di Marco Caldara – foto Getty Images
Quello che scatterà il 14 gennaio a Melbourne non sarà un torneo del Grande Slam qualsiasi per Andy Murray. Malgrado l’anno dello scozzese non sia finito nel migliore dei modi,è stato comunque il più soddisfacente della sua carriera, e gli permetterà di presentarsi in Australia da vincitore degli ultimi due appuntamenti importanti: Olimpiadi e Us Open. Sul cemento ‘aussie’ il numero tre del mondo sarà chiamato a una sorta di prova del nove, per dare conferme del suo reale valore. Può davvero battere i migliori anche nei tornei più importanti, o gli exploit di Olimpiadi e Us Open sono state due eccezioni? Cosa dobbiamo aspettarci da Murray nel 2013? Ha provato a rispondere lui, nel corso di una conferenza stampa tenuta alla vigilia del torneo di esibizione di Abu Dhabi. “Negli ultimi quattro o cinque anni ho sempre avuto molta pressione su me stesso – ha dichiarato il britannico – ma adesso che ho finalmente vinto uno Slam mi sento sollevato e spero di riuscire ad affrontare i Majors con più serenità, per provare a ripetere la vittoria di New York. Non so come mi sentirò al primo turno degli Australian Open, per me sarà un qualcosa di nuovo, e non mi resta che aspettare di viverlo”.
La gran parte dei progressi del britannico, è risaputo, sono dovuti alla collaborazione con un coach del calibro di Ivan Lendl, nata esattamente un anno fa. “Ci ha aiutato con un sacco di cose – ha proseguito Murray – tecniche, tattiche, fisiche e mentali, e mi ha permesso di aggiungere al mio tennis per 5/10% che mi mancava per poter finalmente vincere uno dei tornei più importanti. Mi sono divertito molto a lavorare con lui, e spero di poter continuare a lungo”. Dello stesso avviso mamma Judy, che ha parlato molto bene di Lendl ai microfoni della BBC. “L’apporto di Ivan è stato cruciale per i miglioramenti di Andy e il successo di quest’anno. La cosa meravigliosa è che i due hanno un carattere molto simile, e lo stesso terribile senso dell’umorismo. Lendl è molto serio, con dei chiari obiettivi in testa, e non lavora con Andy solo per lo stipendio. Lo fa perché ci tiene, sa in che direzione bisogna guardare, e sa essere duro nei momenti in cui lo deve essere. Ha aiutato Andy dal punto di vista mentale, insegnandogli a riprendere subito a fare le cose bene dopo una delusione, una chiamata sfavorevole o una serie di giochi persi. Così Andy ha imparato a giocare il suo miglior tennis per un periodo più lungo, e questa è stata la chiave dei suoi successi”.
“Il 2012 è stato un anno molto significativo per Andy – ha proseguito – e gli ha dato tanti nuovi stimoli. Prima di partire per la trasferta si è allenato ancora meglio rispetto agli anni scorsi, ma ha trovato anche il tempo per tornare a casa da noi un paio di giorni per Natale, come non avveniva da quattro o cinque anni. Di conseguenza spero possa togliersi soddisfazioni ancor più grandi”. La prima, aggiungiamo noi, sarebbe un titolo a Wimbledon, la seconda il traguardo di numero uno del mondo, già raggiunto dai suoi tre diretti concorrenti. “Ogni anno quando si avvicina Wimbledon sono molto concentrato e teso, perché punto a vincere a fare bene. Si tratta di un evento difficile che mi mette un sacco di pressione, ed è anche per questo che prima del 2012 non sono mai arrivato in finale. Ma adesso che mi sono sbloccato punterò sempre più in alto. La vetta della classifica Atp, invece, è ciò che ogni giocatore vuole ottenere, ma non ho intenzione di aggiungere tornei extra e incasinare il mio programma per cercare di raggiungere il numero uno. Ce la posso fare anche giocando solo i tornei che ho giocato la scorsa stagione – ha concluso –e ovviamente ci proverò”. Agli Australian Open il compito di darci la prima risposta, e di far cambiare idea una volta per tutte a coloro che ancora vedono Murray come l’ultima ruota del carro targato ‘Fab Four’.