».
PARTE 4
E’ vero che si arrabbia molto quando i suoi connazionali la criticano?
«Sì molto, perché vogliono sempre insegnarmi. Ora va meglio ma fino a due o tre anni fa ricevevo le mail che la gente mandava alla federazione. E loro le giravano a me. Tante persone che mi dicevano ‘Non sai giocare a tennis, perché continui?’. Poi tornavo a casa ed erano pronti a incoraggiarmi ‘fai bene, sei molto brava’. Cambiavano opinione come niente, in un secondo! e questo non lo sopporto. Nel tennis bisogna pensare molto, e queste persone che non sono nemmeno atleti, non sanno cosa significa fare sport e pretendono di insegnarti come stare in campo. Odio quest’atteggiamento: chi sono per dirmi cosa devo fare?».
La cosa più divertente che le è capitata in questo ultimo anno?
«A parte allenarmi tanto e vincere poco? Penso sia il fatto di essere stata costretta a cambiare i miei orari. In Cina per esempio si cena sempre molto presto, verso le sei di sera. E ai tornei devo andare verso le otto e mezzo nove, perché altrimenti i camerieri direbbero ‘oh no, è già qui’. E la cosa più divertente è che i miei amici mi devono seguire. Anche mio marito e Carlos Rodriguez a Melbourne: tutte le sere si mangia cinese».
La Cina sta cambiando molto, lei pensa di poter contribuire?
«Non posso cambiare quello che succede, quindi mi occupo delle mie cose».
E’ vero che ha detto: ‘non gioco per il mio Paese, ma solo per me stessa’?
«E’ stato mal riportato. Ricordo di aver detto ‘non sono un’eroina per il mio paese’. Da quando sono professionista ho cercato sempre di esserci, per il mio Paese. Ho giocato per 9 anni di fila in Fed Cup, ho giocato le Olimpiadi, molte volte i Giochi d’Asia. Certo nel circuito professionistico gioco per me stessa, devo farlo. Come tutte le altre».
Si considera una persona felice?
«In passato ero molto negativa, vedevo tutto difficile. Gli amici mi ripetevano di smetterla, perché mi uccidevo da sola. Sai giocare bene a tennis, hai una bella famiglia, un sacco di fan che ti ammirano. Cinque anni fa ho provato a cambiare modo di pensare. Ancora non ci sono riuscita del tutto, ma sono sulla buona strada».