Erano le 3 di notte quando Andy Murray superava Marius Copil e si commuoveva, dando sfogo a un mare di emozioni. “Non va bene finire così tardi, il mio corpo non è al top, non so se giocherò la prossima partita”. Nei quarti è atteso da Alex De Minaur. Il Citi Open è fortemente condizionato dalla pioggia.

Può capitare di commuoversi per aver vinto una partita a Washington, anche se hai vinto per due volte a Wimbledon? A quanto pare, è possibile. Per informazioni, chiedere ad Andy Murray. In uno dei match più “notturni” della storia, ha avuto bisogno di tre ore per battere Marius Copil e raggiungere i quarti al Citi Open. La pioggia ha tardato il programma e gli organizzatori li hanno mandati in campo a mezzanotte: ergo, il match è terminato alle 3 del mattino, quando in Italia erano le 9. Ma è valsa la pena seguirlo per l'umana reazione di Andy dopo il successo. Dopo essersi seduto sulla sua panchina, si è abbandonato alla commozione. Un pianto vero, sincero, la catarsi dopo un anno d'inferno, colmo di frustrazioni, di voglia di rientrare abortita in più occasioni. Erano rimasti soltanto in 100, sul campo centrale, ed Andy non ha avuto timore nell'esprimere il suo pensiero. “Finire una partita alle 3 di notte non è buono. Non lo è per i giocatori, per tutte le persone impegnate nel torneo, per il pubblico, per le TV… per nessuno". Fermo per undici mesi, aveva provato a forzare il rientro per esserci a Wimbledon, ma Queen's e Eastbourne gli avevano dato sensazioni contrastanti, allora ha lasciato perdere i Championships (durante i quali si è riciclato nelle vesti di telecronista). Sceso al numero 832 ATP, ha giocato una partita tutto cuore contro un giocatore molto bravo tecnicamente, in grado di metterlo in difficoltà. L'asticella delle difficoltà si alzerà stanotte, quando dovrebbe affrontare il rampante Alex De Minaur. Usiamo il condizionale perché, fuori dagli spogliatoi, Murray ha sussurrato a un piccolo gruppo di cronisti che potrebbe anche lasciar perdere e dare forfait.

CORSA CONTRO IL TEMPO
“Sto parlando dalla posizione di chi è appena tornato da un lungo, lungo infortunio – ha detto Murray dopo il 6-7 6-3 7-6 finale – non credo che dovrei essere messo in una condizione del genere, specie quando devi giocare il giorno dopo. Non credo che sia ragionevole. Sono deluso: so che il tempo era cattivo e che la programmazione deve rispettare certe esigenze, ma mi sono trovato in una posizione molto complicata”. In effetti, la pioggia su Washington è costata un ritardo di tre ore e mezzo. Appena il cielo ha smesso di piangere, tutti in campo. Alcuni giocatori sono stati costretti a giocare due partite in un giorno. “Il mio corpo non sta troppo bene, almeno in questo momento” ha ammesso Murray nella notte di Washington. Gli organizzatori hanno collocato il suo match come ultimo, intorno alle 21 locali. Di solito, un professionista riesce a recuperare una condizione accettabile in 18 ore. In altri tempi non sarebbe stato un problema per Murray, ma in effetti viene da due match molto impegnativi (al secondo turno aveva lottato duro anche contro Kyle Edmund). “Non so come si aspettano che possa recuperare: quando avrò terminato con la routine dopo il match saranno le 5.30-6 del mattino. Cercherò di svegliarmi il più tardi possibile, ma a causa dell'orologio biologico potrei dormire anche solo due ore. Insomma, sarebbe come giocare due partite in un giorno”. Forse avrebbe potuto evitare la maratona se avesse sfruttato un vantaggio di 5-0 nel tie-break del primo set. Lo ha perso, ma ha mantenuto il giusto atteggiamento e alla fine l'ha portata a casa. Chissà se troverà la forza e la voglia di scendere ancora in campo. Probabilmente gli organizzatori lo pregheranno.