Primo titolo stagionale per lo scozzese che bissa il successo del 2009, battendo in finale Roger Federer con un doppio 7-5. Gli HIGHLIGHTS…

di Giorgio Spalluto – foto Getty Images

 

Ci sono voluti sei mesi e mezzo ma alla fine ce l’ha fatta Andy Murray a lasciarsi alle spalle l’amarezza di quella finale persa agli Open di Australia, che era risuonata come l’ennesima bocciatura per un talento cristallino rimasto, unico tra i Fab Four, a secco di slam.

L’elaborazione del “lutto” è stata più complicata del previsto. Murray è sembrato in questi mesi regredire dal punto di vista tattico, accettare il più delle volte passivamente di subire il gioco degli avversari.

 

I risultati scadenti successivi al primo slam della stagione, parzialmente riscattati dalla semifinale di Wimbledon, lo avevano portato a separarsi da coach Miles Maclagan, affiancato negli ultimi tempi da Alex Corretja, assunto inizialmente come consulente part-time ma divenuto negli ultimi tempi sempre più ingombrante. E proprio nel primo torneo di una certa caratura disputato dallo scozzese senza alcuna guida tecnica a supportarlo, ecco giungere il più inaspettato dei suoi 15 tornei vinti in carriera, per di più ai danni di colui che aveva dato inizio al suo lungo black-out in gennaio, Roger Federer.

 

Lo svizzero, alla sua 27esima finale in un Masters1000, ha sicuramente pagato le fatiche dei due straordinari match notturni in cui aveva dovuto dare fondo a tutte le energie per respingere gli attacchi ben congeniati di Tomas Berdych e Novak Djokovic. A differenza dei due giorni precedenti la partenza dello svizzero è a dir poco letargica. Murray ne approfitta per involarsi sul 3-0 “pesante” e mettere una seria ipoteca sul primo set. Tutto troppo facile per Andy che restituisce subito uno dei due break di vantaggio (due errori e un doppio fallo), mantenendo comunque il pallino del gioco e costringendo Roger a remare ben oltre la linea di fondo. La lezione di Melbourne è evidentemente servita ad Andy, colpevole in Australia di aver lasciato quasi sempre l’iniziativa all’elvetico. Sin dalla risposta, Murray prende in mano il comando delle operazioni, punendo in maniera chirurgica ogni tentativo di serve & volley dello svizzero. Solo il servizio non sembra così efficace come nella semifinale vinta contro Nadal dove, nel solo primo set, Andy aveva messo a segno ben 8 ace. La percentuale di prime non supera il 50% e, puntuale come un orologio svizzero, sul 5-4 per lo scozzese, giunge il controbreak grazie al secondo doppio fallo del numero 4 del mondo. Sul 5 pari, Federer va sotto 15-40, annulla due palle break, manca l’opportunità di salire 6-5, finendo per perdere il servizio per la terza volta nel set. E alla seconda chance, sul 6-5, Murray chiude il set tenendo la battuta a 15.

 

Il secondo parziale viene spezzettato dalla pioggia che fa irruzione una prima volta sul 2-1 per Federer. Si riprende con Murray che fa in tempo solo a tenere il servizio del 2-2, che è già ora di tornare negli spogliatoi. Dopo una pausa di quasi sessanta minuti, si torna in campo per pochi scambi, quelli sufficienti a Murray per strappare nuovamente il servizio a Roger. Sul 3-2 per Murray, 30-30, si torna nei locker-room per un’altra cinquantina di minuti di stop. Questa volta è lo svizzero a ripartire meglio dai blocchi, recuperando subito il break di svantaggio con uno splendido passantino basso che Murray non riesce a gestire. La partita segue l’ordine dei servizi fino al 5-5. Qui Roger si fa infilare per ben due volte dai passanti di rovescio dello scozzese che ottiene il break e va a servire per il match. Nel game successivo Roger si procura con una splendida risposta una palla per il tiebreak ma Andy la annulla con un ace, e poi con un altro ace si va a match point. Un errore di rovescio tiene in vita lo svizzero che, però, si arrende poco dopo, non riuscendo a tenere in campo un lob difensivo.

 

Per Murray si tratta del 15° titolo in carriera (il quinto in un “1000”), il primo dell’anno e il secondo consecutivo all’Open del Canada dopo il titolo del 2009 vinto su Juan Martin Del Potro. L’ultimo a centrare il back-to-back era stato Andre Agassi nel 1994-95. Lo scozzese, inoltre, diventa il quinto giocatore a battere nello stesso torneo sia Roger Federer che Rafael Nadal, dopo Novak Djokovic (Montreal 2007), David Nalbandian (Madrid 2007 e Bercy 2007), Juan Martin Del Potro (US Open 2009) e Nikolay Davydenko (Master 2009 e Doha 2010).

 

Per Murray quella odierna è la settima vittoria (su 12 confronti) colta ai danni di Roger, ma solo la prima in una finale, dopo le sconfitte patite ai già menzionati Australian Open di quest’anno e, in precedenza, nella finale di Bangkok 2005 e quella degli US Open 2008. E proprio all’ultimo slam stagionale, Andy ha dato appuntamento allo svizzero fin dalla cerimonia di premiazione, per asciugare le lacrime australiane e rimarginare una ferita che la vittoria canadese, ha solo in parte cicatrizzato.  

 

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Gli Highlights della finale

 


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