Lo scozzese nella seconda semifinale regola il ceco con un triplice 6-3 in una partita senza storia. Terza finale ai Championships e terza finale Slam dell’anno…da Wimbledon, DANIELE ROSSI

da Wimbledon, Daniele Rossi – foto Getty Images

 

Tomas Berdych lottava contro il suo inesorabile destino, quello di non riuscire a colmare quella distanza, che a volte sembra piccolissima ma che in realtà è enorme, che divide gli ottimi giocatori dai campioni. Lottava, ma i suoi sforzi erano vani, mentre Andy Murray – che campione lo è davvero – vinceva il match senza sforzarsi più di tanto, per raggiungere la sua undicesima finale Slam, la terza a Wimbledon, la terza in altrettanti Slam nel 2016.
 
La cronaca del match è scarna: tre set, un periodico 6-3, per un Murray che ha saputo sfruttare le sue occasioni al momento giusto, tutto il contrario del ceco che quando il punto contava, combinava inesorabilmente qualche disastro
 
La partita l'ha fatta lui, come dimostrano le statistiche (31 vincenti di Berdych, contro i 17 di Murray), ma la differenza l'ha fatta la percentuale di punti vinti con la seconda di servizio (55% per Andy, appena il 33% per Tomas): nel momento in cui si entrava nello scambio infatti, lo scozzese era maestro nella manovra e nello spostare il granatiere ceco dalla sua comfort zone, costringendolo all'errore.
 
Anche il servizio (soprattutto quello in slice) ha funzionato alla perfezione, tanto che Murray non ha neanche avuto bisogno del supporto del pubblico, entrato sul Centrale in stragrande maggioranza a partita in corso, a causa delle 'fatiche' della prima semifinale.
 
Il 'Lendl effect' continua dunque: undici vittorie su altrettante partite disputate da quando Ivan Il Terribile è tornato nel suo angolo. La presenza dell'ex campione cecoslovacco non ha portato nessun cambiamento a livello tecnico-tattico, ma basta la sua presenza per rendere Andy molto più calmo e sicuro di sé.
 
Murray domenica cercherà di migliorare il suo pessimo record nelle finali Slam, che recita un avvilente 2-9. Sarà però la prima volta che non incontrerà uno tra Federer, Djokovic e Nadal. Un'occasione d'oro per scrivere a caratteri ancora più grandi il suo nome nella storia del tennis e dei Championships.
 
I precedenti con Milos Raonic sono a lui favorevoli: 6-3, con cinque vittorie consecutive, di cui tre arrivate nel 2016. L'ultima, poche settimane fa alla finale del Queen's. Non succedeva dal 1988 che la finale di Wimbledon fosse uguale a quella del torneo della Regina.
 
Ai tempi, Becker vinse al Queens's e Edberg a Church Road: una piccola fiammella di speranza per Raonic, anche lui alla spasmodica ricerca di colmare quella distanza che lo separa dal diventare un campione.
 
Ma questo non è l'unico particolare precedente che sorride al canadese. La finale di domenica sarà anche la riedizione di una delle rivalità più accese degli anni '80: Lendl contro McEnroe. E anche se Ivan ha concluso gli head to head a suo favore (21 a 15), l'unico precedente giocato su questi prati è stato a favore dell'americano, vittorioso nella semifinale del 1983.