Seconda finale consecutiva a Melbourne per lo scozzese che ha battuto un avversario mai domo, con il punteggio di 4-6 7-6 6-1 7-6…

di Giorgio Spalluto – foto Getty Images

 

La prima volta a New York, nel 2008, si svolse tutto così in fretta che non ci capì nulla. L’anno scorso a Melbourne andò un po’ meglio ma gli strascichi della mazzata finale si riverberarono sul resto della stagione. Questa volta è diverso. La terza finale in un major, Andy Murray la sta giocando nella sua testa già da mercoledì sera, da quando, cioè, Rafael Nadal tornò scuro in volto dagli spogliatoi per l’infortunio occorsogli dopo i primi tre giochi. Da quel momento, per il 23enne di Dunblane è cominciata una lunga ed estenuante attesa, resa ancor più sfibrante dal fatto che ad attenderlo domenica alle 19.30 ora locale, non ci sarà la sua nemesi negli Slam, Roger Federer. Quattro lunghi giorni, in cui cercare di non lasciarsi sopraffare dalle emozioni non deve essere affatto facile.

 

Difficile, quindi, riuscire a concentrarsi a dovere per un incontro dall’esito già scritto, contro un avversario nettamente inferiore dal punto di vista tecnico, ma con il vantaggio psicologico di scendere in campo senza nulla da perdere e con la speranza di rinviare ancora di un paio di giorni il viaggio di ritorno, il cui biglietto il suo coach aveva già comprato per martedì scorso…

 

Come spesso gli accade quando di fronte gli si para un giocatore da lui ritenuto non all’altezza del suo innato talento, a scendere in campo in luogo del numero 5 del mondo, è l’epigono del Dr. Jekyll di Stevensoniana memoria.  Mai propositivo, di una passività irritante, a tratti esasperante, lo scozzese, incitato nel suo box anche da Caroline Wozniacki, non sfrutta un break di vantaggio, sul 4-3 della prima frazione, subendo il ritorno di Ferrer che mette a segno tre giochi consecutivi e mostrando la consueta solidità che bene si sposa con l’eccessiva fallosità del suo avversario, autore di ben 16 errori gratuiti, a fronte dei soli 6 dello spagnolo.

 

La seconda palla di Murray è un vero e proprio bagno di sangue (chiuderà il primo set con il 27% di realizzazione). La masochistica tendenza a non consolidare il break di vantaggio, autentico leit-motiv di tutto l’incontro, si perpetua ancora un volta in apertura di secondo parziale. Lo scozzese subisce immediatamente il break strappato nel primo game e rischia più volte di capitolare, salvandosi con la prima di servizio. Nel sesto game, sul 3-2 per lo spagnolo, sono tre le palle break non sfruttate da Ferrer che continua a correre come un ossesso. Sul 5-4, sempre in favore del numero 7 del mondo, giunge quello che probabilmente è il momento che decide l’incontro. Pressato dalla risposta come al solito anticipata del giocatore iberico, Murray non controlla un rovescio e regala un setpoint a Ferrer. Si scoprirà più tardi come Andy fosse convinto di essere sul punteggio di 4-3 e, quindi, di fronteggiare una “semplice” palla break. Inconsapevole della pericolosità del punto in questione, lo scozzese capisce comunque di dover chiedere qualcosa di più al servizio e, con una prima centrale, si cava d’impaccio dando il la a un parziale di 7 punti a 2 che gli consente di strappare la battuta a Ferrer e andare a servire per il set, sul 6-5.

 

Ancora una volta Murray difetta di concentrazione. Come spiegarsi altrimenti, l’ennesimo controbreak subìto (il terzo del match) immediatamente dopo aver operato il break? Per portare a casa ogni singolo punto, Ferrer è costretto a delle maratone estenuanti che gli presentano il conto nel tiebreak faticosamente conquistato.  Murray lo gioca da campione, aggiudicandosi con una splendida accelerazione di rovescio in diagonale, un primo scambio massacrante con cui si apre una striscia di 6 punti consecutivi che prelude al 7-2 finale.

 

Sembra finita per Ferrer che appare sempre più spossato dalle maratone cui è sottoposto. Nonostante ciò, nel terzo game, ha a disposizione due palle break. Murray si salva anche grazie a un ace e approfitta della frustrazione del suo avversario per le tante chance non sfruttate, mettendo a segno un parziale di 5 giochi consecutivi. Si chiude così con il punteggio di 6-1 una frazione che sembra definitivamente porre fine alle velleità di successo dello spagnolo. Sensazione, quest’ultima, avvalorata dal break subito a zero da Ferrer nel primo gioco del quarto set. La striscia di game in favore di Murray sale a 7.

 

Avanti 2-0, con la testa che con tutta probabilità è tornata al match che lo attende domenica, Andy spreca una chance per il doppio break di vantaggio, ridando coraggio a un avversario che prontamente ringrazia, operando a zero il controbreak. Ci risiamo. Mister Hyde torna a lasciar spazio al Dr Jekyll. Alla sufficienza che ha caratterizzato gli ultimi giochi dello scozzese, fa da contraltare la commovente lucidità dello spagnolo che, con le unghie e con i denti, si arrampica al secondo tiebreak dell’incontro, nonostante Murray delizi il pubblico, sul 5-5, con un passante di rovescio in controbalzo spalle alla rete. Applausi a scena aperta ma anche rabbia per un talento straordinario, incapace di tenere alta la concentrazione, se non in pochissimi frangenti del match. Uno di questi è l’ultimo tiebreak, dominato dal figlio di una Judy scatenata sugli spalti: 7-2 lo score finale, impreziosito da un’ultima splendida demivolee di rovescio, su cui Murray neanche esulta. Quella di oggi, infatti, non era semifinale. Era una semplice tappa di avvicinamento all’ultimo atto. Due giorni sono passati dall’inizio della sua personalissima finale. Ne mancano ancora due al “redde rationem” contro Novak Djokovic (4-3 per il serbo il bilancio degli head to head). Un’inezia rispetto ai 75 anni di amaro digiuno che i sudditi di Sua Maestà vorrebbero finalmente poter archiviare.

 


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