Serena Williams torna al n.1 WTA per la sesta volta, la prima dopo l’embolia polmonare. “Non lo avrei mai creduto”. Federer cede a Benneteau ed è sempre più lontano dalla leadership.
Serena Wiliams in posa con il trofeo per la numero 1 WTA
 
Di Riccardo Bisti – 16 febbraio 2013

 
Storie di numeri 1 riconquistati e – forse – persi per sempre. Roger Federer e Serena Williams sono nati a 49 giorni di distanza l’uno dall’altro, hanno appena due Slam di differenza (17 lo svizzero, 15 l’americana) ma hanno avuto carriere incredibilmente diverse, sotto tutti i punti di vista. Fedele alla sua nazionalità, Federer è stato un orologio e ha collezionato un record dopo l’altro. Inutile ricordarli qui, non fosse per quelle 300 settimane in vetta al ranking ATP che costituiscono un record tra gli uomini, ma non tra le donne. Ben più travagliata la carriera di Serena, che nel giorno di San Faustino, dedicato a tutti i single, si è ripresa la vetta del ranking WTA. Lunedì inizierà la 124esima settimana al comando, la prima dopo l’embolia polmonare che un paio d’anni fa aveva fatto temere per la sua vita. Era lì, sdraiata su un letto del Sinai Medical Center di Los Angeles, e non sapeva se avrebbe ripreso una racchetta in mano. Mostrando un coraggio fuori dal comune, è tornata a giocare e ha rimesso tutte d’accordo. Victoria Azarenka, numero 1 uscente, è stata l’ultima ad arrendersi all’evidenza. Prima che Serena scendesse in campo, ha schiaffeggiato una buona Sara Errani con un doppio 6-2. Ci teneva, in fondo ha vinto l’Australian Open ed è ancora imbattuta nel 2013. Ma i numeri di Serena Williams sono un’altra cosa. Nel 2012 ha vinto 58 partite su 62, trionfando a Wimbledon, Olimpiadi, Us Open e Masters WTA. Eppure, incredibilmente, ha chiuso al numero 3 WTA. Quest’anno si è imposta a Brisbane, poi le sfighe australiane l’hanno bloccata al numero 2. Ma adesso ce l’ha fatta, commuovendo e commuovendosi dopo il 3-6 6-3 7-5 con cui ha superato Petra Kvitova a Doha. Dopo aver tirato il 14esimo ace si è inginocchiata, come non fa neanche dopo uno Slam. A 31 anni, 4 mesi e 24 giorni, diventerà la più anziana numero 1 nella storia della WTA, superando Chris Evert. Il 24 novembre 1985, ultimo giorno dal leader, la mitica Chrissie aveva 30 anni, 11 mesi e 3 giorni.
 
“Non so come ho fatto – ha detto a caldo – Petra tirava un vincente dopo l’altro. Ho solo provato a restare in partita”. Quando le hanno ricordato il ranking, ha trattenuto a stento le lacrime. “Ormai sono diventata ipersensibile, non faccio altro che piangere! Non avrei mai pensato di farcela di nuovo. Ne ho passate tante…”. E poi ha ringraziato Geova, di cui è orgogliosa testimone, per avergli dato questa possibilità. E ha continuato. “Ci sono stati momenti in cui ho pensato che non avrei più giocato a tennis. Poi ho pensato che non avrei più vinto tornei o Slam. E il numero 1 mi sembrava così lontano. Era un sogno, ero numero 1 quando sono stata colpita da un mare di sfortune (lei ha usato il termine “tragedia”, ndr). Non mi aspettavo di avere quella reazione, ma è stata bella, genuina. Mi sentivo bene, era del tutto inaspettata”. Serena era diventata numero 1 per la prima volta l’8 luglio 2002, quasi 11 anni fa. Era un’altra vita, un altro tennis. Dopo cinque anni di rincorse (e distrazioni), aveva riazzannato la leadership nel 2008. In meno di due anni c’erano stati quattro “stint” al comando prima dello sfortunato incidente al piede, poi sfociato nell’embolia polmonare di inizio 2011. Adesso è di nuovo lassù, e non ha nessuna intenzione di fermarsi. “Sono durata a lungo perchè non ho mai giocato tutte le settimane, 30 tornei all’anno. Non ho fatto attività juniors, non mi sono bruciata presto. E poi ho avuto un paio di infortuni che mi hanno tenuta fuori per un anno. Tutte queste cose hanno contribuito”. L’impressione è che molto dipenda da lei: se continua con questa voglia può restare in cima a lungo. E la voglia sembra esserci: basti ripensare allo sguardo che ha fatto a Melbourne, quando un giornalista le ha chiesto se aveva pensato al ritiro. Lui si riferiva al match contro la Stephens, lei aveva capito a un ritiro dal tennis. In quell'occhiataccia ci sono tutte le motivazioni della nuova Serena.
 
Non ha certo problemi di motivazioni Roger Federer, la cui carriera andrà avanti fino al 2016. Vuole altri Slam, altri record, altra gloria. E magari un oro olimpico in singolare. Guai a darlo spacciato, perchè in pochi avrebbero pensato che nel 2012 sarebbe tornato al numero 1 ATP, invece ce l’ha fatta. Ma per salire in vetta non puoi permetterti scivoloni come quello di Rotterdam contro Julien Benneteau. Il francese è un avversario ostico: ci aveva perso a Bercy nel 2009, e lo scorso anno per poco non ci inciampava addirittura a Wimbledon, ma il 6-3 7-5 con cui si è arreso è una grossa delusione, soprattutto per i tanti fans che avevano colorato di rossocrociato il campo centrale di Rotterdam. Benneteau ha giocato benissimo, ma Federer è stato decisamente negativo al servizio. Ha raccolto appena il 33% di punti con la seconda palla, ed è stato brekkato per cinque volte. Incredibile, per uno come lui. Sotto 6-3 4-1, ha avuto un sussulto d’orgoglio e si è portato sul 5-5. Nell’undicesimo game ha avuto tre palle break che lo avrebbero mandato a servire per il set, ma lì è stato bravo Benneteau. E il break è arrivato al game successivo, suggellato da un passante di rovescio fuori di quel tanto che basta per sigillare una sconfitta che gli costerà 410 punti ATP (lo scorso anno aveva vinto il torneo). Federer e Benneteau si conoscono benissimo, da quando hanno 10 anni. Il francese sa cosa deve fare, ha preso fiducia e gioca senza timori reverenziali. A 31 anni, ha raggiunto la sua miglior classifica (n. 26, oggi è 39) e va a caccia del primo titolo ATP dopo sette sconfitte in finale. Chissà che non ci riesca proprio stavolta. Contro Federer risponde benissimo (cinque break in due set è quasi fantascienza) e lo attacca con entrambi i fondamentali. In particolare, il rovescio incrociato fa male. Con Djokovic nel pieno della maturità psicofisica e un Murray sempre più insidioso, per Roger sarà difficile riconquistare il numero 1. A breve è impossibile, visto che Djokovic dista oltre 2.000 punti e da qui a un mese gli scadranno 1.500 punti delle vittorie a Dubai e Indian Wells 2012. Che San Faustino abbia messo fine alle speranze di tornare al numero 1 ATP? Lo scopriremo tra qualche mese, probabilmente dopo Wimbledon.