L’azzurro non si nasconde dopo il successo con Zverev e vuole arrivare al metallo più pregiato
Cent’anni dopo: non è il titolo di un romanzo di Dumas, anche se la Francia c’entra, eccome. Erano cent’anni che l’Italia non arrivava in una semifinale del torneo Olimpico, proprio a Parigi nel 2024. E domani saranno due: le Maghe del doppio, al secolo Jasmine Paolini e Sara Errani, e Lorenzo Musetti nel singolare maschile. «Sai chi è stata l’unica medaglia dell’Italia ai Giochi?», ho chiesto a Lorenzo Musetti dopo la bellissima vittoria su Sascha Zverev nei quarti. «No», ha confessato. «Uberto de Morpurgo, nel 1924, proprio qui. Vinse il bronzo». «Beh allora cerchiamo di riscrivere la storia – ha sorriso – Anche se un po’ già lo abbiamo fatto». Lorenzo è in stato di grazia, nel corso del torneo non ha ancora perso un set, contro Zverev non si è fatto nemmeno distrarre dal tetto e, come ci ha spiegato, ha iniziato a chiudersi automaticamente (ma non si capisce perché…) sul 15-15 e servizio di Lorenzo sul 4-4 del secondo set. «Sascha voleva aspettare che si chiudesse del tutto», racconta. «Per me si poteva anche continuare a giocare. Per fortuna non mi sono fatto distrarre». Da quando è nato Ludovico – che non è qui, ma si ricongiungerà a papà insieme con mamma Veronica a Flushing Meadows -, sarà un caso, ma il Muso arriva sempre in fondo: semifinale a Stoccarda, finale al Queen’s, semifinale a Wimbledon, finale a Umago, almeno semifinale qui. E guai a dirgli che si è già guadagnato il diritto a battersi per una finale. «Non voglio pensarla così, non voglio parlare di bronzo. Io punto alla finale. Djokovic e Tsitsipas sono due che qui al Roland Garros si trovano a loro agio, ma Stefanos non sta forse attraversando il miglior momento, e Nole l’ultima volta che ci siamo incontrati qui l’ha spuntata soprattutto per la distanza dei tre set su cinque».
Lorenzo vuole l’oro, non lo nasconde. E anche se per scaramanzia non parla di classifica, si sente già un top ten. «Non lo posso dire fino a quando non ci entro, e peccato che qui non contino i punti… Ma sì, se gioco in questa maniera so di potermela giocare con chiunque. speriamo di portarmi dietro questa forma anche nella tournée americana». In questa maniera, o se volete, in altre parole: «Il mio miglior tennis di sempre, tatticamente e anche tecnicamente. Il servizio? Sì, mi aiuta tanto, anche oggi, ma non è questione di velocità, perché non è che servissi piano prima, piuttosto di percentuali. Contro Fritz nel primo set ho servito il 90 per cento di prime, Sascha oggi nel primo set ha fatto un 15 sul mio servizio. Il vero segreto poi credo stia nella mentalità che è cambiata, nella professionalità, nella tenuta mentale. Sì, questo è il miglior Musetti di sempre».
Poi c’è quel gesto, l’indice puntato sullo stellone sullla maglia, dopo aver aperto le bracccia al cielo. A metà fra Bellingham e Musetti, azzarda qualcuno. «No, non è studiata. Ma mi fa piacere sottolineare che qui si gioca per l’Italia, e ho visto che è diventato virale. Ma alle Olimpiadi ci sta, no?». Eccome. Era cent’anni che, alle Olimpiadi, aspettavamo una giornata così.