AUSTRALIAN OPEN – Murray conferma l’attuale superiorità su un generoso Federer, bravo a issarsi al quinto set. Ennesima finale contro Djokovic: è la nuova grande rivalità?
Andy Murray ha mostrato grande rispetto per Roger Federer
 
Di Riccardo Bisti – 25 gennaio 2013

 
In questo momento, Andy Murray è più forte di Roger Federer. Non va escluso qualche altro episodio a favore dello svizzero, soprattutto indoor, ma la tendenza è chiara ed è destinata ad accentuarsi. Qualcuno pensa che il tennis abbia voltato pagina, passando dal dualismo Federer-Nadal a quello Murray-Djokovic. Affermazione supportata dagli ultimi due Slam, con il serbo e lo scozzese puntualmente giunti al match-clou. Per capire a che punto siamo, dovremo seguire con attenzione il ritorno di Rafa Nadal. Quella tra Federer e Nadal, per quanto all’insegna del politically correct, era segnata da un vivace contrasto di stili. E ha vissuto alcuni episodi memorabili, di cui ci ricorderemo tra decenni. Il problema di Novak ed Andy è che sono simili, troppo simili. Giocano a specchio, un tennis-mezzofondo che ha raggiunto la sua massima espressione nella semifinale australiana di 12 mesi fa, nella finale dello Us Open ed anche a Shanghai. Scambi mozzafiato, arditi e spettacolari, ma senza il guizzo che scioglie il cuore e alimenta la fantasia. E poi sono amici, si conoscono da una vita e si rispettano. Difficile costruire una rivalità con queste premesse. Ma l’inerzia è dalla loro parte: Djokovic lo ha confermato in novembre, violando Casa Federer (la 02 Arena di Londra), Murray lo ha ribadito in una fresca serata australiana, dove solo l’orgoglio dello svizzero e qualche fantasma del passato lo hanno tenuto in campo per quattro ore. E’ finita in cinque set, ma avrebbero potuto essere tre, più giustamente quattro. 6-4 6-7 6-3 6-7 6-2 e si capisce tutto: Murray avrebbe potuto vincere tutti i set, ma quando c’è stata bagarre non è riuscito a chiudere. Per vincere ha bisogno di una netta superiorità tecnica, perché sul piano psicologico è ancora inferiore a Federer. Andy è lo stesso che due anni fa si è messo a piagnucolare in mondovisione, dicendo: “Posso piangere come Roger, ma non giocare come lui”.
 
Non potrà imitare la sua classe, la sua tecnica perfetta e le magie. Ma gli è superiore sul piano fisico e in quello che viene definito “tennis percentuale”. La crescita di Murray nasce proprio da lì: quando lo vedi giocare hai una piacevole sensazione di sicurezza. Hai l’impressione che non possa mai sbagliare. E’ così perché si sente forte, ma anche perché si muove in modo impressionante. Potente e leggero, è il più forte di sempre nei cambi di direzione. Per fargli un winner devi lasciarlo a metri dalla palla. Forse ha ragione il suo preparatore atletico, che da mesi va dicendo che sullo scatto breve (20-30 metri), Andy riuscirebbe e star dietro a Usain Bolt. Questo mucchietto di ragioni, unito alla rassicurante presenza di Ivan Lendl, spiega un successo che non è quasi mai stato in discussione. Ancora una volta, i bookmakers hanno avuto ragione dando lo scozzese come favorito. Volendo trovare una ragione tecnica, Murray è stato più efficace con il servizio, tirando 21 ace contro i 5 di Federer e tenendo percentuali più elevate. Ha tirato più vincenti, ha commesso meno errori, ha vinto una trentina di punti in più…c’è da stupirsi che Federer l’abbia trascinata al quinto. Lo svizzero si è aggrappato alla classe nei momenti importanti, come le fasi finali del quarto set. Avanti 5-4, ha perso otto punti di fila e mandato Murray a servire per il match. Sotto 30-15, ha approfittato di una scelta sbagliata di Murray per andare 30 pari e poi si è inventato il colpo del match per andare a palla break. Si è difeso con uno splendido slice, poi lo ha infilato con un gran rovescio lungolinea che ha fatto esplodere la Rod Laver Arena, tutta schierata per lui. Un dritto in corridoio di Murray gli ha regalato il tie-break, letteralmente dominato. Ma nel quinto aveva meno benzina, ed è stato un rapido planare verso la sconfitta. L’ultima mezzora ha ricordato la finale del 2009, quando Nadal aveva più energia di lui al momento di sprintare.
 
Federer ha ancora frecce al suo arco, ma la piega che ha preso il tennis non è positiva per lui. Il fisico conta più della tecnica, il passante è più importante della palla corta, il fiato è più utile di una magia. Per questo rischia di faticare sempre di più sulla lunga distanza. Tuttavia, negli ultimi anni della carriera, Federer avrà un’arma in più: il calore del pubblico. Ovunque vada, è trattato come una divinità. L’apice si è raggiunto alle ATP World Tour Finals, quando il pubblico di Londra era tutto per lui contro Murray. Un tifo da stadio. Si è visto qualcosa di simile anche nella notte australiana. Ogni punto di Roger era accompagnato da un’ovazione. Murray è stato bravo a gestire la situazione. Non si è messo contro il pubblico, si è limitato a qualche fisiologico “Come on!” ma si è comportato con grande signorilità. Anche dopo il matchpoint non ha quasi esultato. Era rispetto più che presunzione, umiltà piuttosto che spacconaggine. Per questo merita rispetto. Il trash-talker di qualche anno fa ha lasciato spazio a un uomo che sta acquistando i pregi della maturità senza perdere quelli dell’adolescenza, eliminando buona parte dei difetti. Buona parte del merito è di chi gli sta vicino, a partire da Ivan Lendl e la fidanzata Kim Sears. La finale è meritata e adesso aspettiamoci una dura battaglia, probabilmente sopra le quattro ore. Murray lo ha detto chiaramente: “Sono pronto per il dolore. E sinceramente spero che sia una partita dolorosa, significa che sarà bella”. Punti di vista. Djokovic, intanto, è avvisato.