Lo scozzese schianta fisicamente di Ferrer e trionfa a Miami al termine di una finale che è sembrata un tappone pirenaico. Spettacolo, poco. Nostalgia (di Federer), tanta. 
Andy Murray ringrazia molto in alto per la sua vittoria a Miami

Di Riccardo Bisti – 1 aprile 2013

 
Andy Murray e David Ferrer hanno una grande sfortuna: giocano nell’epoca di Roger Federer. Quando vedi finali come questa, il pensiero corre inevitabilmente a Re Roger. Lo scozzese e lo spagnolo, inoltre, scontano una personalità meno spiccata di Rafael Nadal e Novak Djokovic, spesso protagonisti di partite simili pur senza subire le critiche già piovute addosso ai due poveracci spediti in campo alle 11.30 del mattino per volere della CBS, che a una certa ora doveva trasmettere il match NCAA tra Florida e Michigan. Come se volessero fare un dispetto ai cattivoni della TV americana, Andy e David si sono presi a randellate per quasi tre ore, fino a quando lo scozzese si è aggiudicato la gara di resistenza con il punteggio di 2-6 6-4 7-6, non prima di aver annullato un matchpoint. E le fasi finali sono state trasmesse soltanto in differita. Dicevamo: qualsiasi partita dal sapore più muscolare che tecnico finirà per essere paragonata a un match di Roger Federer. Tuttavia, anche un tennis diverso ha il suo fascino. E non sempre l’alto numero di errori gratuiti è sinonimo di cattivo spettacolo. Sotto il sole della Florida, Murray e Ferrer hanno commesso 95 errori a fronte di 37 colpi vincenti. Ma stavolta, dietro a questi numeri, non c’era spettacolo e nemmeno pathos. Diciamolo: è stata una finale bruttina, al di là degli snobismi di chi tifa Federer. Murray è partito malissimo, regalando a Ferrer i primi cinque giochi. Un disastro, “monnezza” tennistica in mondovisione. Poi lo spagnolo è leggermente calato, consentendo a Murray di rimettersi in parità. Il punteggio maturava tra un errore e l’altro, come se il rendimento dell’uno risucchiasse l’altro.
 
Nel terzo set – se possibile – il livello è ulteriormente calato. In dodici game (tie-break escluso) abbiamo visto la bellezza di otto break.
Si sono visti quasi più break nel terzo set di Murray-Ferrer che in tutta la finale femminile (Serena Williams e Maria Sharapova ne avevano realizzati nove). Fosse stata una partita di calcio, sarebbe stato il classico 0-0 tra i fischi. Persino Annibale Frossi, l’uomo che teorizzò la “perfezione” della partita a reti inviolate, sarebbe rimasto deluso. Ma nel tennis non puoi mettere il segno X, e allora il match si è ravvivato. Nel penultimo game, sul 6-5 in suo favore, Ferrer è arrivato ad un passo dal titolo. Matchpoint. Sarebbe diventato il primo spagnolo a trionfare a Miami dopo cinque KO in finale (tre collezionati da Nadal, uno da Moya e uno da Bruguera). Murray ha scagliato un dritto sulla riga. “Ferru” l’ha visto fuori e ha chiesto l’ausilio di occhio di falco. Purtroppo per lui, il pennuto ha dato ragione a Murray. Il match-maratona è terminato lì. Lo spagnolo, già sofferente alle gambe (si è fatto massaggiare le cosce in tre occasioni), è crollato mentalmente. Subito sotto nel tie-break, sull’1-4 ha giocato uno scambio di 28 colpi, terminato con un rovescio largo. Dopo l’errore si è accasciato per terra, devastato dai crampi, come un pugile suonato o un ciclista in acido lattico. Gli ultimi due punti sono stati una passerella per Murray, che ha avuto il merito di restare lucido mentalmente e fresco fisicamente. Non era affatto scontato.
 
Andy aveva ragione. Qualche giorno fa, parlando della sua paura di infortunarsi, aveva spiegato perchè impiega così tanto (anche un’ora e mezzo) per andare a parlare con i giornalisti dopo un match. Deve effettuare una routine che tuteli il suo corpo. Anche per questo non ha dato segni di cedimento e si è aggiudicato il 26esimo titolo in carriera, il nono nel circuito Masters 1000. L’ultimo risaliva al 2011, quando vinse a Shanghai battendo in finale proprio Ferrer. Questo risultato fa disperare la moltitudine dei tifosi di Federer, che vedranno il loro idolo scalzato da Murray al numero 2 ATP. E così Roger scenderà sul gradino più basso del podio. Non è una novità: è già uscito dai primi due per quasi 15 mesi, tra il marzo 2011 e il giugno 2012. A fine 2011 è sceso addirittura in quarta posizione. Ma il tempo passa: per quanto Federer abbia dimostrato immortalità, stavolta il controsorpasso sembra più difficile. Murray aveva già vinto a Miami nel 2009, ma questo successo sembra più importante. Dopo aver finalmente vinto uno Slam, non si pone limiti. E non è detto che non possa provare a insidiare Novak Djokovic per il numero 1. Molto dipenderà dai risultati sulla terra battuta. Ivan Lendl gli ha fatto il lavaggio del cervello. Gli ha detto che sulla terra può battere tutti, Nadal compreso. Poi ha un fisico da Terminator. La comunità del tennis, tuttavia, gli sarebbe grata se utilizzasse più il braccio e meno i muscoli. Dopo Federer, è il Fab Four che sa trattare meglio la palla. Le dà del tu. Ma nel tennis di oggi le fibre muscolari contano più della libidine fine a se stessa. Murray lo ha capito e si è adeguato. Federer non si adeguerà mai. Per questo lo amano così tanto.

Ferrer e Murray, spossati, durante la premiazione