E’ iniziato il mese di passione per Andy Murray. Riuscirà finalmente a vincere Wimbledon? Lui ne ha capito la magia, lo ha visitato in solitudine e si affiderà alla sua routine. Con l’aiuto di Kim e Ivan.
Andy Murray a colloquio con Ivan Lendl. Insieme alla fidanzata Kim, l'ex numero 1 ATP è la persona piu importante nella carriera dello scozzese
Di Riccardo Bisti – 14 giugno 2013
Subito dopo il Roland Garros, i giocatori prendono l’Eurostar e si fiondano in Gran Bretagna per i tornei sull'erba. Tutti tranne uno: Andy Murray ha saltato Parigi e ha iniziato in anticipo gli allenamenti per Wimbledon. E’ il torneo più famoso, un monumento che travalica i confini del tennis. Per un tennista britannico, tuttavia, può anche essere una maledizione. Soprattutto se il successo manca dai tempi di Fred Perry e nessuno è nemmeno andato vicino a imitarlo. Almeno fino a quando è arrivato Andy. Nella finale dello scorso anno, il risultato ha dato ragione a Roger Federer, ma finalmente Murray è stato alla sua altezza. Nelle precedenti finali Slam (Us Open 2008, Australian Open 2010 e 2011) aveva deluso, senza portare a casa neanche un set. A Church Road è andata diversamente. Ha pianto nell’intervista con Sue Barker, ma aveva appena seminato per il torneo olimpico, vinto cinque settimane dopo, sullo stesso campo, contro lo stesso avversario. Altre cinque settimane, e la vittoria allo Us Open ha messo fine a 76 anni di attesa. 76 lunghi anni che hanno separato la Gran Bretagna da un titolo del Grande Slam. E la gente ha scoperto un ragazzo emotivo, sensibile, appassionato e sinceramente grato alla gente. Ogni donna voleva un abbraccio, ogni uomo voleva offrirgli una birra.
Murray ha impiegato qualche anno per capire che Wimbledon è casa sua. Era un ragazzo pallido, magro e timido. Oggi è uno dei principali aspiranti al titolo. Secondo i bookmakers, è il secondo alle spalle di Novak Djokovic. In otto anni sono cambiate tante cose. I coach andavano e venivano, la stampa faticava a capire il suo talento. Ma il tifo della gente non è mai venuto meno. Lo hanno sempre sostenuto, anche quando veniva battuto da Nadal o da Roddick e la finale sembrava un tabù. Ai tempi delle prime apparizioni, il clima soffocante di Wimbledon non gli piaceva. Preferiva l’energia trascinante di Flushing Meadows. In fondo, non è un caso che abbia vinto proprio lì. Eppure Murray non è uno sfacciato. E' un timido, preferisce stare lontano dai riflettori, accanto alla bella Kim Sears e agli inseparabili cani Maggie e Rusty, due border terrier ai quali ha dedicato addirittura un profilo Twitter. Mentre Nadal e gli altri sgomitavano sulla terra di Parigi, lui è andato a Wimbledon e ha respirato a pieni polmoni l’aria incontaminata, ha guardato i prati ancora verdi, perfetti. “Mi sono seduto sulle tribune del Centre Court, non c’era nessuno e ho pensato ai match del passato. Se lo avessi fatto 5-6 anni fa, non avrei saputo apprezzare. Sarebbe stato un campo come un altro. Ma adesso significa molto per me. Sembra passato così tanto tempo dalla prima volta”. Il tempo passa anche per lui: Murray è arrivato alla mezza età tennistica, forse la migliore. E’ già esperto, ma è ancora abbastanza giovane. Quando arriva la stagione sull’erba, i media-pescecani osservano, discutono e sezionano ogni suo gesto. Sarà in forma? Sarà pronto? Stavolta ce la farà? Sul Campo Centrale non si nasconderà, e nemmeno quando dovrà firmare qualche centinaio di autografi.
Ma pochi conoscono il vero Andy. Negli anni, ha imparato ad assorbire pressioni e aspettative. Prima di lui c’è stato Tim Henman. Il buon Timbledon provava a isolarsi da tutto e da tutti. Ma durante il torneo era pallido e tirato. Era nervoso. Anche Murray è nervoso, ma in modo diverso. Lo scozzese usa la tensione a suo favore. E poi, mantenendo la sua routine, si mette tutto alle spalle quando entra nella sua villa di Surrey, pagata 5 milioni di sterline. Il suo rifugio si trova a meno di 30 minuti di macchina dall’All England Club. Significa che durante il torneo può dormire nel suo letto, può portare a spasso gli amati cani, oppure dare una mano ai fornelli a Kim Sears (anche se non è esattamente uno chef). La famiglia si prende un semplice saluto, poi incassa la sua compagnia (e le sue scuse) a cose fatte. “Quando inizi a giocare, non pensi certo alla pressione – dice Andy – poi le cose cambiano e credo di aver imparato a gestire bene il mio tempo. Per esempio, la settimana prima di Wimbledon è meglio non fare attività pubblicitarie, in modo da potersi allenare e concentrare. All’inizio non lo facevo, dicevo si a tutti e mi ritrovavo con un impegno dopo l’altro”.
La figura di Kim Sears è fondamentale. Essendo figlia di un coach, conosce i tempi e le esigenze di un tennista. “Averla accanto dopo aver perso la finale di Wimbledon è stato bellissimo. Mi ha aiutato a riprendermi. E’ stata l’unica persona che ho visto per 4-5 giorni”. La loro storia d’amore è iniziata otto anni fa e procede a gonfie vele dopo una breve pausa. Si dice che lei lo avesse mollato perchè dedicava troppo tempo alla Playstation. Non lo sapremo mai. Una cosa è certa: Kim non è la tipica WAG che vive di luce riflessa. Lavora, tiene molto alla sua indipendenza. Fuori dal campo è una presenza silenziosa, fuori dal tennis è una discreta pittrice. Si è specializzata nei ritratti degli animali. Ama la vita normale. “Non cerca la fama a tutti i costi. Non uscirà mai per avere una paparazzata in più. Mantiene un profilo basso e, conoscendo il tennis, sa cosa succederà nelle prossime settimane”. Un altro personaggio-chiave, ovviamente, è coach Ivan Lendl. Anche lui sa bene cosa succederà. Non era britannico, ma si era messo addosso una pressione pazzesca perchè voleva vincere Wimbledon a tutti i costi. Non ce l’ha fatta, e un eventuale successo di Murray sarebbe anche una sua riscossa. “Dopo la finale dello scorso anno, mi ha detto che era contento di come avevo giocato e poi una frase molto importante: che non avrei mai più avuto così tanta pressione per una partita di tennis. E così, alle Olimpiadi, ero molto più rilassato”. Solita storia alla finale dello Us Open. “Goditi la partita, Andy. Non pensare alle quattro finali perse. Hai lavorato per tutta la vita per arrivare qui, e allora goditela”. Cinque ore dopo, Murray aveva vinto lo Us Open. Era esausto, ma la sua vita era cambiata per sempre. Ma Andy è sempre lo stesso. Continua a prendere in giro i giornalisti, soprattutto quelli di mezza età, è iper-protettivo con famiglia e amici, ed impazzisce nel giocare con i suoi cani. A Wimbledon vedremo questo Murray, lo stesso che 12 mesi fa disse: “Tutti parlano della pressione di giocare a Wimbledon, di quanto sia difficile. Ma non è il pubblico a rendere tutto difficile. La vostra passione rende tutto più facile, più bello, più entusiasmante. Il vostro sostegno è qualcosa di incredibile. Grazie”. Wimbledon è lì, a pochi giorni di distanza.
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