Da New York, Francesco Camanzi – foto getty images
Nel Regno Unito, dove la sua nazionalità oscilla tra la bandiera inglese e quella scozzese a seconda che vinca o perda, lo chiamano "The Muzzard", un neologismo coniato dall'unione del suo cognome e del termine wizard, mago. Andy Murray, oggi, ha imbracciato la sua racchetta magica ed è riuscito in un doppio intento: addomesticare i fastidiosi mulinelli di vento che hanno spazzato l'Arthur Ashe e sconfiggere Tomas Berdych, già giustiziere di Roger Federer, nella prima semifinale del torneo. Andy si è aggiudicato in questo modo la sua seconda finale a Flushing Meadows, superando in quattro set (5-7 6-2 6-1 7-6) un avversario onorevole ma raramente capace di incastrare il mago di Dunblane. Come spesso accade Murray la vita se l'è complicata da solo, approcciando male la partita e concedendo ingenuamente un set; poi, avanti di un break nel quarto e decisivo set, si è fatto rimontare dal ceco, prima di chiudere in un tie-break tutto emozioni.
La prima semi di giornata comincia con un'ora e mezza di ritardo a causa della pioggia. Alle 12:30 sul Centrale del National Tennis Center spira un forte vento che sarà protagonista di tutta la partita, arrivando addirittura a scaraventare una sedia in campo prima di un turno di battuta di Berdych… A completare l’opera un fastidioso ondeggiare di sole e nuvole che ha caratterizzato tutto il pomeriggio newyorkese. In queste condizioni è difficile giocare, anche per campioni di questo livello. Se per il ceco, però, trovare il dosaggio della potenza è stato un dilemma per tutto il match, per Murray è bastato un set per ambientarsi alle condizioni climatiche. In sala stampa, raggiunto da due leggende “scottish”, Sean Connery e Sir Alex Ferguson, Andy dirà: “Non avevo mai giocato con un vento del genere. Fisicamente la partita non mi ha provato, è stata dura per altre ragioni”
Si comincia con il ceco al servizio e, dopo due game di studio, è già ora di break. Nel terzo e nel quarto Andy e Tomas si rubano il servizio a vicenda, poi il set prosegue in equilibrio fino all’undicesimo gioco quando Murray si distrae e lascia scappare l’avversario sullo 0-40. La seconda palla set è quella buona, 1-0 Berdych.
Nel secondo set Murray prende le misure al numero 7 del ranking, parte con un break e strappa il servizio una seconda volta nel quinto gioco prima di chiudere sul 6-2 finale. Stesso copione per il terzo set: Andy sembra aver trovato l’incantesimo giusto per far girare il vento, Berdych non passa più con la convinzione del primo set. Risultato: break nel primo, nel terzo e nel settimo gioco e set in ipoteca. Sorpasso Murray.
Il quarto e decisivo set è il più equilibrato. Murray scappa sul 3-0 e sembra lanciato verso la finale ma Berdych non ci sta. Rimonta caparbiamente e trascina l’incontro al tie-break. Nell’esito finale del set the Muzzard si esalta, gioca alla sua maniera, difendendo strenuamente e ripartendo con accelerazioni improvvise, sonnecchiando e piazzando l’affondo decisivo quando l’avversario sembra in controllo. E così, dopo l’illusione dei primi punti, arriva una risposta incrociata di rovescio da manuale e un dritto fuori misura di Berdych che regala la seconda finale degli US Open allo scozzese.
Andy sfiderà uno tra Ferrer e Djokovic, inchiodati sul 5-2 del primo set in favore dell’iberico. Per lui è la quinta finale di uno Slam. Nell’ultima, sui prati amici di Wimbledon, ha strappato un set a Sua Maestà Federer. In quella che si giocherà Lunedì, per il quinto anno consecutivo, ha forse qualche speranza in più. Per emulare il suo coach Lendl e riscrivere la storia del tennis.
(3) A Murray b. (6)T Berdych 57 62 61 76