Nella suggestiva cornice della 02 Arena, il beniamino di casa vince 6-3 3-6 6-2 il primo incontro del Gruppo A su un Del Potro comunque coraggioso….
da Londra, Giorgio Spalluto – foto Getty Images

Non poteva iniziare meglio per i sudditi di Sua Maestà la 40° edizione delle Atp World Tour Finals, nella maestosa cornice della O2 Arena, pervasa in ogni dove di fasci di luce dei colori blu e violetto, gli stessi del rettangolo di gioco che perfettamente risalta nell’ambientazione scenografica messa a punto dagli organizzatori. Attorno al manto in GreenSet Gran Prix mediamente veloce (“Il terreno ideale per Federer” secondo Del Potro) c’è il buio più assoluto. Se dovessimo fare un paragone con un’altra grande arena, potremmo accostare l’atmosfera della 02 Arena a quello dello Staples Center, di Los Angeles, teatro delle gesta dei campioni NBA dei Lakers ed, in luglio, dell’ultimo saluto a Michael Jackson. Proprio il grande Re del Pop avrebbe dovuto inaugurare alla 02 Arena una serie di 50 date, che avrebbero dovuto dare un po’ di ossigeno (d’altronde si chiama 02) alle casse di un “palazzetto” (capace di ospitare fino a 18.000 persone), ristrutturato in occasione delle celebrazioni del nuovo millennio, ma che rischiava di rimanere una cattedrale nel deserto.

La struttura sormontata da dodici piloni (simboleggiare i dodici mesi dell’anno, le dodici ore dell’orologio, d’altronde siamo a Greenwich…), ha restituito al Master l’entusiasmo smorzato dall”esilio” cinese (4 anni a Shanghai), che gli inglesi sembravano voler riservare solo a Wimbledon. Con le sue coreografie vivaci e con la musica dispensata in quantità industriale, durante qualsiasi pausa di gioco, la 02 Arena pare così voler cambiare faccia al paludato pubblico britannico che ha accompagnato con molto trasporto (ma con altrettanta correttezza) il beniamino di casa, Andy Murray al primo successo nel girone A, ai danni di un Del Potro, bravo a resistere ai mille acciacchi che lo hanno perseguitato nel post-US Open.

La coreografia iniziale è a dir poco “palpitante”, con l’arena al buio sopraffatta dal volume assordante dalle pulsazioni di un battito cardiaco stilizzato sui maxischermi. Scioccato da tanto clamore e dalla musica che ha accompagnato il palleggio dei 2 giocatori, Juan Martin Del Potro è autore di una partenza a dir poco letargica, non certo agevolata da un problema di epistassi che richiede l’intervento del medico, già al termine del 3° game, con il britannico avanti 3-0. Del Potro rimane ancora al tappeto nei successivi 2 game e sembra sul punto di mollare sotto 5-0. Quando paiono ormai segnate le sorti del match, e probabilmente del torneo, per quanto riguarda l’argentino, giunge inaspettata la reazione di Juan Martin, bravo ad annullare una palla per lo 0-6, e a recuperare uno dei 2 break, grazie all’ausilio di occhio di falco che reputa fuori un possibile ace di seconda del britannico, che si tramuta automaticamente in doppio fallo. Il fascio di luce che avvolge l’arena in occasione di ogni ace (ci fosse in campo Karlovic ci sarebbe da spararsi) si arresta bruscamente per lasciare spazio al primo hawk eye del torneo. L’insperata rimonta (dal possibile 0-6 la 3-5) ridà fiato ai tanti tifosi argentini presenti sugli spalti, che però non vedono tra le proprie file gli annunciati assi del calcio. “Non ho visto nessuno. Non avevano voglia” ha scherzato a fine match Delpo, costretto comunque a cedere il primo parziale 6-3, non prima di aver annullato complessivamente 6 setpoint.

Il sudamericano sembra comunque essersi scosso e il dritto pare essere tornato quello di due mesi fa. Il cross di dritto in corsa torna a essere implacabile e imprendibile anche per Murray, il cui fenomenale back di rovescio difensivo non sembra più essere in grado di disinnescare le bombe dell’argentino che scappa via 3-0. Delpo, però, difetta oggi di continuità e di un servizio che lo vede mettere a segno nei primi 2 set un solo ace, con un misero 60% dei punti con la prima. Murray recupera il break (2-3) ma è costretto a soccombere di fronte all’ennesima reazione del vincitore degli US Open che, si riporta avanti di un break, al termine di uno scambio in cui prima il nastro e poi una riga di Del Potro, fanno da preludio a 4 catenate di dritto a sventaglio su cui non può nulla neanche l’ottimo rovescio in contenimento dello scozzese. A differenza del suo avversario, Murray è protagonista di un’andatura di crociera costante che non fa i conti, però, con la ritrovata verve del suo avversario. Nel terzo set, lo scozzese si rende conto di non poter continuare a fare il tergicristallo e comincia a chiedere di più al suo servizio.  Come nei precedenti 2 parziali, il break giunge subito nel 2° game, con lo scozzese che sfrutta alla grande il fatto di cominciare al servizio il set finale. Il resto lo fa il servizio con cui Murray porta a casa il 100% dei punti con la prima, oltre a 4 ace. Delpo, dal canto suo, commette 3 doppi falli (2 nell’ultimo game) che rappresentano meglio di qualsiasi altra considerazione, la sua resa finale.

In serata entrambi conosceranno l’avversario della seconda giornata. Murray affronterà il vincente del match tra Federer e Verdasco. Con ogni probabilità, la torre di Tandil se la vedrà con Verdasco (nessun precedente tra i 2). L’impressione è che il Del Potro visto quest’oggi, possa sì battere il madrileno (a sua volta condizionato dagli acciacchi) ma non possa essere competitivo, contro un Federer voglioso di rivincita dopo la sconfitta subita a New York.

Murray, dal canto suo, ha palesato un attendismo un po’ troppo esasperato per un giocatore in grado di esprimere un gioco decisamente più offensivo, come accaduto nel 3° set.

In precedenza, nel torneo di doppio si erano imposti con un doppio 64 Fyrstenberg/ Matkowski sulla coppia numero 1 Nestor/Zimonjic. Peccato che durante la fantascientifica presentazione del match, lo speaker avesse confuso i 2 polacchi con Mertinak e Cermak, senza che nessuno dei pochi presenti ci avesse fatto molto caso…

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Gli highlights del match